Sono fuggiti dall'Uzbekistan dove vengono perseguitati. Ora 439 profughi sono ospitati presso un centro d'accoglienza creato con fondi UE a Timisoara. Dovrebbero rimanervi 6 mesi in attesa di essere spostati altrove. Se la Romania si dimostra solidale, l'UE sembra sempre più una fortezza
Mentre 439 profughi uzbechi sbarcavano all'aeroporto romeno di Timisoara, le autorità di Washington ricevevano un ultimatum con una nota partita dalla capitale dell'Uzbekistan Tashkent. Le autorità uzbeche annunciavano che quelli che finora erano stati considerati gli "amici" americani entro 180 giorni se ne sarebbero dovuti andare dal paese.
Dopo l'11 settembre 2001 gli Usa hanno costituito basi militari in Uzbekistan e in Kirghizstan, paesi dell'Asia centrale vicini all'Afghanistan, dislocandovi non meno di 2000 militari americani.
Non a caso. Le basi militari degli Usa sono utilissime nella "campagna contro il terrorismo" e contemporaneamente rivestono un'importanza strategica. L'Uzbekistan è senza dubbio una dei paesi più interessanti dal punto di vista geostrategico. Situato nel cuore dell'Asia, con una superficie di 447.400 kmq, una popolazione di circa 24 milioni di abitanti, molto povera e con alto tasso di disoccupazione, possiede importanti giacimenti di petrolio e gas.
Avamposto per le operazioni contro i talebani in Afghanistan sono due le basi militari americane che vi sono state collocate: quella nell'area di Khanabad nel sud del paese e un'altra a Kokand. A distanza di solo tre anni i rapporti tra gli Usa e l'Uzbekistan si sono però deteriorati. Il presidente uzbeko, Islam Karimov, stanco di essere sempre criticato dagli Usa in materia di democrazia e riforme, guarda ora verso una vecchia conoscenza: la Russia.
Proprio la Russia viene indicata dai vari commentatori come l'attore nell'ombra che sta riaffermando i suoi interessi nell'Asia Centrale, cercando di mantenere i paesi dell'area nella sua sfera d'influenza.
Ma lo scontro tra interessi geostrategici nell'area fa anche vittime. I rapporti tra gli Usa e la repubblica dell'Uzbekistan sono peggiorati ancora di più dopo i tragici eventi del 13 maggio scorso nella città di Andijan (nell'est del paese), quando le forze di sicurezza hanno represso una manifestazione popolare, aprendo il fuoco sui dimostranti. Sarebbero morte tra le 700 e 1000 persone, ma il governo di Tashkent parla di 187 morti, definiti "terroristi ed estremisti islamici".
Centinaia di persone si sono riversate in fuga verso il confine con il Kirghizistan. Il Kirzghistan ha allertato la comunità internazionale sulla situazione incendiaria dei profughi rifugiatisi sul suo territorio e per i quali l'Uzbekistan chiedeva l'estradizione. Basta ricordare almeno un episodio per capire l'insicurezza e il pericolo in cui vivevano i profughi uzbeki. Il 14 giugno, di notte, un centinaio di kirghizi, alcuni armati, hanno fatto irruzione nel campo profughi di Sasyk-Bulak chiedendo loro di lasciare il paese. Tra gli aggressori i profughi avrebbero riconosciuto agenti della sicurezza uzbeki.
La comunità internazionale non è rimasta indifferente al dramma umanitario dei profughi uzbechi. L'Alto comissario ONU per i Rifugiati, Antonio Gutterres, ha sollecitato le autorità romene ad ospitare temporaneamente in Romania un gruppo di 450 profughi uzbechi per motivi umanitari. Il giorno successivo la richiesta è stata accolta dal Governo di Bucarest. Il ministro degli esteri romeno, Razvan Ungureanu, dichiarava in quell'occasione: "Siamo in sintonia con le preoccupazioni della comunità internazionale di proteggere lo status di questi rifugiati". Ungureanu ha aggiunto poi che "questo gesto di decenza politica assicura visibilità per la Romania che dimostra di essere un partner autentico e non solo a parole sul piano internazionale e nella zona estesa del Mar Nero".
