In occasione delle elezioni parlamentari in Cecenia riprende forza l'idea di una nuova fusione con la confinante Repubblica di Inguscezia
In Cecenia due manifestazioni in soli due giorni chiedono un'unione politica con la confinante Repubblica di Inguscezia. Domenica 12 ottobre, proprio nel giorno delle elezioni per il Parlamento ceceno, si sono presentati all'appuntamento indetto per "Unire i due popoli Vainakh" diverse centinaia i manifestanti. Sono cittadini ingusci e ceceni del villaggio di Sernovodsk, distretto di Sunženskij, proprio a ridosso del confine tra le due repubbliche. Il giorno successivo - riferisce il portale on-line ingushetia.org - è toccato alla capitale Grozny di ospitare un evento a favore dell'unità vainakh.
La polemica scoppia immediatamente anche per la presenza all'evento di domenica di un fedelissimo del Presidente ceceno Ramzan Kadyrov: l'ex speaker del Parlamento Dukuvakha Abdurakhmanov. Il processo di riunificazione dei due popoli vainakh in un unico Stato comune è per lui "un'inevitabile necessità storica".
"In Caucaso due fratelli non vivono sotto lo stesso tetto"
La proposta cecena incontra subito un semaforo rosso dall'altra parte della frontiera. Per gli ingusci evidentemente l'idea appare più che altro come un ritorno al passato. Ai tempi sovietici, quando i due stati costituivano la Repubblica Autonoma Socialista Sovietica di Ceceno-Inguscezia. Nella dichiarazione ufficiale dei deputati dell'Assemblea popolare inguscia si legge: "esprimiamo il nostro rifiuto e categorica contrarietà per la delirante idea di ricostituire la Repubblica di Ceceno-Inguscezia". Nel testo della dichiarazione, diffuso dalle agenzie di stampa russe, l'idea di rifondare un unico popolo vainakh viene paragonato a "fallimentari slogan e progetti bolscevichi". L'idea di rianimare l'unità dei popoli è per i deputati ingusci "di stampo staliniano". Che l'episodio abbia toccato alcuni nervi scoperti dell'animo inguscio, lo si capisce da una seconda dichiarazione dello stesso tenore rilasciata in prima persona del Presidente del parlamento inguscio Makhmud Sakalov. Nessuna presa di posizione ufficiale, al momento in cui si scrive, è ancora giunta dal Presidente inguscio Murat Zjazikov. Le cifre riferite da Abdurakhmanov a proposito della manifestazione (un migliaio di partecipanti) sarebbero decisamente da ridimensionare secondo Issa Kostoev, deputato inguscio al Consiglio della Federazione (il Senato russo). Kostoev nega categoricamente che alcun discorso di riunificazione figuri nell'agenda politica della Repubblica inguscia. "Se due poveri si uniscono, fanno la fame insieme", commenta lapidario Kostoev. "Le autorità cecene - conclude il senatore - farebbero bene piuttosto ad occuparsi dei problemi interni. Così l'Inguscezia farà con i propri".
In Inguscezia le mobilitazioni cecene riescono nell'inedito tentativo di unire le forze politiche di maggioranza e di opposizione in un compatto fronte del no. Alle dichiarazioni dei parlamentari ingusci si sommano quelle di Bomatgiren Mankiev, portavoce del "Parlamento alternativo" recentemente fondato dal movimento "Assemblea popolare inguscia". Decisamente contrario alla riunificazione con i ceceni anche Magomed Khazbiev, leader del più combattivo movimento di opposizione, nonchè uno dei fedelissimi di Magomed Evloev, proprietario del sito ingushetiya.ru ucciso lo scorso agosto durante un fermo di polizia. Khazbiev cita le antiche tradizioni caucasiche, secondo le quali due fratelli " non vivono mai sotto lo stesso tetto". I due esponenti di opposizione si dicono sicuri del fatto che l'idea di un unico stato vainakh non sia assolutamente radicata nella popolazione inguscia.
Di vera e propria provocazione parla infine proprio il portale di opposizione ingushetia.org, nato dalle ceneri del vecchio portale chiuso in seguito all'intervento della procura russa. Il sito web è stato il primo mezzo di informazione a dare notizie in tempo reale dalle piazze in cui si svolgevano le manifestazioni.
La fratellanza del più forte
Con il referendum del novembre 1991 l'Inguscezia si pronuncia (97,5% di voti favorevoli) per rimanere come Stato indipendente nella Federazione russa. Pochi mesi dopo, la scissione della Repubblica di Ceceno-Inguscezia lascia irrisolte spinose questioni territoriali su alcuni distretti di confine. Oggetto di rivendicazioni incrociate sia il distretto ceceno di Sunženskij (quello che ha ospitato la manifestazione di domenica) che quello di Malgobekskij, attualmente sotto il controllo inguscio. Una legge in discussione alla Duma obbligherebbe ora le due repubbliche sorelle a definire entro il 2010 "le frontiere delle amministrazioni municipali e lo status dei comuni di recente formazione". Una legge pensata per porre fine ai contenziosi che da lungo tempo le dividono. La riunificazione apparirebbe ora uno strumento praticabile per superare queste dispute intestine.
Un'altra chiave di lettura vedrebbe al contrario un piano di Kadyrov annidato dietro a così improvvise (ed artificiose) velleità unitarie. Se la fusione tra le repubbliche si realizzasse allo stato attuale, una Grozny ben salda e stabile potrebbe sfruttare il momento di debolezza politica del Presidente inguscio Murat Zjazikov a proprio vantaggio.
