Il 2 Novembre è stata firmata a Mosca una dichiarazione trilaterale riguardante il processo di pace in Nagorno Karabakh. C'è accordo per una soluzione pacifica del conflitto. Esclusi Turchia e Iran
L'incontro del 2 novembre a Meindorf, nelle vicinanze di Mosca, tra i presidenti di Armenia ed Azerbaijan e la dichiarazione congiunta che ne è emersa sono stati una vera e propria "doccia fredda" per gli armeni. La dichiarazione, pur nella sua terminologia vaga e contorta, sembra confermare infatti le congetture su una possibile resa armena sulla questione del Nagorno Karabakh. Ma il governo armeno dà una valutazione favorevole del documento, che implicitamente pone fine alle pesanti rivendicazioni dell'Azerbaijan. Quali sono dunque i contenuti principali di questa dichiarazione?
Il documento s'intitola "Dichiarazione dei presidenti di Azerbaijan, Armenia e Russia". Il presidente russo Dmitri Medvedyev ha invitato anche i co-presidenti americano e francese dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), Matthew Bryza e Bernard Fassier. Il presidente russo ha reso noto il testo della dichiarazione. I presidenti di Armenia e Azerbaijan non hanno fatto commenti.
Si trattava quest'anno del secondo incontro tra Ilham Aliyev e Serzh Sargsyan. Il primo incontro si era svolto il 6 giugno a San Pietroburgo, nell'ambito del summit non ufficiale degli Stati membri della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Il sottosegretario di Stato americano inviato speciale degli USA nel Caucaso, Matthew Bryza, ha ammesso che questa dichiarazione costituisce un importante passo in avanti verso la risoluzione del conflitto. I ministri degli Esteri di Azerbaijan ed Armenia lavoreranno insieme con la Russia, gli Stati Uniti e la Francia, che presiedono congiuntamente il Gruppo di Minsk dell'OSCE, per raggiungere gli obiettivi definiti nella dichiarazione.
L'ultimo accordo sul conflitto nel Nagorno Karabakh era stato firmato nel 1994, e si trattava di un accordo per il cessate il fuoco. Questo non ha tuttavia evitato che continuassero ad avvenire sporadici scontri. Durante gli ultimi 15 anni le divergenze d'opinione hanno complicato il processo di negoziazione. Medvedyev è riuscito in una missione apparentemente impossibile: apporre su uno stesso documento le firme dei due presidenti. Anche se la dichiarazione non è un vero e proprio trattato, è nondimeno un importante passo avanti per velocizzare il processo di pace in Nagorno Karabakh. Quali vantaggi ottengono le parti firmatarie della dichiarazione di Meindorf? Essa consiste in cinque articoli.
Il primo articolo recita che le parti supporteranno la stabilità e la sicurezza nella regione risolvendo il conflitto nel Karabakh attraverso strumenti politici, basati sulle norme e sui principi internazionali, come pure su decisioni e documenti definiti in questi ambiti. In altre parole, le parti assicurano una risoluzione non militare del conflitto. D'altra parte, la prima clausola include una preoccupante espressione: "basati sulle norme e sui principi internazionali, come pure su decisioni e documenti definiti in questi ambiti". Innanzi tutto, nell'attuale situazione geopolitica sarebbe difficile definire quali siano "le norme e i principi internazionali". Per esempio nel caso del Kosovo, il riconoscimento dell'indipendenza si è basato sulle norme e sui principi internazionali solo secondo gli Stati Uniti, mentre per la Russia no. Viceversa, nel caso dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, la Russia ha reputato legalmente del tutto corretto il riconoscimento di questi paesi. Quindi c'è bisogno di una 'unificazione' delle norme e dei principi internazionali. Inoltre, particolarmente inquietante è l'espressione "decisioni e documenti definiti in questi ambiti" che potrebbe includere le risoluzioni 62/243 dell'Assemblea generale dell'ONU e 1614 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio di Europa, che riconosce l'integrità dell'Azerbaijan e chiede il ritiro delle truppe armene dall'area circostante il Karabakh. Ovviamente queste risoluzioni non sono favorevoli alle popolazioni armene che vivono in Nagorno Karabakh.
Secondo punto, le parti ribadiscono l'importanza delle attività del Gruppo di Minsk dell'OSCE tenendo conto del meeting di Madrid del 29 novembre 2007, e dei principi per la pacificazione che furono delineati in quell'occasione.
Terzo, le parti convengono che il processo di pacificazione sarà accompagnato in ogni sua fase da garanzie internazionali. Questa clausola implica direttamente che i presidenti di Armenia e Azerbaijan non possono, senza il consenso della comunità internazionale, cambiare i termini della questione, e sono tenuti durante l'intero processo dei negoziati a tener conto delle opinioni degli Stati mediatori.
Quarto, i presidenti di Armenia e Azerbaijan si impegnano a continuare quelle attività, inclusi gli incontri ad alto livello volti ad una soluzione politica del conflitto nel Karabakh, e ordinano ai loro ministri degli Affari esteri di attivare passi ulteriori cooperando con i presidenti del Gruppo di Minsk dell'OSCE. Quindi si ribadisce ancora una volta che i mediatori saranno solo Stati Uniti, Francia e Russia, escludendo altri paesi, e in particolare Turchia e Iran, dal partecipare al processo di negoziazione. Così i recenti colloqui riguardo alla proposta di cambiare la struttura del gruppo di Minsk hanno perso ogni significato. Il riconoscimento della dichiarazione era necessario ai paesi che lo presiedono congiuntamente, in risposta ai recenti tentativi di altri paesi di essere coinvolti nei negoziati di un conflitto che ha un significato cruciale per lo sviluppo della regione. Questa disposizione implica l'esclusione del Nagorno Karabakh dal processo negoziale. Così, stipulando la necessità di una soluzione del conflitto del Karabakh attraverso il dialogo tra Armenia e Azerbaijan, il Nagorno Karabakh non è più considerato come una parte nei negoziati, quale invece era nei precedenti documenti.
E infine l'ultima clausola recita che le parti ritengono importante supportare la creazione di condizioni basate sul rafforzamento di un'atmosfera di fiducia nel contesto della regolamentazione. Questo punto presenta forse un carattere più di "dichiarazione".
Pur nel contesto di indeterminazione del documento si può concludere innanzi tutto che i negoziati continueranno nell'ambito del Gruppo di Minsk, attraverso decisioni politiche, benché l'Azerbaijan sia stato tentato di spostare la questione al di fuori di esso, con rivendicazioni ulteriori. Con questa dichiarazione l'Azerbaijan ha accettato che il conflitto sia risolto unicamente nel contesto del gruppo di Minsk dell'OSCE. Quindi, di fatto, con questo documento la Russia ha ribadito che la sua influenza nel Caucaso meridionale servirà da garanzia a che sarà bandito l'uso della forza militare per risolvere qualsiasi questione. La dichiarazione di Meindorf serve alla Russia per dimostrare che nella regione nessuna questione potrà essere risolta senza Mosca, e che la soluzione di questo conflitto non si troverà né a Washington, né a Parigi. Ciò è particolarmente importante alla luce del conflitto con la Georgia. Il punto cruciale della dichiarazione sta nel sottolineare che i negoziati proseguiranno, e che la Russia applicherà la sua influenza perché i negoziati continuino secondo i principi di Madrid.
Per questo la dichiarazione può essere considerata l'inizio della fase finale del processo di pace rispetto al conflitto del Nagorno Karabakh, anche se per l'immediato futuro non è ancora prevedibile una soluzione definitiva.
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