La comunità immigrata più numerosa in Italia. Un volume appena uscito racconta la presenza romena, il grado di integrazione e discriminazione, la cooperazione tra Italia e Romania. Una recensione
Probabilmente è stato del tutto casuale, ma il libro Romania. Immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive (Edizioni Idos) è uscito con un tempismo perfetto. Pubblicato dalla Caritas Italiana, a cura di Franco Pittau, Antonio Ricci e Alessandro Silj, il volume è stato presentato presso la sede del Cnel a Roma. La sala gremita testimoniava il fatto che il tema interessa a molti.
Ma non serviva la sala del Cnel - piena a tal punto da dirottare il pubblico intervenuto nell'aula accanto - per dirci che l'immigrazione ormai è un tema sensibile per tutta l'opinione pubblica italiana. E non da poco, ma da parecchio tempo a questa parte; il che ci fa pensare che il "tempismo" della pubblicazione è merito sia del tema (reso attuale dai polveroni mediatici e politici), sia dei curatori del volume. Ciononostante, in tempi normali, il libro sarebbe stato importante, ma non indispensabile come invece sembra essere nel contesto attuale.
Innanzitutto, il volume sull'immigrazione romena si distingue per la sua completezza. Certamente il fenomeno meritava tutta l'attenzione possibile, ma i vari articoli, schede, dati e studi inclusi nella raccolta, l'hanno trattato a fondo e a 360 gradi. Nella prima parte i lettori troveranno una serie di analisi sulla Romania nel panorama delle migrazioni internazionali; nella seconda sono inclusi gli studi sull'immigrazione romena in Italia. Mentre le indagini sui vari aspetti dei romeni in Italia sono state inserite nella terza parte, la dimensione territoriale e le relative problematiche hanno trovato spazio nella quarta. Inoltre, i redattori del "Dossier Caritas/Migrantes" hanno lavorato insieme con uffici di ricerca, strutture pubbliche italiane e romene, mondo imprenditoriale, centri pastorali e associazioni di italiani e di immigrati.
Da notare il fatto che tra i 50 autori del volume oltre un terzo è costituito da studiosi romeni. Un fatto assolutamente inedito, dato che gli interessati solitamente non vengono interpellati per presentare il loro punto di vista o raccontare la loro esperienza migratoria.
La molteplicità dei temi trattati nel volume smaschera in primis i luoghi comuni che vogliono vedere il "discorso romeni" soltanto sulle pagine della cronaca nera. La Romania è un paese membro dell'Unione Europea, caratterizzato da un forte dinamismo interno. Gli abitanti della Romania sono 21,5 milioni, con un'età media abbastanza elevata (37,9 anni). Quattro su dieci (37,9% al censimento del 2001) hanno completato il ciclo di istruzione secondaria e l'11% l'istruzione universitaria. Il prodotto interno lordo annuo pro-capite corrisponde a 5.639 euro e lo stipendio medio è di 380 euro al mese; ciononostante il tasso di crescita annuale si aggira sul 5-6%. Inoltre, la Romania è diventata meta di molte aziende italiane che vi hanno delocalizzato le strutture produttive, pur mantenendo in patria il centro della direzione commerciale. Ovviamente i problemi non mancano, come in tutti i paesi dell'est Europa, a cominciare dalla povertà, dalla corruzione e dalla burocrazia.
Le radici dell'immigrazione romena si trovano nella storia. La politica urbanistica del dittatore Ceausescu, il periodo difficile della transizione post-comunista, la crisi economica, ecc. tutto questo ha influenzato i movimenti migratori dei romeni. Nella prima fase, all'inizio degli anni Novanta, si sono sviluppate maggiormente le migrazioni informali o circolari, spesso di breve durata. In seguito, l'immigrazione è diventata più consistente, anche a livello statistico.
All'inizio del 2006 nell'UE c'erano più di 1 milione di emigrati romeni, con i maggiori insediamenti in Spagna e in Italia. Nel 2007 questi due Paesi sono rimasti le mete preferite di questa comunità, però il numero dei cittadini romeni soggiornanti all'estero è salito a circa due milioni.
I romeni, occupano in Italia il primo posto tra le comunità di immigrati. All'inizio del 2008 ne risultavano circa un milione di regolari, secondo le stime della Caritas. Si tratta di una comunità diffusa nel territorio. La regione con più presenze è il Lazio, ma la maggior parte di loro vive al Nord.
Normalmente non si dovrebbe misurare l'apporto delle persone in termini economici, ma il volume lo fa per diversi motivi. Innanzitutto perché di solito si parla di romeni solo in casi di criminalità, dimenticando il loro contributo al sistema produttivo italiano. È noto che ormai sono gli immigrati a coprire i due terzi del fabbisogno di nuova forza lavoro e i romeni stanno in prima fila: ogni 6 nuovi assunti stranieri 1 è romeno. Secondo varie stime i romeni garantiscono l'1,2% del PIL italiano. Lavorano principalmente nell'industria (in edilizia soprattutto), nel terziario (assistenza familiare, alberghi e ristoranti, ecc.) e per il 6,6% in agricoltura. Le donne romene (più di 1 ogni 4) lavorano nel settore dell'assistenza alle famiglie.
