I ricordi di Narciso Fabrizio, uno dei primi tecnici edili a lavorare alla costruzione di Nova Gorica (Tratto da Isonzo Soča, n.70-71, novembre-dicembre 2006 - gennaio 2007)
di Dario Stasi
In un giorno di primavera dell'anno scorso vagabondavo in bicicletta nei pressi di Osek, un paese sloveno che si trova lungo la vecchia strada statale di Aidussina, a poco più di dieci chilometri da Gorizia. Ero alla ricerca di tracce della strada romana Aquileia - Emona (Lubiana) e mi trovavo esattamente nella località chiamata Rimc (Rim è Roma in sloveno: il nome stesso evoca l'esistenza in loco di resti romani). Ma avevo difficoltà a trovare indicazioni precise al riguardo.
Allora suonai il campanello di una casa isolata, una delle rare abitazioni del posto, per chiedere informazioni. Venne ad aprirmi il cancello una signora anziana, la quale sentendomi parlare faticosamente in sloveno mi interruppe per chiedermi in perfetto italiano che cosa desideravo. Rimasi un momento interdetto, si capisce. Spiegai ciò che cercavo e la signora mi fece entrare dicendomi che suo marito poteva darmi notizie in merito. Così, per puro caso, conobbi i coniugi Fabrizio: il signor Narciso Fabrizio e sua moglie Lidia Murari entrambi di lingua italiana, entrambi rimasti in Slovenia (o meglio in Jugoslavia) anche dopo il 1947, quando venne tracciato il nuovo confine.
E poi, parlando, venni anche a sapere che il signor Narciso, di professione geometra (studente a Gorizia, "in piazza del Fieno", e diplomato a Udine, allo Zanon, nel 1944), fu uno dei tecnici edili ("il primo", dice lui) a lavorare alla costruzione di Nova Gorica.
Il signor Narciso è malato e costretto su una sedia a rotelle. Passa le sue giornate dietro una scrivania coi suoi libri, i giornali, il computer. E i suoi ricordi. Di quando era giovane partigiano nel IX Corpus sul Collio e conobbe sua moglie Lidia o del periodo della costruzione di Nova Gorica, la nuova città socialista che doveva "risplendere oltre il confine". Mentre parlo con lui e gli chiedo di questa sua esperienza, ancora una volta ho motivo di riflettere sulla unicità di questa nostra terra, sulle
tante straordinarie storie personali o particolari così difficili da assemblare in un discorso lineare, secondo gli schemi usuali.
Nel 1947 lavoravo come geometra nel paese di Vipacco e venni contattato da un tecnico di Lubiana che mi propose di venire a lavorare sul confine per costruire questa nuova città. Io accettai molto volentieri e incominciai subito: il primo incarico è stato quello di trovare un posto e fabbricare l'edificio per ospitare il primo nucleo di lavoratori (muratori, manovali). Vennero quindi i "mladinci", i giovani che scavavano un canale per regolare il corso del torrente Corno. Dormivano nella vecchia Fornace di Gorizia che si trovava "vis a vis" all'attuale palazzo della Hit proprio in centro a Nova Gorica.
Scusi se la interrompo. Ma lei lo sloveno lo parlava bene?
Io ho vissuto l'infanzia a Hruševlje, in italiano si chiamava Cursò (un paese vicino a Dobrovo- Casteldobra) e sono nato a Cormòns. Ho sempre parlato il "briško" il dialetto del Collio, un miscuglio di sloveno, friulano, italiano e tedesco. Il "briško" oggi è scomparso. Oggi parlo correntemente lo sloveno, e in italiano, come vede, qualche parola me la sono dimenticata.
Dunque lei dice di essere stato il primo a cominciare la costruzione di Nova Gorica.
Sono stato il primo tecnico mandato sul posto. Non c'era nessun altro. C'erano i giovani da seguire nel loro lavoro. Poi arrivarono altri geometri e ingegneri.
Quali sono i primi edifici che avete cominciato a costruire?
I quattro caseggiati vicini al municipio che sono stati abbattuti recentemente: servivano appunto a ospitare i seicento lavoratori impiegati nei lavori, erano dipendenti della società di costruzioni "Primorje" (ancora oggi una delle più importanti della Slovenia). Vennero a lavorare tanti muratori, i disoccupati dei dintorni, e ritornarono anche molti immigrati dall'estero. I primi grandi edifici per abitazioni sono stati i "ruski bloki" (chiamati ancora oggi così), sei caseggiati progettati secondo i modelli di edilizia popolare sovietica. La loro disposizione doveva formare la scritta "Tito", che poi non venne completata. Ricordo che mentre procedevano i lavori, nell'estate del 1948, si verificò la rottura della Jugoslavia con l'URSS.
Altri edifici?
Il Municipio, il tunnel sotto il Panovec, il Park Hotel e la fabbrica di mobili Meblo. Poi dovevamo riparare il ponte della ferrovia Transalpina a Salcano che aveva un buco proprio in mezzo all'arco causato da una bomba inglese. La bomba non era esplosa ma aveva provocato danni a tutta la struttura del ponte. Un grosso lavoro. Per spostarmi a controllare i lavori avevo in dotazione una grossa motocicletta inglese, una BSA 500.
Come ricorda lei quel periodo? Qual era l'atmosfera che si respirava fra i lavoratori?
Come devo dire? Entusiasmo... un grande entusiasmo. Poi a me piaceva il mio lavoro. Conobbi anche un ingegnere italiano che stava ritornando in Italia dopo alcuni anni di lavoro in Slovenia. Si chiamava Enzo Virili. Lo convinsi a rimanere a lavorare a Nova Gorica, si era appena sposato. Anch'io ero sposato da poco e la ditta ci mise a disposizione una baracca da adibire ad abitazione. Lavorammo insieme fino al 1950 poi lui se ne andò in Australia. Io in seguito ho continuato a lavorare con la "Primorje". In quel periodo questa ditta arrivò ad avere alle proprie dipendenze oltre 1700 lavoratori.
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