Se i rapporti tra la Russia e l'Ossezia del Sud appaiono eccellenti, quelli con l'Abkhazia - l'altra repubblica secessionista georgiana protetta da Mosca - fanno intravedere non poche crepe, con Sukhumi che tenta caparbiamente di mantenere spazi di autonomia
Il 4 ottobre il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha incontrato a Mosca, in formato bilaterale e trilaterale, i corrispondenti Sergey Shamba e Akhsar Dzhioyev, dei due governi secessionisti non riconosciuti di Abkhazia e Ossezia del Sud.
Con Dzhioyev l’incontro è stato celebrativo di una cooperazione che Lavrov ha così decantato : “Con la Repubblica dell’Ossezia del Sud, nostro caro amico e alleato, godiamo di un partenariato strategico collaudato nel tempo, nel pieno rispetto del Trattato di alleanza e integrazione del 2015. Stiamo costruendo uno spazio di difesa comune. La cooperazione economica, sociale e umanitaria si sta approfondendo. Apprezziamo il sostegno fornito dalla Repubblica dell’Ossezia del Sud […] per portare avanti i compiti di formazione di un giusto ordine mondiale globale basato sul riconoscimento dell’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati, grandi e piccoli. Vorrei esprimere ancora una volta la nostra gratitudine per la vostra posizione riguardo all’operazione militare speciale”.
Molto meno celebrative le parole con cui Lavrov ha ricordato la collaborazione con l’Abkhazia. Dopo aver salutato positivamente il ritorno di Shamba, da poco ministro degli Esteri abkhazo, Lavrov ha rimarcato : “Disponiamo di un solido quadro contrattuale e legale, composto da oltre 120 documenti. Accogliamo con favore l’ultimo passo in questa direzione. Il 21 settembre l’Abkhazia ha ratificato l’Accordo sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie e arbitrali nelle cause economiche. Ci auguriamo che le rimanenti bozze di documenti in corso vengano tempestivamente concordate.”
La Russia tiene il fiato sul collo dell’Abkhazia e la ritiene inadempiente, da cui una serie di più o meno velati ricatti che si concretizzano in effettive ritorsioni.
Il leak del protocollo
In una riunione del 19 agosto i ministeri dello Sviluppo economico e delle Finanze della Federazione russa hanno minacciato di sospendere il sostegno finanziario a Sukhumi dal 1 settembre, fino a quando l’Abkhazia non avrà adempiuto agli obblighi nei confronti di Mosca.
Questi obblighi includono la ratifica di accordi sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie, l’autorizzazione a progetti di investimento russi e la rimozione delle restrizioni sugli investitori russi nel mercato immobiliare dell’Abkhazia. Il contenuto della riunione sarebbe dovuto rimanere segreto, ma il protocollo è poi circolato e ha causato grande sdegno perché è stato interpretato come un ricatto.
La questione degli investimenti immobiliari è particolarmente osteggiata. La così detta “legge degli appartamenti” ha lo scopo di consentire ai non residenti di costruire e acquistare appartamenti nella parte orientale della regione. Dopo accesi dibattiti il progetto di legge è stato ritirato a luglio per mantenere la stabilità e allentare le tensioni sociali. La decisione ha fatto seguito alla diffusa opposizione di vari gruppi che temono l’aumento dei prezzi degli immobili, notevoli danni al settore dell’ospitalità e potenziali cambiamenti demografici.
Come già per la questione della Dacia di Pitsunda poi ceduta ai russi, l’opinione pubblica si mette di traverso ai progetti di Mosca nella regione, e trova sponda nell’opposizione al presidente de facto Aslan Bzhania, che si è impegnato personalmente a risolvere i nodi che mettono a repentaglio i rapporti con la Russia, protettore della piccola regione secessionista georgiana.
Shamba il 3 settembre ha confermato che la Russia ha sospeso i finanziamenti sociali per l’Abkhazia a partire dal 1 settembre, come ventilato nel protocollo circolato. Questa misura colpisce settori come la sanità, l’istruzione e le forze dell’ordine. Inoltre, l’Abkhazia dovrà ora pagare l’elettricità a tariffe commerciali. Shamba ha notato un cambiamento nell’atteggiamento della Russia nei confronti dell’Abkhazia, e ha quindi sollecitato sforzi per ricucire le relazioni attraverso i media e i social network, sottolineando la necessità di migliorare i legami con quello che considera l’unico alleato strategico.
Il protocollo prevedeva anche l’obbligo per il leader dell’Abkhazia Bzhania di fornire a Mosca, entro il 20 settembre, un elenco dei parlamentari e dei leader dell’opposizione con cittadinanza russa che si oppongono agli interessi russi, per un’eventuale revoca della loro cittadinanza.
Il governo russo intende inoltre ridurre al minimo le interazioni con i funzionari abkhazi non collaborativi. Secondo quanto riferito, Bzhania stesso ha chiesto a Mosca di revocare la cittadinanza a coloro che bloccano una legge sugli appartamenti sostenuta dalla Russia. La perdita della cittadinanza russa avrebbe gravi conseguenze, poiché i passaporti abkhazi offrono un accesso internazionale limitatissimo, al pugno di paesi che ne riconoscono l’indipendenza dalla Georgia.
Fotografie del passato e del presente
Il Museo statale dell’Abkhazia ha chiuso la sua ala di storia moderna dopo che l’ambasciata russa ha chiesto la rimozione di una foto del ribelle ceceno Shamil Basayev.
Basayev combatté per l’Abkhazia nella guerra del 1992-1993 ma fu in seguito coinvolto in attività terroristiche, inclusa la tragedia della scuola di Beslan del 2004. L’eredità di Basayev in Abkhazia è legata al suo ruolo nella guerra del 1992-1993, non alle sue azioni successive.
Nonostante la denuncia russa, lo staff del museo ha dichiarato che non rimuoverà la foto a meno che il titolo di Basayev di “Eroe dell’Abkhazia”, assegnato dal primo presidente della regione Vladislav Ardzinba, non venga ufficialmente revocato. Il museo ha quindi chiuso la sezione che ospita la foto.
L’immagine di Basayev è nel museo dal 2012, esposta in seguito ai lavori di ristrutturazione finanziati dalla Russia. Le richieste per la rimozione della foto sono aumentate dopo che i canali Telegram del Caucaso settentrionale hanno evidenziato il passato terroristico di Basayev, chiedendosi perché l’Abkhazia continui a onorarlo.
L’intervento dell’ambasciata russa fa seguito a queste denunce sui social media. Considerando che l’immagine è lì da più di un decennio, questo nuovo scandalo appare legato ai mal di pancia di Mosca verso i separatisti. Che da Mosca dipendono totalmente.
Nel pieno della campagna elettorale georgiana, con il Sogno georgiano che avanza fumosi propositi di integrità territoriale, il ministero degli Esteri russo ha pubblicato , a conclusione dell’incontro del 4 ottobre, la seguente dichiarazione: “La parte russa ha sottolineato la propria disponibilità a continuare a fornire tutta l’assistenza possibile all’Abkhazia e all’Ossezia del Sud, sovrane e indipendenti, per garantire la loro sicurezza, sostenere le loro sfere socioeconomiche ed espandere la cerchia dei partner stranieri. È stato sottolineato che la decisione della leadership russa di riconoscere la Repubblica di Abkhazia e la Repubblica dell’Ossezia del Sud nel 2008 non è soggetta ad alcuna revisione.”
Insomma, la fotografia del presente abkhazo è: o con la Russia o rischia di diventare inesistente.
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