L'episodio del missile fantasma; l'origine e l'evoluzione delle tensioni fra Russia e Georgia; gli equilibri nello scacchiere internazionale. Un'analisi di Francesco Benvenuti, Professore ordinario del Corso di Studi in Civiltà dell'Europa orientale e del Mediterraneo di Ravenna, intervistato da Irene Dioli
Sono emersi nuovi elementi relativi alla denuncia georgiana di un raid aereo russo nel proprio territorio?
Le parti rimangono ferme sulle proprie posizioni. Il Ministero della Difesa russo nega qualsiasi volo aereo in territorio georgiano, mentre Tbilisi afferma di essere in possesso delle coordinate radar e delle specifiche tecniche dell'aereo che avrebbe sganciato il missile terra-aria. Le due versioni rimangono quindi direttamente contrapposte.
Come possiamo inquadrare questo episodio sullo sfondo dei rapporti pre-esistenti fra Russia e Georgia?
L'episodio si inserisce in un quadro di reciproca ostilità che risale alla fine del 2003, quando la cosiddetta "Rivoluzione delle rose" portò Shevardnaze alle dimissioni e l'attuale presidente georgiano Saakashvili al potere. L'impronta nazionalistica del nuovo governo ha creato costanti tensioni nei rapporti con la Russia, tensioni che sono aumentate nel corso degli ultimi due anni. Ricordiamo inoltre che già nel 1999-2000, ancora ai tempi di Shevardnaze, Mosca accusava Tbilisi di offrire riparo ai guerriglieri ceceni, che attraversavano la frontiera per riorganizzarsi in territorio georgiano, ed infine tornare in Russia. Questo episodio, pur appartenente al passato, è sempre rimasto motivo di tensione.
Allo stesso modo, d'altra parte, Tbilisi accusa Mosca di appoggio alle repubbliche secessioniste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud...
Qui c'è una differenza da sottolineare. La Russia ha sì basi in Abkhazia e Ossezia del Sud, ma si tratta di basi costituite sotto mandato ONU/CSI, dove operano corpi misti di peacekeeping. È quindi l'Europa a richiedere la presenza russa in queste aree.
Tornando ai rapporti fra Russia e Georgia, quali altri episodi hanno contribuito all'intensificarsi delle tensioni negli ultimi due anni?
Dalla primavera del 2006 è in atto una vera e propria guerra commerciale, con l'embargo posto dalla Russia su vino ed acque minerali. Inoltre, nell'estate del 2006, la Georgia si è impadronita con un colpo di mano della Gola di Kodori, un passo montano precedentemente in mano alle truppe abkhaze. Questo ha destabilizzato gli equilibri dello status quo militare, con conseguente irritazione anche da parte degli Stati Uniti, che, non dimentichiamo, sono strettamente coinvolti, a livello politico e strategico, nelle vicende dello scacchiere caucasico.
Infine, i fatti di questi giorni hanno riportato all'attenzione pubblica un episodio risalente allo scorso inverno, quando la Georgia attribuì alla Russia il mitragliamento di un villaggio nell'Abkhazia. In quel caso, tuttavia, se effettivamente il villaggio in questione era visibilmente danneggiato, non sussistevano però prove del coinvolgimento russo. Si tratta quindi di un incidente analogo che, tuttavia, in seguito alla smentita da parte russa ed alla mancanza di elementi di prova, la comunità internazionale accolse con un garbato scetticismo.
A proposito, quale ruolo giocano l'Europa e gli USA in questo contesto?
La "nuova" elite georgiana si è sempre caratterizzata come filo-occidentale, facendo dell'anti-russismo e, mi si passi il termine, del vittimismo, il leit-motiv della propria politica. Le ricorrenti accuse e grida d'aiuto lanciate da Tbilisi hanno precisamente lo scopo, e l'effetto, di conquistare alla Georgia il sostegno economico e politico di Europa e Stati Uniti. Infatti la Georgia, a differenza di Russia ed Ukraina, fa parte dell'Organizzazione Mondiale del Commercio ed ospita consiglieri militari statunitensi. Tuttavia, il comportamento di Tbilisi non ha mancato di suscitare perplessità anche nel protettore americano, in quanto alle ricorrenti denunce di aggressione da parte russa si sono affiancati episodi come quello della Gola di Kodori e, durante lo sgombero della base russa nell'ottobre 2006, l'arresto immotivato di militari russi, poi rilasciati dopo un solo giorno in seguito alle proteste di Mosca e della comunità internazionale.
L'episodio del missile cade proprio alla vigilia della ripresa dei negoziati sulla risoluzione del conflitto fra Georgia ed Ossezia del Sud. Come valuta il ruolo della Russia: estranea ad ogni episodio di aggressione o partecipe in una sorta di strategia della tensione che, si teme in Ossezia (vedi "Le bandiere degli altri", Osservatorio Balcani, 07.08.2007), potrebbe portare ad un nuovo conflitto?
Per quanto non sia inverosimile un sostegno di Mosca all'indipendentismo, è difficile quantificare il coinvolgimento russo. Quel che è certo è che non c'è alcun interesse per un nuovo conflitto armato, che nocerebbe gravemente all'immagine della Federazione riportando alla memoria i fasti dell'imperialismo sovietico. Altrettanto certo è che Tbilisi punta all'internazionalizzazione del conflitto attraverso un maggiore coinvolgimento da parte dell'Unione Europea, che dal canto suo appoggia il proseguimento delle trattative fra le parti direttamente interessate.
A proposito di Caucaso ed Unione Europea, possiamo però segnalare l'evoluzione della posizione russa sui tre nodi storici del secessionismo nella CSI: Transnistria (Moldavia), Nagorno Karabakh (Armenia), Abkhazia e Ossezia del Sud (Georgia). Se nei primi due casi Mosca punterebbe ad evitare un coinvolgimento diretto e relativi condizionamenti (va in questa direzione, ad esempio, la scelta di non far passare dalla Transnistria un gasdotto di nuova costruzione), alcune recenti dichiarazioni del presidente Putin farebbero pensare a nuovi sviluppi nella posizione russa sulle questioni relative al territorio georgiano. Lo scorso luglio, infatti, Putin ha affermato che la Russia valuterà i casi di Abkhazia ed Ossezia del Sud come l'Unione Europea valuterà lo status del Kosovo. E dato che la Russia è tradizionalmente contraria all'ipotesi di un Kosovo indipendente, in favore invece di una formula confederativa, tale dichiarazione farebbe pensare ad un'analoga posizione in relazione ai nodi del secessionismo abkhazo ed osseto. Queste sono tuttavia pigre speculazioni estive, in attesa della ripresa dei negoziati.
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