Il 29 giugno scorso, dopo nove ore di volo arrivavano quindi all'aeroporto di Timisoara, a bordo di un Boeing 747 partito dalla capitale del Kirghizistan Biskek, 439 profughi uzbechi. Tra questi 74 donne e 23 bambini. Il più piccolo rifugiato ha solo un anno e cinque mesi e il più anziano ne ha 64.
Altri 15 rifugiati e richiedenti d'asilo uzbeki sono detenuti nella città kirghiza di Osh in seguito alla richiesta di estradizione da parte dell'Uzbekistan.
I 439 profughi per sei mesi soggiorneranno in Romania per motivi umanitari. I rifugiati sono alloggiati presso due centri di accoglienza a Timisoara e a Buzias. Di loro si occupa il Ministero dell'interno romeno.
Senza fotografarli o riprenderli, qualche giornalista locale è però riuscito a parlare con loro al Centro per Rifugiati di Timisoara. Il centro, quasi nuovo, costruito con l'aiuto di fondi dell'Unione europea, era stato messo in funzione l'anno scorso ma non aveva mai ospitato piu di sette profughi. I dormitori hanno una capacita di 250 persone. Per gli altri 189 rifugiati uzbechi le autorità hanno portato materassi.
"Andremmo verso i paesi che ci indicherà questa organizzazione (n.r UNHCR - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)", confessa ad un giornale locale una donna uzbeka, ex professoressa d'inglese. Trascorsi i sei mesi, i rifugiati dovrebbero trovare ospitalità in altri stati come Usa, Canada, Danimarca e Olanda. Fino a quel momento, i rifugiati uzbeki vivranno la loro vita a Timisoara che vedranno poco dato che dal centro non possono uscire.
La stampa rumena ne ha descritto la quotidianità. "Vivono secondo le regole musulmane. Le donne e i bambini stanno separatamente dagli uomini. Le donne hanno la testa coperta ma non il viso. Tutto il giorno cuciono e puliscono. Invece, gli uomini cucinano", scrive quasi meravigliato un reporter romeno. I media inoltre hanno descritto con dovizia di particolari tutte le dotazioni del nuovo centro: con sala medica, palestra, spazi di giochi per bambini.
L'opinione pubblica ha reagito quasi con stupore e in parte con orgoglio nei confronti di questo servizio d'ospitalità che la Romania mette per la prima volta a disposizione della comunità internazionale e delle organizzazioni internazionali. Quasi assenti invece i commenti a riguardo della politica che nella vecchia Europa sembrano sostenere in molti: bloccare i richiedenti asilo ai propri confini esterni facendo piuttosto in modo che siano i paesi nuovi entrati oppure quelli che aspirano a divenire nel prossimo futuro membri UE ad ospitarli.
Intanto il destino degli uzbechi rifugiati in Romania rimane del tutto incerto. La professoressa uzbeka intervistata dalla stampa romena afferma di voler tornare a casa: "Tutta la gente che è qui tornerebbe subito in Uzbekistan se il regime cambiasse. E perciò chiediamo alla comunità internazionale di provare a cambiare qualcosa. Non è giusto che 26 milioni di persone soffrano a causa di una sola persona".
Queste persone dal governo di Tashkent continuano ad essere considerate dei terroristi ed estremisti islamici. Gli Usa ed alcuni paesi europei hanno richiesto un'inchiesta internazionale sugli eventi del maggio scorso ad Adjian. Il presidente uzbeko Islam Karimov e il presidente russo Vladimir Putin hanno intanto firmato un anno fa un accordo di partenariato strategico tra i due paesi. Una partnership simile l'Uzbekistan l'aveva già firmata con l'Ucraina e gli Usa.
La guerra fredda per l'influenza in Asia centrale quindi continua e sembra caratterizzerà anche gli anni a venire. Nonostante gli auspici della professoressa d'inglese uzbeka è molto probabile che questi rifugiati debbano stare a lungo lontano dalle loro case e famiglie. Come è probabile del resto che la loro permanenza in Romania non si limiti ad alcuni mesi.
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