Anna Politkovskaja (foto Andrea Riscassi)

Anna Politkovskaja (foto Andrea Riscassi)

Uno degli ultimi articoli di Anna Politkovskaya, pubblicato nel settembre 2006 sul giornale per cui era inviata, la Novaja Gazeta. La storia di un ragazzo ceceno

09/10/2006 - 

di Anna Politkovskaja, Novaja Gazeta , 11 settembre 2006
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Andrea Ferrario
Nel sangue di Islam Suschanov, condannato per terrorismo, sono state trovate tracce della "pista cecena"

Il mondo teme una proliferazione nucleare incontrollata - io invece temo l'odio. Si sta accumulando sempre di più e in maniera incontrollabile. Il mondo è riuscito almeno a escogitare delle leve per fare fronte ai caporioni di Iraq e Corea del Nord, ma nessuno riuscirà mai a individuare le vie percorse dalla vendetta personale. Il mondo è completamente indifeso di fronte a quest'ultima. Nel nostro paese attualmente è in corso qualcosa di incredibilmente stupido e irresponsabile - centinaia di persone vengono costrette con la forza ad accumulare intere riserve di odio, che renderanno completamente imprevedibile la vita futura degli altri.

Cosa vogliamo ottenere dai ceceni in carcere per "terrorismo"? Centinaia di persone giovanissime che hanno di fronte a se pene molto lunghe da scontare. In carcere li odiano e per questo li sottopongono a "trattamenti del tutto speciali", inventati sia dagli altri reclusi sia dall'amministrazione delle carceri.

Perché scrivo la parola "terrorismo" tra virgolette? Ve lo spiego. Chi sono questi ceceni? Per la maggior parte si tratta di ex studenti. Sono finiti nelle carceri senza nulla alle spalle, se non tre guerre. La prima si è svolta quando erano ancora bambini (la prima guerra cecena). La seconda, quando erano adolescenti (la seconda guerra cecena). La terza è l'istruttoria alla quale sono stati sottoposti. Si tratta cioè di studenti "terroristi" che sono fondamentalmente il prodotto delle procedure antigiuridiche messe in atto negli anni 2002, 2003 e 2004.

In quegli anni nel Caucaso settentrionale l'applicazione del diritto era decisamente sui generis: si effettuavano retate di massa e in Cecenia gli studenti venivano "ripuliti" a decine alla volta. Dopo la "pulizia" passavano attraverso la tortura, applicata di routine, come se si trattasse di una semplice procedure di disinfezione... Molti di loro sono stati uccisi, in particolare quelli che non si dichiaravano colpevoli. Ai "volenterosi" è stato concesso di vivere e sono stati condannati sulla base di accuse messe insieme in tutta fretta, senza preoccuparsi della qualità della documentazione reperita. Innocente? Colpevole? Solo Dio può saperlo, non sono mai state condotte vere e proprie indagini. Ed ecco che a partire dal 2005, dopo tutte le cassazioni, un'intera generazione di studenti ceceni "ripuliti" è entrata in carcere, con pene di 15 anni e oltre. E' lì che è cominciata la loro quarta guerra. Una guerra con se stessi. O per se stessi? Forse addirittura contro...

Oggi, nel 2006, le testimonianze che giungono dalle carceri dicono che questi ex bambini modello sono ormai diventati dei recidivi incalliti. Ecco una storia del tutto tipica. Islam Suschanov, nato nel 1984. Non lo ho mai visto, ora non è più possibile incontrarlo. Il FSIN, l'amministrazione carceraria russa, vieta i contatti di qualsivoglia tipo con i reclusi della sua categoria. Ricostruirò quindi gli eventi solo in base alla documentazione disponibile. Nel 1999, alla vigilia dell'inizio della seconda guerra cecena, Islam finisce gli studi alla scuola n. 38 di Groznj. Il profilo redatto ai fini dell'iscrizione all'università da parte del direttore della scuola, D. V. Salamov, parla di un ragazzo molto bravo: "Durante gli studi Islam si è distinto come scolaro disciplinato, amante dello studio e diligente. Si è dedicato allo studio in modo responsabile. Godeva di rispetto e ha svolto con precisione i compiti assegnatigli".

