Il premier albanese, in un'intervista per il Corsera, fa le pulci alla politica interna italiana e spiega i malintesi sorti tra i due Paesi a causa della riforma dell'ONU. Ma secondo la stampa di Tirana il gelo era già calato tempo addietro
Che i rapporti diplomatici tra l'Italia e l'Albania non vivessero i loro giorni migliori non era una novità, ma che Tirana avesse il coraggio di alzare la voce e dare tutta la colpa al governo italiano non se lo aspettava nessuno. In un'intervista per il "Corriere della Sera", il Premier albanese Fatos Nano ha spiegato - senza rinunciare alla sua consueta dose di ironia e polemica - che la causa dei dissapori tra le due capitali è inerente alla posizione di Tirana sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Posizione che secondo il Premier albanese sarebbe conforme alla linea italiana, ma che non sarebbe stata capita dalla diplomazia di Roma per via dei litigi all'interno del governo Berlusconi.
Ma la stampa albanese, che ha dato ampio spazio allo "sfogo" di Nano sul quotidiano di Via Solferino, vede i veri motivi dei problemi diplomatici tra le due sponde dell'Adriatico in tempi ancora più lontani, nelle promesse del Premier italiano, andate a vuoto, di essere "l'avvocato dell'Albania" in Europa.
Riforme e malintesi
Il malcontento italiano nei confronti di Tirana cominciò il 21 settembre 2004 quando, durante un'assemblea generale dell'Onu, il Premier albanese Fatos Nano sembrò abbracciare la proposta tedesca su un aumento dei seggi permanenti e di quelli non permanenti del Consiglio di Sicurezza. Nonostante la Germania non fosse stata neanche nominata, il discorso di Nano andava in collisione con la posizione italiana che è contraria alla proposta di Berlino.
Dal Palazzo di Vetro a New York, il primo ministro disse: "Il Governo albanese appoggia gli sforzi del Segretario Generale su una riforma dell'organismo e in special modo le iniziative riguardanti la riforma del Consiglio di Sicurezza. Noi ci uniamo alle voci che chiedono un'Onu più forte, più organica e meccanismi più efficienti. ... È il tempo di avere un Consiglio di Sicurezza più rappresentante, più trasparente e più flessibile, che rifletterebbe meglio le attuali realtà. Il suo allargamento con nuovi seggi permanenti e non permanenti, aumenterebbe le possibilità per tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite di contribuire al mantenimento della pace e della stabilità internazionale".
Sentitasi tradita, l'Italia non tardò a manifestare il suo risentimento: il ministro italiano degli Esteri, Gianfranco Fini, cancellò la capitale albanese dall'agenda durante il suo recente giro balcanico, mentre la politica dei visti dell'Ambasciata d'Italia a Tirana divenne tutta d'un tratto più restrittiva.
Ma per il capo dell'esecutivo albanese, si trattava solo di un malinteso, che lui personalmente aveva cercato di chiarire con l'omologo Silvio Berlusconi, con il quale si dice in ottimi rapporti personali. Per Nano, gli equivoci nati tra le due capitali sono frutto degli umori all'interno della Casa delle Libertà. "La questione del nostro voto sulla riforma del Consiglio di Sicurezza suscita in Italia incomprensibili reazioni emotive. Soprattutto alla Farnesina", dice Nano nell'intervista pubblicata sul "Corriere della Sera" il 25 maggio scorso.
Il Premier albanese sottolinea di aver chiarito diverse volte con Berlusconi la posizione di Tirana, sia "all'inaugurazione della Scala" che durante la partita Milan-Juve, "e lui mi ha promesso di fare chiarezza". Il cambio di rotta di Tirana Nano lo spiega con la posizione italiana sulla riforma del Consiglio che "evolve con il modificarsi delle circostanze, ma al momento del voto l'Albania voterà assieme all'Italia. È chiaro?".
Ma allora come mai questo disappunto italiano? "Io non posso risolvere i problemi della Casa delle Libertà - risponde Nano, senza risparmiarsi in battute sulla coalizione governativa di Roma - Si parlano, Berlusconi e Fini? Il ministro degli Esteri sapeva quel che io avevo detto a Berlusconi, quando ha deciso di non venire in Albania? Forse è stato un viaggio di Joschka Fisher (ministro tedesco degli Esteri, ndr) a rendere nervosi gli italiani, oppure da voi c'è qualcuno che vuole fare carriera? Io non posso saperlo e non è mio compito saperlo. Noi all'Onu abbiamo un voto soltanto, e su come lo utilizzeremo mi sembra di essere stato chiaro. Spero che questo serva a migliorare i nostri rapporti".
In caso ci fosse bisogno di ulteriori chiarimenti, il 25 maggio scorso Nano volò ad Istanbul a seguire la finale di Champions League, accanto all'omologo turco Erdogan e a quello italiano Berlsuconi. Per la stampa di Tirana si trattava di un vero viaggio diplomatico: a Erdogan ha confermato la vendita di "Albtelekom" (la compagnia di telefonia fissa in Albania) ad una società turca, a Berlusconi invece ha confermato un'altra volta quanto già detto in precedenza.
Il telefono rotto di Berlusconi
Tuttavia, anche prima del discorso di Nano a New York, i media albanesi avevano parlato di un raffreddamento nelle relazioni tra Tirana e Roma. Secondo gli analisti locali, la vera causa di questi dissapori sarebbe la promessa mancata da parte italiana di aiutare l'Albania a Bruxelles e Strasburgo.
Durante la sua visita a Tirana nell'autunno del 2002, Berlusconi aveva promesso molto: "Ho detto al Presidente, al Premier e al capo del PD di contattare me al telefono ogni volta e su qualsiasi problema" - disse allora, aggiungendo che - "l'Italia continuerà ad essere l'avvocato dell'Albania nell'UE".
In realtà, "l'assistito" non sembra molto contento del proprio avvocato: all'Italia viene rimproverato di non aver fatto molto, neanche durante la propria presidenza dell'Unione, quando l'Albania veniva raggruppata tra i cosiddetti "Paesi dei Balcani occidentali", insieme alle ex-repubbliche jugoslave che erano appena uscite dalle guerre, mentre ad altri Stati dell'Europa dell'est Bruxelles concedeva maggiori libertà.
L'Italia non ha preso le difese dell'Albania neanche durante gli attacchi (respinti da Tirana) della presidenza olandese su presunti problemi con le minoranze etniche. Non è riuscita a sconfiggere la freddezza francese e neanche l'ostruzionismo ellenico nei riguardi dell'integrazione del Paese. L'ultimo esempio è di pochi giorni fa, quando la Grecia ha detto un altro no al progetto del Corridoio 8, una rete infrastrutturale che collegherebbe le città di Bari e Brindisi - passando per l'Albania - col Mar Nero. Nonostante l'Italia sia uno dei Paesi più interessati, non è riuscita a far entrare il progetto fra le priorità di Bruxelles.
Forse è il caso che qualcuno a Tirana provi a chiamare di nuovo Roma, con la speranza che questa volta il telefono dell'"avvocato" funzioni. Altrimenti, bisognerebbe trovarne un altro... e Berlino potrebbe essere uno dei candidati.
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