Incontro con Francesca Sforza, ex corrispondente da Mosca de La Stampa, autrice di "Mosca-Grozny: neanche un bianco su questo treno". Riceviamo e volentieri pubblichiamo

25/05/2007 -  Anonymous User

Di: Massimiliano Di Pasquale*

Come nasce l'idea di Mosca-Grozny?

Il libro nasce dopo tutta una serie di esperienze giornalistiche fatte in qualità di corrispondente da Mosca dal 2004 al 2006. A un certo punto mi sono resa conto che lo spazio dell'articolo non era più sufficiente per raccontare tutto quello che avevo visto. Il libro è stato un'esigenza pratica, se vogliamo, più che un progetto pensato. L'interesse già in nuce per questa zona del mondo poco conosciuta si è sviluppato in Russia. Vivendo a Mosca l'urgenza del problema ceceno l'avverti ogni giorno. Dalle forme quotidiane di piccolo razzismo ai silenzi in cui ti imbatti quando si parla di questa repubblica caucasica. Tutta questa reticenza non poteva non destare curiosità in chiunque si trovi a fare un lavoro come quello del reporter.

A quando risalgono i tuoi primi viaggi a Grozny?

A un anno e mezzo fa quando ho fatto quattro faticosissime incursioni in Cecenia. La difficoltà e la fatica non sono ovviamente solo di tipo fisico, ma soprattutto mentale visto che si tratta di luoghi molto "intensi" nel senso negativo del termine.

Leggendo il libro emerge una certa fascinazione un po' per tutto il Caucaso...

È vero. Nutro da sempre un grande interesse per questa area geopolitica. Personalmente penso che il Caucaso sia un po' l'inizio del mondo. Il fascino è dovuto al fatto che in quest'area, per via dei movimenti migratori e della storia, si è realizzato un melting pot antico di razze. La natura multiforme di questi luoghi, dove si fondono influenze turche, iraniane, russe ed europee, mi seduceva ancora prima che li visitassi.

Cosa pensa della Cecenia la gente di Mosca?

Della Cecenia a Mosca si parla pochissimo. Quando se ne parla lo si considera un argomento davvero tanto scomodo. I russi quando discutono con un occidentale non vogliono sembrare né razzisti né fobici ma non riescono a nascondere un disprezzo, un rifiuto di fondo. Questo lo si percepisce chiaramente nella quotidianità. Basti pensare al fatto che ai ceceni, ma più in generale ai caucasici, è affidata la gestione dei mercati, del piccolo commercio per cui li si considera sempre un po' dei truffatori, dei ladri, degli approfittatori...

C'è una ragione storica per cui i ceceni hanno sempre fatto questi lavori a Mosca?

Senz'altro i ceceni, ma un po' tutti i caucasici, sono abbastanza portati per il commercio essendo gente intraprendente. Per cui la dimensione del piccolo commercio, che non è nel DNA dei russi è stata immediatamente conquistata dai caucasici. Tra l'altro fanno anche una vita molto dura visto che sono i primi a subire i controlli più serrati da parte della polizia anche per le strade. È tuttora in corso questo grave conflitto con la Georgia. I ristoranti georgiani sono disertati dai russi e rischiano di chiudere perchè non arrivano più le merci. Il vino georgiano, che solo qualche anno fa era decantato dai russi come uno dei migliori prodotti dell'ex Urss, adesso è considerato velenoso. La realtà è che non si trova più una bottiglia di vino georgiano in tutta Mosca. Molti ristoranti sono stati chiusi, altri hanno subito minacce. La situazione tra Georgia e Russia è davvero tesa. Non escludo che in alcuni di questi territori, in cui i conflitti sono congelati come in Abkhazia e in Ossezia del Sud, si possano verificare dei disastri perché la situazione è di vera e propria intolleranza. Tornando ai ceceni, dal momento che abitano in luoghi precisi della città, vengono regolarmente perquisiti dalla polizia e vessati come un po' tutti i caucasici. Dopo i fatti di Beslan per il russo medio non ci sono più scusanti: il ceceno è tornato a essere il nemico di sempre. Fatta eccezione per Lenin, che aveva parlato di autonomia delle repubbliche caucasiche, in seguito tutti i leader dell'Unione Sovietica e della Federazione Russa hanno sostenuto che la Cecenia dovesse dipendere da Mosca. Il problema della Cecenia è per il russo un problema di integrità territoriale legato a una concezione imperialista. Senza territorio non c'è impero. Questa antica tesi della tradizione russo-sovietica è ancora oggi molto forte in presenza di un Presidente che sull'orgoglio russo ha costruito tantissimo del suo consenso interno.

Quali impressioni hai ricavato visitando Grozny?

Grozny è una città distrutta. Difficile immaginare per noi cosa voglia dire abitare tutti i giorni in mezzo a luoghi che cascano a pezzi, palazzi di cui è visibile solo lo scheletro, strade che crollano... Ci sono macerie e rifiuti ovunque nonostante l'attuale presidente Kadyrov dichiari di lavorare alla ristrutturazione del centro.

Qual è il tuo giudizio sull'operato del presidente ceceno?

Kadyrov è unanimemente considerato un fantoccio. Se per un verso è filo-putiniano dall'altro è un tipo violento e imprevedibile con una sua autonomia, anche rispetto a Mosca, che si traduce in un consenso reale all'interno del paese. Un consenso la cui natura è di tipo mafioso, da clan perché questa è la struttura originaria della società cecena. Oggi nel paese assistiamo a una faida continua, altroché normalizzazione! È vero che la spirale di violenza è stata avviata dai russi, però in questo momento a spararsi addosso sono i ceceni. I motivi sono i più disparati. Accanto a faide famigliari di antichissima data, che risalgono a secoli addietro, emergono nuove lotte di potere per conquistare i tanti soldi che vengono da Mosca.

È reale il pericolo che le fazioni islamiche più integraliste prendano controllo del Paese?

In Cecenia c'è un Islam abbastanza laico rispetto ad alcune zone del mondo arabo. Però è vero che un paese isolato, che sconta tantissimi disagi dal punto di vista dell'approvvigionamento delle risorse, del lavoro, della mancanza di status e di prospettive, diventa terreno fertile per l'estremismo. Per cui un'alleanza perversa tra gli elementi più pericolosi della guerriglia e infiltrazioni di movimenti islamici integralisti che possono fare capo a Al Qaeda o altre analoghe sigle è un rischio reale. Solo un intervento politico serio e mirato può andare ad estirpare questo genere di connubio. Ma interventi di questo tipo non sono minimamente presenti nell'odierna roadmap né della dirigenza russa né tanto meno di quella cecena.

*Pubblicista, già caporedattore di Profili dell'Est


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