Marco Masi racconta agli italiani quello che succede in Cecenia (e che i Tg dimenticano). Nel silenzio dei media commerciali, il suo blog è uno dei punti di riferimento per ciò che riguarda la piccola repubblica caucasica. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
da Peacelink
25 gennaio 2006
Per chi cerca informazioni aggiornate sul conflitto in Cecenia, ma anche sulla considerazione (scarsa) che vi dedicano l'Occidente e l'Europa, il blog "Ceceniasos" è una delle prime risorse. Eppure Marco Masi non è giornalista e non parla russo. Lontano per studi e per attività professionale dalle questioni di politica internazionale, ha però sempre seguito gli avvenimenti in Russia per interesse personale, "forse anche un po' perché ammiravo quei meravigliosi testi universitari di fisica russi su cui studiavo", dice. Il conflitto russo-ceceno gli ha fatto capire con evidenza come il Paese, che "critica proprio perché ama", si stia avviando nuovamente verso un'evidente involuzione autoritaria e per questo motivo si è sentito in dovere di attivarsi.
Qual'è la tua analisi sulla crisi cecena e sul contesto in cui si sviluppa?
Ritengo che le guerre cecene siano la manifestazione del desiderio della classe politica, e anche della società russa nel suo insieme, che non riescono ancora a slegarsi da una certa cultura zarista, di ristabilire un dominio imperiale che ha a sua volta favorito una deviazione dai principi democratici in tutta la Federazione Russa. Sono sempre stato dell'avviso che in tutti questi anni questa problematica sia stata pericolosamente sottovalutata. L'occidente, a parte qualche vaga dichiarazione, per non compromettere le sue relazioni con la Federazione Russa ed i suoi interessi di breve termine, non ha mai fatto nulla per cercare di interrompere questo circolo vizioso. A lungo termine però sta diventando chiaro che questa strategia rischia invece di ritorcersi contro lo stesso occidente che non ha interesse affinché la potenza energetica e nucleare russa ritorni ad essere un sistema autoritario, o peggio totalitario. La guerra in Cecenia in realtà non è l'unico sintomo del ritorno della Russia verso nuove forme di totalitarismo, ma mi è sembrata essere l'evento più caratteristico in questo senso e per questo ho voluto metterlo al centro dell'attenzione. Trovavo abbastanza sconcertante che nessuno ne parlasse. Pertanto, nel mio piccolo, ho pensato di aprire un blog che seguisse, informasse e cercasse di sensibilizzare sul pericolo che il risorgere di una Russia imperiale può costituire per gli equilibri geopolitici.
Quando è nato il blog "Ceceniasos" e che tipo di seguito trova?
Il blog è nato nel luglio del 2003. Il numero di visite (varia, in media un centinaio al giorno) non è naturalmente quello da grande audience, ma considerando che l'argomento è molto specifico e certamente non tra i più gettonati è tutto sommato interessante. Va detto anche che i frequentatori del blog si rivelano essere spesso giornalisti, studenti e dottorandi che hanno o stanno preparando una tesi sull'argomento, e pare anche docenti universitari: un pubblico quindi di una certa qualità.
Il tuo blog è stato l'unico mezzo d'informazione italiano a seguire con costanza la vicenda di Said-Emin Ibragimov , attivista ceceno per i diritti umani che ha portato avanti per oltre un mese uno sciopero della fame, riuscendo nel suo intento a richiamare un minimo d'attenzione del Parlamento Europeo e del Consiglio d'Europa sul conflitto e sulle violazioni dei diritti umani nella Repubblica Cecena.
Qual è il vantaggio di utilizzare il blog, una forma di comunicazione nuova, per informare ed agire per i diritti umani?