Nel 2000 Islam si è iscritto all'Istituto di Pedagogia della Cecenia, l'unico in cui erano riprese le iscrizioni dopo che le ostilità attive erano cessate. Ha cominciato a frequentare i corsi di arte. E ancora una volta: "Prende parte attivamente agli studi e alla vita pubblica della facoltà e dell'istituto... Esprime un particolare interesse per la pittura, per la composizione e per la scultura... è uno studente che ha buone prospettive...". Lo scrive il decano della facoltà di belle arti, M. M. Sulejmanov - ma lo scrive "ex post", rivolgendosi alla procura del distretto Lenin, quando Islam è stato "ripulito" e rinchiuso in galera. Alla procura è stata indirizzata anche una dichiarazione dell'allenatore della squadra di calcio "Vajnach", V. L. Inderbiev: "Durante tutto il periodo in cui ha fatto parte della squadra di calcio ho potuto apprezzare la sua correttezza e la sua buona educazione. Ho viaggiato spesso in trasferta con la squadra per incontri in cui era impegnato anche Islam. Nel suo comportamento non ho mai osservato irascibilità, aggressività... è un ragazzo molto controllato, modesto, di buon carattere... non si è mai lasciato andare a discorsi estremistici, né in generale si è dimostrato incline all'estremismo". L'allenatore e il decano mentivano? Oppure, pur essendo persone esperte, non si sono accorti che sotto la pelle di un angelo si nascondeva il diavolo?

I testi dei due profili e la sentenza di condanna sono tuttavia completamente incompatibili. Non è possibile che una persona possa essere allo stesso tempo tutto e il contrario di tutto: uno studente dalle buone prospettive, un calciatore che va regolarmente alle partite e contemporaneamente un guerrigliero che prepara agguati, fabbrica ordigni esplosivi con i quali i suoi colleghi dell'Istituto avrebbero fatto saltare in aria militari russi. Secondo le accuse che gli sono state mosse, Suschanov aveva interessi che erano ben lontani dalla scultura. Gli episodi in cui Suschanov sarebbe coinvolto sono tre - l'accusa principale è quella di fare parte di una "banda armata" diretta da un "non meglio identificato Abdul-Azim" e che agiva con "mezzi finanziari non meglio identificati".

Tutte le accuse si basano su "ammissioni spontanee". I giudici, da quanto si desume dalle loro argomentazioni, non hanno perso tempo per entrare nei dettagli e hanno abilmente tradotto questi episodi in sentenza di primo grado. Ed ecco cosa è successo: Suschanov ha ammesso di avere collocato il 6 giugno 2002 un ordigno esplosivo in una casa in rovina nella via Zhukovski a Groznyj, per fare saltare in aria il 9 giugno dei poliziotti in pensione, indicati con nome e cognome. In realtà, leggendo la sentenza si scopre che gli stessi giudici affermano che i poliziotti sono saltati in aria nello stesso luogo il 9 marzo di quell'anno. E il 9 giugno erano in cura, lontano dalla Cecenia, per le ferite riportate... Come spiegarselo?

Si può riscontrare la stessa confusione giuridica anche nel caso dello "scontro a fuoco presso il posto di blocco n. 10 del 3 agosto 2002". I poliziotti feriti quel giorno - anche in questo caso indicati con nome, cognome e incarico - confermano di essere stati oggetto di fuoco di armi automatiche in data 3 agosto, e il carattere delle ferite subite corrisponde a tale testimonianza. Solo che Suschanov "confessa" di avere sparato contro il posto di blocco con un lanciagranate e non riesce a ricordarsi da quale punto ha sparato, dove si trovava il posto di blocco ecc....

Il terzo episodio riguarda gli eventi del 13 dicembre 2003. Suschanov, insieme a un paio dei membri della banda, sarebbe stato colto dalle forze dell'ordine nella via Butyrina in flagranza di reato - in quel momento il gruppo si stava occupando di sistemare un ordigno collocato lì il giorno prima, più precisamente gli stavano sostituendo le batterie. Sono stati colti sul fatto e arrestati. Entrambi i poliziotti che li hanno arrestati hanno dichiarato in tribunale che "l'ordigno è stato sequestrato nella via Butyrina il 14 dicembre", era "vecchio, polveroso...". La sentenza, piena di imprecisioni fattuali, è entrata in vigore. La sua "ditta produttrice" è la seguente: il giudice istruttore R. Gorcichanov (Procura del distretto Lenin di Groznyj) e il giudice V. Abubakarov (Tribunale Supremo della Cecenia). Pensate che io difenda Suschanov, "l'assassino dei nostri soldati", come si dilettano a dire da noi? No. Il fatto è, però, che in presenza di una tale qualità giuridica delle sentenze del tribunale e delle indagini, solo Islam Suschanov può sapere con precisione cosa sia successo. Nessun altro. E io invece vorrei che lo sapessero tutti. Sono assolutamente convinta che non vi debbano essere indulgenze per nessuno che abbia violato la legge e il diritto, indipendentemente dalla salsa ideologica in cui il suo delitto viene condito.

