Protocollo di Kyoto: la Romania si è trovata a possedere quote, non utilizzate, di emissioni di gas serra. Che può rivendere ad altri Paesi. Alcuni hanno visto subito il business, altri sottolineano che occorre invece dotarsi di programmi per la salvaguardia dell'ambiente e la riduzione delle emissioni
Il 16 febbraio è entrato in vigore il sofferto protocollo di Kyoto, un trattato firmato già dal '97 ma accettato con difficoltà sia da molti Paesi industrializzati che in via di sviluppo.
Rispettare il protocollo di Kyoto significa infatti diminuire le emissioni di gas ad effetto serra - come l'anidride carbonica responsabile dell'aumento della temperatura del pianeta, ma anche metano e ossidi di azoto rispetto - ai valori misurati nel 1990 (ad eccezione di alcuni Paesi con economia in transizione tra cui la Romania che ha come anno base l'89).
Un impegno non certo facile e dai costi rilevanti. Per questo molti Paesi hanno preferito tenersi lontani dal Protocollo di Kyoto. Tra questi gli Stati Uniti, principali responsabili del surriscaldamento del pianeta, con il 36% delle emissioni complessive.
Chi ha firmato il Protocollo di Kyoto e non rispetterà gli obblighi, non riducendo le emissioni, dovrà pagare sanzioni. E lo faranno in tanti: grandi industrie o governi in alcuni casi preferiranno "acquistare" diritti ad emettere CO2, anziché cambiare le proprie tecnologie produttive.
In questo senso si sta ormai costituendo un vero e proprio mercato del "diritto ad inquinare". Chi produce meno inquinamento della quota che gli è stata destinata potrà guadagnarci.
La Romania, il primo Paese che ha ratificato il Protocollo di Kyoto, guarda già ai benefici che deriveranno dalla sua messa in pratica. Ed è anche per questo che il 16 febbraio a Bucarest molti ministri hanno tenuto conferenze stampa durante le quali elogiavano il portato del Protocollo di Kyoto contro l'effetto di serra.
La Romania potrebbe guadagnare 2 miliardi di euro dalla vendita ad altri Paesi delle quote di anidride carbonica non prodotta, ha annunciato il vicepremier Adrian Videanu. Nell'89 la Romania toccava il suo massimo di produzione industriale. I grandi kombinat comunisti producevano di tutto: c'era molta industria petrolchimica, chimica o siderurgica. L'energia era prodotta specialmente dal carbone, un'altra causa d'inquinamento.
Alla Romania, valutata al livello dell'inquinamento dell'89, è stata concessa una quota di emissioni di gas ad effetto serra di 250 milioni tonnellate di Co2. Rispetto al 1989 l'industria romena di oggi non solo è sottodimensionata ma anche meno inquinante. Non necessariamente perché siano state prese delle misure straordinarie contro l'inquinamento ma semplicemente perché molti impianti industriali sono andati fuori uso in quanto ormai obsoleti o comunque non competitivi.
Anche se il Paese ha gravi problemi di tutela dell'ambiente, la Romania è considerata ora una pedina interessante per l'implementazione del Protocollo di Kyoto. Secondo uno studio citato dal giornale "Ziua" di Bucarest e compiuto da Point Carbon, un'organizzazione norvegese per la ricerca nell'ambito delle emissioni di gas ad effetto serra e dalla Vertis Environmental Finale, un gruppo di consulenza finanziaria, la Romania è uno dei principali Paesi fornitori di permessi trasferibili sul mercato delle missioni di Co2.
Alla Romania si aggiungono altri Paesi dell'Europa centrale ed orientale come Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Bulgaria e Russia le cui riforme economiche hanno significato anche la riduzione di molte attività del settore industriale. Il Protocollo di Kyoto obbliga i Paesi firmatari a ridurre del 5,2 % le emissioni di gas ad effetto sera rispetto al livello registrato nel 1990, anno di base. I Paesi Ue si sono impegnati però a diminuzioni del 8% a livello generale e si sa che l'Unione Europea è il leader mondiale nella lotta contro i cambiamenti climatici del pianeta.
E' nato così il primo mercato per la transazione dei gas ad effetto sera. 12.000 aziende dell'Unione Europea potranno comprare e vendere quote di CO2. Gli analisti ammettono questo potrebbe avere conseguenze anche sul prezzo dell'energia.
Attualmente il prezzo di una tonnellata di CO2 è di 8,50 euro ma il valore è destinato a salire secondo la dinamica della domanda e offerta. Le aziende che non rispetteranno le quote di CO2 allocate tramite il piano nazionale saranno obbligate a pagare una multa di 40 euro per ogni tonnellata emessa oltre la quota prevista, il che condurrà alla riduzione della competitività.
Il Ministero romeno dell'ambiente si è impegnato a ridurre dell'8% le emissioni nel periodo 2008-2012 ed a creare entro il 2007 un sistema nazionale che valuti le emissioni e guidi la loro riduzione.
In cambio di investimenti la Romania ha ceduto parte del suo diritto di produrre inquinamento a Paesi come Danimarca, Austria, Olanda, Francia, Norvegia, Svezia, Svizzera. Anche Germania e Italia si sono mostrati interessati senza però firmare finora accordi di collaborazione con la Romania.
Il Protocollo di Kyoto può essere una fonte finanziaria per la Romania non solo attraverso la vendita di "quote di emissioni" ma anche tramite progetti di cosiddetta "joint implementation". In questo modo, Paesi con economie forti, possono investire in progetti per la produzione più efficiente dell'energia in Paesi che hanno alte riserve di CO2 non prodotta. In seguito si divideranno anche le riduzioni di CO2 tra i Paesi coinvolti.
L'Unione Europea incoraggia gli investimenti piuttosto che le transazioni di CO2. Mentre i rappresentanti del governo di Bucarest fanno calcoli su quanti miliardi di euro potrebbe guadagnare il Paese dal protocollo di Kyoto, alcuni specialisti romeni avvertono sui possibili rischi che comporterebbe una vendita non controllata di CO2.
"La Romania vende la sua povertà", dichiarava sulla stampa romena Aureliu Leca, rappresentante della Cattedra Unesco per l'energia e ambiente presso il Politecnico di Bucarest. Leca ritiene che il Governo romeno non debba vendere ora tutte le sue quote di CO2 per non essere costretto magari in futuro a comprarne altre quando l'industria cominciasse a produrre di più.
Per mettere in pratica i benefici del Protocollo di Kyoto, le autorità di Bucarest dovranno prima di tutto migliorare la legislazione in materia. Un altro elemento da non sottovalutare rimane ancora la corruzione nell'ambito degli affari. Un segnale non molto incoraggiante per gli investitori stranieri. Se la Romania riuscisse ad interpretare a suo favore il protocollo di Kyoto i vantaggi potrebbero comprendere l'introduzione di tecnologie di ultima generazione, maggior tutela dell'ambiente e ovviamente minori costi per l'integrazione. Il pallone si trova ora nella sua metà campo e deve dimostrare di saper giocare.
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