Non esalterei troppo i pregi dei blog. La verità è che non sono un professionista dell'informazione, ne' tantomeno un parlamentare o un docente universitario, e pertanto il web era l'unico strumento a mia disposizione. Il blog credo sia l'unica alternativa rimasta perché la gente possa scrivere di qualcosa se non ha altri mezzi per farlo. Il vantaggio del blog è che si può interagire col pubblico e si può entrare a fare parte di una comunità virtuale i cui membri sono anche molto lontani l'uno dall'altro. Ma certamente non può sostituire l'informazione dei grandi media. L'informazione sui diritti umani continua a rimanere relegata per la maggior parte ad internet. Questo produce degli effetti indiretti su larga scala ancora poco considerati.
Che tipo di effetti indiretti?
Non vorrei collegare cose apparentemente molto differenti tra loro, ma spesso mi chiedo: "Se si fosse fatta maggiore informazione sui crimini commessi dagli uomini che oggi stanno al potere nel Cremlino, facendo così capire meglio chi sono veramente, l'Europa avrebbe scelto comunque di affidare la propria dipendenza energetica ai gasdotti gestiti da costoro?" I fatti dell'Ucraina e ora della Georgia non sono per nulla sorprendenti, sono perfettamente in linea con una certa mentalità da KGB che è ritornata a dominare a Mosca. Chiunque si occupi di Cecenia seriamente non può essersi sorpreso per questo. Ma a causa di questa mancanza d'informazione e dell'ignoranza diffusa non si prese veramente coscienza con chi si aveva a che fare. Io penso che altrimenti ci avrebbero pensato meglio. In questo senso, l'avere relegato ad internet un certo tipo di informazione è stato un errore.
Qual'è l'atteggiamento della stampa italiana nei confronti della situazione in Cecenia?
Il recente rapporto annuale di Medici Senza Frontiere mette in evidenza come, dopo il Congo, l'emergenza umanitaria più dimenticata dai telegiornali italiani sia proprio quella della Cecenia. Se dell'Iraq si è parlato per 136 ore, il conflitto in Cecenia ha ricevuto solamente 58 minuti di attenzione. In parte questo è comprensibile perché l'Italia è un paese occidentale che culturalmente, storicamente e psicologicamente si identifica molto più con la politica americana seguendone per riflesso gli eventi più di quella russa, ed è anche perché essendo gli USA l'unica superpotenza rimasta si ritiene più importante, per le implicazioni geopolitiche che può avere, seguire l'avventurismo politico e militare americano piuttosto che quello dell'ex armata rossa nel Caucaso. Specialmente dopo il crollo del muro di Berlino quando da superpotenza la Russia si è ridotta a potenza regionale. Questo è vero però solo in parte per le ragioni di cui parlavo prima, e comunque lo iato che si osserva nella copertura mediatica non è giustificabile fino a questo punto. A causa di questa disinformazione, mentre le vittime dello tsunami o quelle degli attentati terroristici di Beslan (che, tra parentesi mi permetto di ricordare, in realtà furono volutamente uccise, per la stragrande maggioranza, dalle forze speciali russe per una premeditata volontà politica) oggi vengono inondati di aiuti umanitari da tutto il mondo, le centinaia di migliaia di profughi ceceni alla fame non essendo degnati nemmeno di un striminzito articolo in 20-esima pagina, continuano ad essere dimenticati anche da chi avrebbe la possibilità finanziaria di dare una mano. Questo non vale solo per la Cecenia ma è un malcostume dell'informazione professionale che si osserva anche per altri conflitti ed emergenze umanitarie.
Quali sono attualmente le principali fonti di informazione a disposizione per chi si interessa di questi temi?
