Sostiene su delega del ministero degli Esteri le scuole in lingua italiana e le iniziative culturali delle comunità italiane in Istria, a Fiume e in Dalmazia. E' l'Università popolare di Trieste. Un'intervista con il suo presidente, Luciano Lago
Come è nato il vostro ente e perché?
Siamo nati nel 1899 a Trieste come istituto di cultura a livello cittadino, e quindi Università popolare perché si occupa di cultura e vi dà forte impulso. A causa delle vicende belliche, l'ente è rimasto chiuso per parecchi anni e ha ripreso a funzionare negli anni '60. L'Università odierna è ente morale che opera in Istria, a Fiume e in Dalmazia: dal 1964 su delega del ministero degli Affari Esteri, dal 1978 su indicazione della Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia, oggi dalla Direzione generale per i paesi d'Europa.
Lo scopo è quello di mantenere viva la lingua e la cultura italiana nei territori di insediamento storico della nostra minoranza - unica minoranza autoctona fuori dai confini nazionali - che conta 33 mila persone, di cui il 90% vive in territorio croato e il restante in Slovenia.
L'attività si sviluppa in due direzioni. La prima a carattere esclusivamente culturale, a favore delle 52 comunità italiane distribuite sul territorio, che vengono sostenute anche materialmente.
L'altro filone di attività è legata alla rete delle scuole italiane sul territorio di insediamento storico, frequentate da circa 5.000 studenti seguiti da 400 operatori scolastici. Curiamo in maniera particolare questa attività perché sappiamo che il futuro di una minoranza è strettamente legato ai giovani, sia sul piano della preparazione e della formazione, sia dal punto di vista del mantenimento dell'identità nazionale, che di generazione in generazione tende ad attenuarsi. Tutto ciò avviene in stretta sintonia con l'Unione italiana che rappresenta l'intera minoranza italiana.
Vi sono altre istituzioni che operano per mantenere viva la cultura italiana in questi territori?
Nell'ambito della Comunità Nazionale Italiana opera la casa editrice "EDIT" di Fiume, che stampa un quotidiano - "La voce del popolo" - e due riviste: una di attualità, "Panorama" e una a carattere letterario, "La battana". Inoltre, pubblica anche una piccola rivista per bambini e ragazzi che si chiama "Arcobaleno".
Inoltre, sosteniamo dal punto di vista materiale l'emittente radiotelevisiva di Capodistria/Koper che manda in onda programmi in lingua italiana e che, assieme a Radio Fiume e Radio Pola, copre tutto il territorio istriano trasmettendo notizie di interesse della nostra minoranza.
Altro fiore all'occhiello è il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno , che gode oltretutto di ottimi rapporti con le università: la sua Biblioteca Scientifica, completamente informatizzata, nel 1995 ha assunto lo status di Biblioteca depositaria del Consiglio d'Europa, con una particolare sezione sui diritti umani e delle minoranze. Il Centro si impegna molto anche nella stampa di volumi che riguardano le vicende istriane e non istriane, e nel produrre testi editoriali che vengono distribuiti in Croazia, in Slovenia e Italia.
La nostra minoranza in Slovenia e Croazia numericamente non è molto forte, però rappresenta un'italianità letteraria, culturale, artistica e teatrale molto sostanziosa. A mantenere viva questa italianità istriana hanno contribuito sicuramente sia il nostro governo regionale sia quello nazionale. E' da ricordare che nella parte croata del territorio istriano la comunità italiana è ben inserita nell'ambiente delle autonomia locali. Per statuto, ogni comune deve avere il proprio vice sindaco italiano, e molti nostri connazionali sono inseriti nelle giunte comunali, nella giunta regionale ecc. Quindi, il rapporto fra maggioranza e minoranza, per questo aspetto, è particolarmente buono.
Negli ultimi anni si sono avute molte trasformazioni in quest'area, in particolare con l'entrata della Slovenia nell'Ue e, in seguito, nell'area Schengen. Cosa significa per voi questo confine che "non c'è più" ma che in realtà si è spostato più in là, dividendo ad esempio l'Istria e quindi anche la comunità italiana?