I dati ufficiali parlano per la Cecenia del 95% di affluenze alle elezioni parlamentari di pochi giorni fa. Lo stesso Kadyrov pronosticava, esagerando, un risultato superiore al 100% degli aventi diritto al voto, raggiungibile grazie al voto dei rifugiati. Ma al di là delle esagerazioni estemporanee, l'attuale fase politica per l'uomo forte della Cecenia sembra davvero in ascesa. I sospetti che lo volevano implicato nell'uccisione a Mosca del suo oppositore politico Ruslan Jamadaev non hanno ancora trovato riscontri. Ed ecco che - quasi a voler distrarre l'opinione pubblica - piovono i festeggiamenti per i 190 anni dalla fondazione della capitale. Kadyrov coglierà in settimana l'occasione per inaugurare a Grozny la grande nuova Moschea. Un edificio in grado di accogliere contemporaneamente fino a 10.000 fedeli. Le autorità cecene la definiscono "la più grande d'Europa". Turchia esclusa, si intende. L'opera di proporzioni gigantesche e di alto valore simbolico per la risorta Cecenia è un ulteriore tassello con cui rafforzare il mito personale del "Presidente-che-costruisce".
Al contrario la poverissima Repubblica di Inguscezia versa in condizioni di estrema instabilità politica. L'opposizione denuncia da tempo la corruzione dei vertici ingusci fedeli al Presidente Murat Zjazikov. Diversi casi di sequestri rivelano una sostanziale mancanza di controllo del territorio da parte delle istituzioni. I casi di omicidio irrisolti (alcuni dei quali a danno della popolazione civile nel corso di operazioni antiterrorismo) hanno alimentato la diffidenza della popolazione verso le autorità. Secondo alcuni media russi, l'omicidio avvenuto per mano della polizia di Magomed Evloev, uno dei più noti leader di opposizione, ha scaraventato la Repubblica caucasica sull'orlo della guerra civile. Nonostante le numerose manifestazioni di protesta, peraltro puntualmente represse dalle forse di sicurezza, i vertici ingusci continuano a godere di un sostanziale appoggio di Mosca. Una serie di attentati ad esponenti del governo hanno contribuito nelle ultime settimane ad inasprire ulteriormente il clima di violenza.
E' facile capire come in queste condizioni una Repubblica unita dei due popoli vainakh si presenterebbe viziata all'origine da una forte egemonia politica cecena. E che questo permetterebbe a Grozny (e a Mosca?) di colmare il vuoto politico in Inguscezia con l'imposizione di un "ordine ceceno". In Inguscezia l'unione con i vicini ceceni avrebbe, in definitiva, l'amaro sapore di un'annessione. Senza alcuna contropartita. Comunque scarse rimarrebbero le probabilità che al nuovo Stato-vainakh venga affidato il conteso (dagli ingusci) distretto del Prigorodny, a tutto discapito dell'Ossezia del Nord.
Se vuoi dividere, unisci
Aleksej Malashenko del Centro Canergie di Mosca e Oksana Goncharenko, del Centro di congiuntura politica, definiscono il progetto di fusione dei due stati "inattuale". La formula dell'unità tra ceceni ed ingusci non è infatti una nuova alchimia della politica. Il precedente storico cui si richiama è quello della Repubblica Autonoma Socialista Sovietica di Ceceno-Inguscezia (ČIASSR), sotto la quale i due popoli hanno effettivamente convissuto fino al crollo dell'Unione Sovietica. La estrema somiglianza di usi e costumi, la religione e soprattutto il ceppo comune della lingua fanno parlare spesso di un unico popolo vainakh. Le differenze (o meglio le sfumature) dei due rami attuali - l'inguscio e il ceceno - si sono solidificate nel tempo, fino ad assumere toni più netti. Ciò è bastato comunque per impedire finora il verificarsi di forti spinte popolari per la riunificazione.
A rendere più fluida la situazione e a costringere i due orgogliosi fratelli sotto lo stesso tetto, potrebbe ora intervenire però un attore terzo. Il Cremlino ha fatto più volte intendere di voler proseguire con la propria politica di rafforzamento dello Stato federale. Il processo, che ha preso forza proprio dalla gestione del dopo-Beslan, è del resto già in atto da diverso tempo. Dopo il varo delle Federalnye Okrugi, i sette distretti federali governati da autorità direttamente nominate da Mosca, e dopo l'introduzione della nomina diretta dei governatori delle Repubbliche da parte del Presidente, Mosca potrebbe ora procedere con un'ulteriore riduzione del numero dei variegati e molteplici soggetti (Respubliki, Oblasti, Regioni, Okrugi) che compongono la Federazione russa. Decisamente troppe le 83 entità statuali russe che, in varia misura, godono ancora di un certo margine - seppur sempre più ridotto - di autonomia. Le fusioni permetterebbero a Mosca di dar vita a stati federati, più grandi e meno ricollegabili alle singole identità nazionali delle popolazioni allogene. Molto meno suscettibili quindi di ardere sotto il fuoco delle rivendicazioni separatiste. E di conseguenza più facilmente controllabili. Ecco perché le velleità cecene di unificazione con i fratelli vainakh di Inguscezia potrebbero offrire il pretesto per rimettere in discussione gli equilibri del Caucaso e per dar vita a un nuovo patto federativo in salsa russa. Con la Ceceno-Inguscezia come primo banco di prova.
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