Direi che, viste la chiusura e la censura che regnano in Cecenia, tra tutte le più attendibili sono forse le ONG, sia russe che occidentali, che si occupano di diritti umani. Ma chi tra il pubblico poteva leggere i lunghissimi rapporti pieni di dettagli tecnici per lo più in lingua inglese sulla violazione dei diritti umani in Cecenia? In generale lo facevano solo gli addetti ai lavori. Le ONG fanno il loro dovere e stilano questi rapporti più per dei professionisti che pensando al grande pubblico. Doveva essere invece il dovere dei mezzi d'informazione riportarne una sintesi e informare così anche il pubblico e la classe politica della realtà del Caucaso. Pochi lo fecero realmente in questi ultimi anni e ci si è informati essenzialmente solo dalle agenzie di stampa russe ormai sotto il controllo del governo da tempo. E' stato ingenuo fidarsi di fonti d'informazione così parziali. Ora finalmente ci si sta rendendo conto che questo poteva solo dare un'immagine distorta della realtà e le indagini condotte da ONG come Amnesty International, Human Rights Watch, Memorial, la Società per l'Amicizia Russo-Cecena, ecc. vengono prese più sul serio. Ciò ha creato molte difficoltà al governo russo che ora ha promulgato una legge sulle ONG estremamente restrittiva che di fatto le costringerà a chiudere o ad occuparsi d'altro.
Per quale motivo hai seguito con attenzione la protesta di Ibragimov?
Le azioni di tipo nonviolento come quella di Ibragimov potrebbero segnalare alla società cecena che esiste un'alternativa al terrorismo e alla lotta armata da una parte, o alla passiva sottomissione dall'altra. Tutti siamo rimasti giustamente inorriditi dalle azioni terroristiche cecene, particolarmente per quella della scuola di Beslan. Quei eventi drammatici attirarono un'attenzione tale per cui sembrava che esistessero solo ceceni terroristi e criminali. Continua invece il silenzio stampa quasi assoluto intorno a tutte quelle componenti che si dichiarano aperte al dialogo e ad una soluzione politica del conflitto. Nessuno ha nemmeno pensato di volere dare rilevanza al fatto che, malgrado continuassero le azioni di guerriglia contro strutture militari e di polizia, per tutto il 2005 non c'è stato un singolo attentato terroristico ceceno contro civili e allo stesso tempo si fa avanti un personaggio come Ibragimov con uno sciopero della fame ad oltranza. Questa è un'evidente ripensamento di strategia che dovrebbe essere incoraggiato. In realtà avviene proprio il contrario: la copertura mediatica continua a premiare il terrorismo, mentre di fatto punisce con il suo silenzio assordante chi intraprende azioni di protesta pacifiche. Anche i giornalisti dunque devono incominciare a rendersi conto che hanno delle precise responsabilità, e che non possono continuare a giustificare i loro "omissis" con il solo principio della libertà di stampa o con il dire che "tanto non interessa a nessuno", ecc. Il terrorismo vive e si nutre della loro copertura mediatica che gli concedono e l'azione di protesta civile e nonviolenta invece muore sotto il peso dell'informazione che gli negano. Nella tanto citata "lotta al terrorismo" su cui così tanto si scrive urge un esame di coscienza e la necessità di chiedersi se non sono anche loro un po'complici della situazione.
L'uso di metodi di lotta nonviolenta è una novità per i ceceni?
Non è del tutto una novità. Manifestazioni di protesta pacifiche negli USA e in Europa, in particolare a Bruxelles, ci furono anche in passato. Si organizzarono anche alcune iniziative con degli scioperi della fame collettivi. Può sembrare una novità solo perché allora come oggi, a differenza degli attentati terroristici, la cosa non attirò alcun interesse. Tuttavia è vero che si è trattato fino ad ora di episodi ancora relativamente sporadici e nel caso di Ibragimov la novità consiste nel fatto che si è imposto un personaggio con un certo carisma. Fatto questo che ha sempre avuto una sua importanza per ogni movimento nonviolento di liberazione dall'oppressione.
Come può agire concretamente l'opinione pubblica italiana?