Per la minoranza italiana il problema è nato in realtà nel 1990, quando con la disgregazione della Jugoslavia si è ritrovata divisa da un confine. Sulla minoranza, la separazione dei due Paesi ha creato a sua volta divisioni e problemi, ma la stessa comunità si è spesa molto dal punto di vista politico per mantenere vivo il concetto di unitarietà.
La recente entrata della Slovenia nell'Unione europea ha creato grande soddisfazione ed entusiasmo nei connazionali della Slovenia, ma non altrettanto nei nostri connazionali della Croazia. Il concetto di unitarietà si è ulteriormente indebolito perché il confine Schengen ha alzato una barriera ancora più forte fra i due Paesi.
Durante e a seguito della Seconda guerra mondiale, a causa dell'esodo, si è creata una profonda ferita all'interno della comunità italiana, che inoltre ha portato anche a divisioni tra chi è rimasto e chi se n'è andato. Negli ultimi anni si è evoluta la relazione tra le due parti?
Direi che c'è stata una certa evoluzione, ma permangono ancora delle posizioni abbastanza "contrapposte" fra i vertici dell'Unione italiana e i vertici della Federazione degli esuli. A mio avviso, invece, sono molto presenti gli scambi fra le piccole associazioni e le famiglie istriane e quelle degli esuli, che spesso si incontrano, si scambiano esperienze e collaborano attivamente. In prospettiva, ritengo che questa ricongiunzione delle due "membra spezzate" sia opportuna e importante, anche perché un corpo unico di istriani diviene più forte e in grado di sostenere entrambe le parti nelle risposta alle loro diverse esigenze.
Si parla anche dell'Europa delle regioni. Ritiene che l'intensificazione delle relazioni territoriali e istituzionali favorirebbe anche la comunità italiana?
Per la nostra minoranza, l'Euroregione può essere innanzitutto un veicolo importante di conoscenza. La nostra minoranza, al di là di Monfalcone, è poco conosciuta; dunque l'Euroregione è importante nella misura in cui amplia la conoscenza della nostra esistenza in un territorio più ampio.
Esiste il paradosso per cui in Italia, quando si parla di queste terre, il dibattito si accende subito. Però si conosce poco...
Rispetto ai problemi del confine, credo che a livello nazionale si sia parlato molto più degli esuli che dei rimasti, ma sono convinto che si debba avere più attenzione anche per questi ultimi.
Qual è il livello di collaborazione tra la minoranza slovena e la minoranza italiana?
Le due minoranze collaborano nell'ambito di progetti europei di grande portata, che investono vari settori, da quello culturale a quello enogastronomico. Questa stretta relazione, come quella tra esuli e rimasti, rappresenta una prospettiva importante di sviluppo della nostra collettività.
Sempre più genitori italiani iscrivono i loro figli nelle scuole slovene. Avviene anche in Croazia e in Slovenia che i genitori della maggioranza iscrivano i propri figli nelle scuole italiane?
E' abbastanza normale che nelle scuole con l'insegnamento della lingua italiana di questi territori vi siano anche alunni croati, sloveni o di altre nazionalità. Credo rappresenti un'apertura importante da parte della maggioranza.
E' altresì importante che le famiglie dello studente della maggioranza comprendano cosa significa inserirlo in una scuola italiana, dove viene insegnata anche la cultura italiana. Dato che la lingua d'uso, anche tra i nostri connazionali e soprattutto nelle aree cittadine, non è più l'italiano o il dialetto istro-veneto, ma il croato o lo sloveno, l'attività di mantenimento dell'identità italiana diviene fondamentale.
Oltre allo sviluppo del settore della formazione con una rete scolastica d'avanguardia che attragga anche i giovani della maggioranza, è importante mantenere vive la lingua e la cultura italiana. E' questa la sfida principale sulla quale dobbiamo continuare a lavorare.
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