...

Suschanov è stato condannato a 14 anni di regime duro. Le accuse coprono per intero quello che è il classico "elenco ceceno": "banditismo", "terrorismo", "formazioni armate illegali" ecc. A partire dal dicembre 2005 si trova nelle carceri della regione di Sverdlovsk. I primi tre mesi li ha passati nell'IK-5 (Niznyj Tagil) in isolamento. Anche nelle celle vicine c'erano reclusi in isolamento - altri giovani ceceni con accuse simili. La madre, Amanta Suschanova, gli invia lettere raccomandate due volte alla settimana , ma a Suschanov non consegnano nulla. L'amministrazione non fa complimenti e gli spiegano, come poi si è rivelato vero, che per i ceceni tale regime vale fino alla fine della pena.

Il 7 marzo 2006 Suschanov cerca di suicidarsi. Il 21 maggio lo fa ancora una volta. Pregare è vietato, lo scrive nel manuale della disciplina per i reclusi in isolamento. "L'Amministrazione degli istituti di pena dà una valutazione negativa del recluso Suschanov I. R.", scrive nel suo profilo il capo della sezione della procura della regione di Sverdlovsk, A. V. Vasilev, in merito alla supervisione dell'adempimento legale delle pene comminate. "Ha 12 sanzioni disciplinari in atto. Le motivazioni delle misure richieste dalla procura sono legali e fondate...". Suschanov continua a ribellarsi, prende parte a una "denuncia" collettiva: episodi di autolesionismo contro le condizioni di reclusione. Per quelli che riescono così a "emergere" dall'anonimato arriva T. Merzljakova, delegata ai diritti umani della regione di Sverdlovsk. Si incontra tra gli altri con Suschanov, il quale le dice che chiede solo un riesame della sentenza ingiusta e il permesso di pregare. Dopo la visita Merzljakova scrive una lettera disperata alle madri dei reclusi ceceni con i quali ha parlato: insiste affinché "si affrettino" a presentare allo FSIN la loro richiesta di trasferire i figli in un'altra prigione più vicina alla Cecenia. Si rivolge lei stessa a J. Kalinin, direttore dello FSIN... Kalinin oppone un rifiuto. E Suschanov viene trasferito all'IK-12, un carcere per i recidivi più pericolosi. Un tale accanimento è vietato dalla legge, se si tiene presente il significato originale della sigla IK, cioè istituto correttivo. Ma in questo periodo il dossier personale di Suschanov è pieno zeppo di frasi come "incline all'evasione", "incline alla presa di ostaggi"...

Il ragazzo "timido, modesto e di buon carattere", come veniva dipinto nel 2004, nel 2006 si è trasformato in un recidivo ribelle, se si deve credere a tutte queste descrizioni. Cosa vogliamo da Suschanov? Da tutti questi "ripuliti"? Che muoiano nelle prigioni? Perché gli viene vietato di pregare? Perché dimentichino le preghiere che hanno imparato fin da bambini e comincino a recitarne di nuove?...

Se Suschanov vedrà mai la libertà, ciò avverrà nel 2017, quando avrà 34 anni. Gli altri "ripuliti" della stessa generazione allora avranno un'età simile, tra i 35 e i 37 anni. Torneranno nella società non sposati, senza figli. Senza un'istruzione. Senza una professione. Ma con uno spirito ribollente: la vita è andata persa e non c'è giustizia. "... In sostanza, questi istituti correttivi si sono trasformati in campi di concentramento per i reclusi ceceni - hanno scritto alla redazione le madri di un gruppo di carcerati - vengono sottoposti a una discriminazione su base nazionale. Non li lasciano uscire dalle celle di isolamento. Li spingono a violare il regime disciplinare, impedendo loro di rispettarlo. Sono stati quasi tutti condannati con processi farsa, in cui mancavano le prove. Si trovano in condizioni tremende, vengono sottoposti a umiliazioni della dignità umana, si sta sviluppando in loro un odio contro tutto. Secondo noi non si tratta di correzione, ma di sterminio... E' un intero esercito, che tornerà da noi con una vita rovinata, con concezioni rovinate...". Conoscono bene ciò di cui stanno scrivendo, lo conoscono solo loro, le madri, che ora parlano con i loro figli solo con l'anima. Ho paura dell'odio accumulato da questi ragazzi. E ho ancora più paura di coloro che con la violenza costringono dei loro simili ad accumulare un tale odio. Ho paura, perché questo odio prima o poi uscirà dagli argini.


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