Quello che ci vorrebbe, non solo nell'opinione pubblica ma anche nella classe politica e tra chi gestisce l'informazione, consiste per esempio nel prendere coscienza che i futuri equilibri geopolitici, quindi il nostro stesso futuro, non si decideranno solo in Iraq o in Israele, ma anche, e direi anzi soprattutto, in Russia e più in generale nel continente centro-asiatico. L'essersi fossilizzati per tutti questi anni quasi esclusivamente sui conflitti mediorientali, il pericolo del radicalismo islamico ed avere interpretato erroneamente in questa chiave anche il conflitto ceceno, è comprensibile specialmente dopo l'undici settembre, ma temo che si rivelerà un errore storico di portata oggi difficilmente prevedibile. E' importante realizzare che una Russia democratica, laica e libera non è un mero esercizio di compassione per i ceceni che quotidianamente vengono torturati e uccisi, ma costituisce molto di più una urgente e precisa necessità strategica per l'occidente stesso (e che prima o poi dovrà affrontare quella minaccia ancora più vasta che ritengo essere una Cina sempre più aggressiva e militarizzata, ma questo forse appartiene ancora ad un futuro non prossimo). Una volta preso coscienza di questo aspetto credo che più operativamente gli organi d'informazione dovrebbero seguire con più attenzione le vicende del Caucaso e che questi, assieme all'opinione pubblica, si facciano anche promotori di iniziative concrete presso i propri rappresentanti politici e istituzionali, affinché nel loro stesso interesse mettano da parte una cinica e omertosa politica del silenzio e che si denunci a chiare lettere la violazione dei diritti umani in Cecenia, l'involuzione autoritaria nella Federazione Russa, la persecuzione delle ONG per i diritti umani, si chieda che le frontiere cecene vengano aperte ad osservatori internazionali e ad organizzazioni per gli aiuti umanitari e che le parti in causa si siedano al tavolo dei negoziati per avviare un reale processo di pace per una soluzione politica del conflitto.
Qual'è la situazione dei profughi ceceni?
Migliaia di rifugiati dal Caucaso in Europa e alle frontiere dell'UE sono attualmente abbandonati a se stessi in squallidi campi profughi (specialmente in Austria e Polonia).
E' un problema specifico molto urgente che sarebbe responsabilità
dell'Europa di affrontare. Si tratta di gente che fugge dalle violenze e dai soprusi in Cecenia e dall'estrema povertà delle altre repubbliche del Nord-Caucaso. Quando dovrebbero ricevere la possibilità di trovare asilo, un lavoro e un'educazione per i giovani (peraltro in una società europea di cultura democratica e laica che potrebbero un giorno importare in patria in qualità di nuove classi dirigenti contrastando così il fenomeno dell'evidente deriva radical-islamista) vengono invece respinti, o quelli a cui va meglio, tenuti nei campi profughi senza possibilità di avere una prospettiva di vita migliore.
Solo l'anno scorso più di 7000 dalla Federazione Russa (per il 90 per cento ceceni) sono fuggiti dalle violenze e hanno chiesto lo status di rifugiati in Polonia. Ma mentre la Polonia è un paese povero e non può prendersene carico, dall'altra parte il resto dell'UE rifiuta di accoglierli. Praticamente sono bloccati nei campi profughi e dimenticati da tutti. In certi casi addirittura vengono cinicamente espulsi da alcuni governi europei di nuovo verso la Federazione Russa dove subiscono spesso persecuzione o, nei casi peggiori, anche la tortura e l'uccisione.
Si tratta di temi complessi, ma d'impegno civile reale, che però non trovano riscontro nella società civile quasi esclusivamente focalizzata sulla questione del conflitto in Iraq.
Duole vedere come, malgrado in Cecenia sia stato ucciso il 15-20% della popolazione, 300.000 profughi vaghino disperati per il mondo o vengano forzatamente deportati nelle zone di conflitto e nonostante questa piccola repubblica caucasica sia stata ridotta ad un enorme campo di concentramento, anche quelle autorità politiche e personalità famose che si dedicano oggi spesso a portare avanti lodevoli iniziative umanitarie e d'impegno civile, continuano a rimanere totalmente latitanti quando si tratta di Cecenia.
Il Blog di Marco Masi si trova all'indirizzo:
http://ceceniasos.ilcannocchiale.it/
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