Sono stati revocati alcuni provvedimenti relativi allo stato di emergenza decretato dopo le elezioni. L'opposizione chiede un'inchiesta internazionale sugli eventi del 1° marzo
Fuori dalla corrente principale delle "rivoluzioni colorate" della zona post-sovietica, l'Armenia si trova oggi nell'arena internazionale per i tragici sviluppi post elettorali che hanno condotto a scontri tra le forze armate e i sostenitori dell'opposizione il 1° marzo scorso a scontri tra le forze armate e i sostenitori dell'opposizione, decisi a non riconoscere l'esito del voto, e al conseguente stato d'emergenza proclamato dal presidente uscente Kocharyan.
In seguito alla dichiarazione dello stato d'emergenza, è stata imposta la censura ai mezzi di informazione
e sono state ridotte le libertà dei partiti e delle organizzazioni. Queste misure restrittive sono state largamente criticate dalla comunità internazionale, in particolare dal rappresentante per la libertà dei mezzi di comunicazione dell'OSCE Miklos Haraszti e dal rappresentante speciale per il Caucaso meridionale Peter Semneby.
Proprio in seguito alle pressioni da parte delle organizzazioni internazionali, il 10 marzo il presidente uscente Robert Kocharyan ha firmato un decreto che annullava due punti di quello precedente relativo allo stato di emergenza, rimuovendo così il divieto temporaneo di limitata attività dei partiti e delle organizzazioni, e di espulsione di coloro che, non essendo residenti nella capitale, erano stati espulsi per aver violato lo stato di emergenza.
Dopo l'esito delle elezioni del 19 febbraio scorso, l'opposizione ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale che l'8 marzo ha respinto le denunce dell'opposizione sul corretto svolgimento delle elezioni e ha affidato la decisione alla Commissione elettorale centrale che era in carica il 24 febbraio.
Secondo Ter-Petrosyan le elezioni presidenziali prevedono la verifica davanti alla Corte Costituzionale, e tale verifica non dovrebbe svolgersi durante lo stato d'emergenza, perchè metterebbe in dubbio anche l'attività della Corte stessa.
La sera dell'11 marzo Levon Ter-Petrosyan ha tenuto una conferenza stampa a casa sua. Dopo aver commentato la decisione della Corte Costituzionale, ha dichiarato di aver fatto richiesta, sulla base dell'ordine vigente, per organizzare una manifestazione sulla Piazza della Libertà il 21 marzo. La richiesta non è stata accettata. Il 20 marzo sarebbe l'ultimo giorno dello stato d'emergenza. Ter-Petrosyan ha comunicato che, se gli sarà negata la possibilità di organizzare questa protesta, distribuirà dei DVD per diffondere le sue idee.
Ciò che colpisce più di tutto in questa situazione è la prontezza di Levon Ter Petrosyan nel "punire" le autorità armene esercitando pressioni con la comunità internazionale per imporre determinate sanzioni all'Armenia nel caso di "una scelta di dittatura".
Allo stesso tempo Levon Ter-Petrosyan ha dichiarato di essere pronto a negoziare con Serzhe Sargsyan. Ciò non significa che ne riconosce la legittimità, ma piuttosto che non è possibile ignorare la reciproca esistenza comparando la situazione che si è creata con realtà come quella in Nagorno Karabakh, in cui il presidente non è riconosciuto dalla comunità internazionale e tuttavia è punto di riferimento.
Nel frattempo i sostenitori dell'opposizione insistono nella creazione di un corpo internazionale indipendente per investigare sugli eventi del 1 marzo.
In un'altra conferenza stampa tenuta dall'addetto stampa del Procuratore generale dell'Armenia il 12 marzo, sono stati resi noti i dati ufficiali sulle vittime e i danni del periodo relativo ai tumulti di Yerevan.
In seguito agli scontri, tra la popolazione si è diffusa la notizia via sms che il numero delle vittime avesse raggiunto i 58 morti. Secondo le informazioni ufficiali, durante gli scontri del 1 marzo sono morte 8 persone, tra cui un civile, sono stati feriti 180 civili e 48 cittadini (dimostranti o malcapitati fortuitamente nella zona degli scontri). La persona che ha diffuso la notizia via sms, Davit Ayvazyan, è stata identificata e ha confessato il suo "passo falso". Lo stesso giorno il sindaco di Yerevan ha dichiarato ufficialmente che i danni causati allo Stato ammontano a circa 69 milioni in valuta armena, circa 170.000 euro.
59 persone sono state accusate di aver organizzato i disordini, tra cui 4 membri del Parlamento. Due di loro sono stati arrestati, gli altri, Khachatur Suqiasyan e Sasun Mikayelyan, sono ricercati.
Con la decisione della Corte Costituzionale di portare a termine il processo elettorale, Levon Ter-Petrosyan ha perso l'immunità in qualità di candidato presidenziale. E come ci si poteva aspettare, le autorità armene stanno preparando le procedure d'accusa contro di lui, "ormai ex candidato presidente" come è stato definito dal Ministro della giustizia Gevork Danielyan a France Press.
Come già detto, i recenti sviluppi in Armenia sono al centro dell'attenzione della comunità internazionale. La Russia e l'Occidente sono interessati alla stabilità in Armenia, cosa che spiega il loro attivo impegno per superare le tensioni politiche createsi nel paese.
Il 12 marzo il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Hammerberg è in Armenia per discutere dei recenti sviluppi politici del paese con il presidente uscente Robert Kocharian, con il nuovo eletto Serzhe Sargsyan, con il portavoce del Parlamento Tigran Torosyan, con il primo presidente Levon Ter-Petrosyan, il capo della Corte Costituzionale Gagik Harutyunian, e l'ambasciatore Armen Harutyunian.
"Sono preoccupato dalla situazione dei diritti umani in Armenia e dalle conseguenze derivanti dallo stato di emergenza" ha dichiarato Hammerberg. "Urge ristabilire delle condizioni che permettano ai media, ai partiti politici e alle organizzazioni non governative di condurre le proprie attività liberamente".
L'OSCE ha pubblicato il terzo report sulle elezioni presidenziali in Armenia, definendole in generale "in linea con l'impegno armeno nei confronti dell'OSCE e del Consiglio d'Europa".
Nel frattempo secondo ArmenPress, in una conversazione telefonica tra Serzhe Sargsyan e il presidente russo uscente Vladimir Putin, quest'ultimo si sarebbe congratulato ancora con il primo ministro per essere stato eletto a presidente, esprimendo il suo supporto al governo e agli armeni, invitando Serzhe Sargsyan ad una visita in Russia.
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