Ma i romeni sono discriminati in Italia? Pare non ci siano dubbi. Tuttavia, in caso sorgessero, l'indagine dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), li fuga. Questo ufficio, in collaborazione con l'omologo romeno (CNCD) e le associazioni romene, ha tracciato un quadro delle più ricorrenti situazioni di discriminazione e di disparità che caratterizzano i romeni. Eccone alcune: diffusione di un'informazione tendenziosa sui fatti nei quali loro sono coinvolti; mancanza di informazione, di assistenza legale e di formazione a beneficio dei romeni che arrivano in Italia; sfruttamento sul luogo di lavoro, specialmente nel settore edile; primato dei romeni negli infortuni mortali e molestie sessuali subite dalle donne durante l'accudimento; atteggiamenti spesso intimidatori nei loro confronti in nome della sicurezza pubblica; riscontro di difficoltà burocratiche e di atteggiamenti ostili tra gli operatori pubblici con conseguente ostacolo ai romeni nella fruizione dei servizi sociali; ecc. Bisogna aggiungere però, che la maggior parte di queste situazioni di discriminazione si verifica anche a danno di appartenenti ad altre comunità immigrate.
Il volume "Romania. Immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive", bisogna dirlo, è persino coraggioso. Nel senso che affronta senza paura argomenti spinosi, che altri avrebbero messo da parte. Lo fa egregiamente Franco Pittau, il quale analizza il fenomeno della criminalità, senza cadere nelle trappole delle ideologie o dei pregiudizi, ma studiando il merito della questione. Nel 2005, secondo l'Istat, un quinto delle denunce penali riguardavano gli immigrati (130.311 su 550.773 con autore noto), un quarto delle condanne, un terzo della popolazione carceraria. Il Rapporto sulla criminalità in Italia del Ministero dell'Interno (2007), sostiene che il 71% degli immigrati che commettono reati sono irregolari: quelli regolari sono stati nel 2006 all'incirca il 6% dei denunciati così come sono il 6% della popolazione residente. I reati commessi dagli immigrati sono del tipo violento (omicidi, lesioni dolose, reati predatori), e furti con destrezza (il 51% nelle rapine e nei furti in abitazione, il 70% nei borseggi).
I romeni hanno avuto una percentuale più alta in diversi reati (omicidi volontari consumati, violenze sessuali, furti di autovetture, furti con strappo, furti in abitazione, furti con destrezza, rapine in esercizi commerciali e rapine in pubblica via, estorsioni). Nelle fila delle organizzazioni malavitose che si occupano di immigrazione clandestina, tratta degli esseri umani, prostituzione, lavoro nero, traffico di sostanze stupefacenti, contraffazione, clonazione di carte di pagamenti, accattonaggio e sfruttamento di minori, ci sono anche romeni. Pittau però, sottolinea che anche le vittime sono spesso romene e comunque non bisogna generalizzare visto che la stragrande maggioranza dei romeni lavora e vive onestamente. L'autore auspica il "perseguimento di una giusta composizione tra libertà e sicurezza", nonché una "impostazione equilibrata, che non cede alla tentazione della repressione pura e semplice e cerca di conciliare il lavoro sociale con l'impegno per la legalità".
L'ottimo saggio di Pittau è sicuramente aiutato da altri capitoli dedicati al lavoro dei romeni, all'integrazione, alle donne, ai minori, ai media, alla cooperazione Italia-Romania, alle condizioni di vita, alle associazioni, alla dimensione religiosa, alla presenza nel territorio, ai dati statistici...; analisi che danno al lettore un quadro completo della comunità romena e soprattutto il carattere complesso dell'immigrazione.
Con la sua enorme ricchezza di informazione e di documentazione, il volume sulla Romania stupisce anche gli addetti ai lavori. Un esempio interessante è sicuramente lo scritto di Antonio Ricci, "Quando a partire eravamo noi", che parla dell'emigrazione italiana in Romania tra il XIX e il XX secolo. Tra la fine dell'Ottocento e la seconda guerra mondiale in Romania si trasferirono circa 130.000 italiani. Molti di loro erano "stagionali" e venivano chiamati le "rondini" (in friulano "golondrinas"). Ma emigravano anche veneti e trentini, principalmente come lavoratori della pietra o del legno, tagliaboschi, piccoli imprenditori edili, agricoltori, muratori, ecc.
Questo volume, oltre alla complessità del fenomeno migratorio, ci fa capire che l'Italia e la Romania sono molto più vicine di quanto sembri a prima vista. Lo sostengono la storia, i dati ed i legami culturali, ma anche il materiale ricchissimo di questo libro.
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