Da un mese la Slovenia è entrata nell'area Schengen. Lo spazio lungo il confine, per sessant'anni pesantemente condizionato, inizia a ripensarsi. A Gorizia un convegno del ''Circolo Istria''
"E' passato un mese dalla caduta definitiva del confine tra Italia e Slovenia e già si possono notare i primi effetti. La sensazione è che si stia riscoprendo un territorio omogeneo, allargato. E' una grande occasione di sviluppo che ci troviamo davanti". Marko Marinčič è assessore alla pace della Provincia di Gorizia, dalle sue parole l'entusiasmo per un momento cruciale che sta vivendo la sua città e tutta l'area.
La Slovenia è entrata infatti nello spazio Schengen. Un passaggio importante e intenso per chi, attorno a quel confine, ha vissuto in questi decenni. Con conseguenze concrete che non si sono fatte attendere. "Recentemente a Gorizia è stato terminato un nuovo complesso residenziale" racconta Marinčič "la maggior parte degli appartamenti sono stati acquistati da cittadini sloveni. Vivranno in Italia e lavoreranno in Slovenia".
L'occasione per discutere delle nuove relazioni transfrontaliere è stata data dal convegno L'Euroregione e i giovani promosso lo scorso 29 gennaio a Gorizia dal Circolo di cultura istro-veneta ''Istria'' . Quest'ultimo nasce a Trieste poco più di 25 anni fa su iniziativa di persone che già allora vedevano nella collaborazione tra italiani, sloveni e croati - oltre che tra coloro che avevano lasciato la regione e coloro che erano rimasti a seguito della ridefinizione del confine - la vera opportunità di ricomporre la cultura istriana dopo i traumi inferti dalla guerra e dal dopoguerra.
Da anni il Circolo "Istria" si fa promotore di occasioni per riflettere sullo stato e sulle prospettive della cooperazione transfrontaliera al fine di consolidare una collaborazione socio-economica e giungere ad una macroregione europea pluriculturale. In questo suo lavorare a favore di una prospettiva territoriale "da Cherso al Carso" il Circolo ha trovato attenti interlocutori nelle istituzioni provinciali e regionali, anch'esse impegnate a creare basi istituzionali e operative per una forma di collaborazione che superi i confini nazionali per valorizzare un territorio che presenta caratteristiche socio-economiche, naturalistiche, demografiche simili.
Gorizia, Trieste e tutta l'area del confine sono dunque tornate ad essere di estrema attualità. Questa volta però, a differenza di sessant'anni fa, il confine non richiama isolamento, conflitto o statica indifferenza, ma apre nuove opportunità ed esorta a prendere strade opposte alla chiusura. Tuttavia, come hanno sottolineato in più occasioni i relatori intervenuti, occorre agire con convinzione e intensità. Infatti, la nuova programmazione UE per il 2007-2013 ha inserito le iniziative di cooperazione transfrontaliera, oggetto negli anni scorsi di singoli programmi specifici come Interreg, all'interno della Politica strutturale di coesione (Obiettivo 3). Nessun dubbio dunque che l'UE attribuisca importanza all''integrazione dal basso, tuttavia è possibile che allo scadere della programmazione in corso, i fondi verrano diretti verso altre aree.
"Il tempo per convertire la marginalità in realtà locali integrate e funzionali non sarà illimitato - ricorda ancora l'assessore Marinčič - questi sono gli ultimi anni utili per farlo. Occorre dunque completare in tempi brevi la realizzazione dell'Euroregione, superando le difficoltà legate alle modalità di implementazione dei Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale (GECT) o futili litigi politici su quale debba essere la capitale".
In linea con l'apertura dell'assessore provinciale anche l'intervento di Tina Gerbec, responsabile dell'Agenzia di sviluppo del Comune di Kanal os Soci (Slovenia) e collaboratrice dell'associazione "Carta di Cividale", promotrice - assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia, le 4 Camere di commercio regionali e le Università di Udine e Trieste - dell'iniziativa International Desk - Italy South East Europe.
Gerbec ha sottolineato come sempre più spesso siano le persone a farsi vettore della cooperazione, e che esse riescano a superare una certa farraginosità istituzionale. Questo a suo avviso testimonia l'attualità dell'approccio comunitario teso a richiedere in modo sempre più convinto l'effettiva collaborazione tra partner coinvolti nei progetti europei. "Non bastano partnership sulla carta, fatte solo di scambi di lettere, affinché vengano superati anche i confini rimasti nelle nostre teste", sottolinea, chiarendo come l'ingresso della Slovenia nell'area Schengen, sebbene evento epocale per l'intera regione, rappresenti un punto di partenza più che un punto d'arrivo.
L'intervento di Kristjan Knez sulla necessità di tutelare il dialetto istro-veneto ha aggiunto ulteriori stimoli alla riflessione. Studioso della Società studi storici geografici di Pirano (Slovenia), Knez ritiene che la graduale estinzione di questo dialetto non rappresenti un problema solo per la minoranza italiana dell'Istria, ma riguardi la complessiva perdita di identità di un territorio pluriculturale . La scomparsa di quella che per secoli, fino alla metà del novecento, ha rappresentato la lingua franca dell'area, il linguaggio degli scambi e delle comunicazioni compreso e utilizzato dalle persone di tutte le etnie presenti sul territorio istriano-dalmata, è conseguenza del massiccio esodo della componente italiana negli anni successivi alla seconda guerra mondiale ed esprime l'inapplicabilità dell'approccio nazionale ed etnocentrico alla regione.
Knez ha inoltre sottolineato il paradosso che i festeggiamenti per la caduta del confine italo-sloveno si sono accompagnati alla preoccupazione di vederne rafforzare un altro, quello tra Slovenia e Croazia: il nuovo confine esterno dell'Unione europea. L'Istria si trova quindi nuovamente divisa e Knez ha invitato Slovenia, Croazia e anche Italia, a trovare nella cooperazione transfrontaliera lo strumento per assicurare la sopravvivenza di un'identità come quella istriana difficilmente rappresentabile con un modello etnocentrico.
In un'area in radicale trasformazione assumono inoltre un ruolo nuovo le minoranze. Se finora, come ha rilevato l'assessore Marinčič, queste ultime si sono trovate in ostaggio degli Stati, oggi la tendenza si è invertita. Parallelamente all'accresciuta tutela delle minoranze linguistiche da parte della legislazione italiana, con la fine degli anni '90 è aumentata la partecipazione delle minoranze stesse a progetti di cooperazione transfrontaliera, ad esempio all'interno del Tavolo sulle minoranze tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia. Il nuovo contesto di collaborazione territoriale permette alle minoranze di riconoscere più facilmente la convergenza di interessi e offre loro opportunità per agire congiuntamente al fine di tutelare esigenze comuni e valorizzare il proprio ruolo di mediatori attivi.
A tirare le fila dei molti contributi le conclusioni di Livio Dorigo, presidente del Circolo "Istria". Dopo i progetti di valorizzazione dell'entroterra istriano come ValoPt - sviluppo e valorizzazione dei prodotti tipici e altri progetti sintetizzati dallo slogan dal Cherso al Carso, è giunto il tempo a suo avviso di impegnarsi a favore dell'"Università verde-azzurra" per fare del Golfo di Trieste un punto di riferimento di tutela ambientale per tutti i paesi affacciati sull'Adriatico.
Proseguire il percorso di consolidamento "dal basso" dell'Euroregione istriana rimane per il presidente del Circolo Istria la strategia essenziale e attuale per favorire tanto la ricomposizione dell'Istria quanto le prospettive di integrazione europea dei Balcani.
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