I socialisti albanesi entrano nella più profonda crisi da quattordici anni a questa parte. Il partito si spacca in due: Fatos Nano da una parte e Ilir meta dall'altra. Quest'ultimo fonda un suo partito, il Movimento per l'integrazione (Lsi)
Tre anni fa, nel novembre del 2001, una socialista di Berat divenne un personaggio fiabesco. L'allora Premier Ilir Meta e il capo del Partito socialista (Ps), Fatos Nano, al culmine di uno dei tanti disaccordi tra loro, si trovavano a Berat per un incontro con la base, mentre la donna, che non ce la faceva più a sopportare i loro battibecchi, disse: "Non vogliamo né acqua, né luce e né pane, basta che il compagno Ilir e il compagno Fatos facciano pace!". La sua voce tremante fece stupire tutti, diventando una specie di "credo" politico del partito più solido nel Paese, almeno fino ad un mese fa: il vertice dei socialisti si convinse che l'elettorato sarebbe rimasto compatto e non avrebbe abbandonato per nessuna ragione il partito, nonostante i sacrifici.
Pure i socialisti si spaccano
Ma prima ancora dell'elettorato, quelli che non ce l'hanno fatta a rimanere sotto lo stesso tetto sono proprio Nano e Meta. Come da tempo annunciato, quest'ultimo ha fondato ufficialmente a settembre un nuovo partito, il Movimento socialista per l'integrazione (Lsi), togliendo a Nano in un colpo solo ben 9 deputati e circa 60 dirigenti locali dalle strutture del Ps. È bastato questo e la sirena d'allarme nella "sede rosa" ha cominciato a suonare.
Nano ha perso, di fatto, la maggioranza assoluta e per rimanere al governo necessita dei voti dei cinque partiti alleati che, vista la situazione, gli hanno subito chiesto maggiore rappresentanza nell'esecutivo. Dall'altra parte, il Premier ora deve fare i conti anche con i suoi. Dopo la separazione del gruppo di Meta, i socialisti hanno intrapreso una campagna di accuse interne, dove non sono mancate neanche le minacce.
Per mettere freno alla situazione che rischiava di sfuggirgli di mano, Nano ha deciso di convocare il Consiglio generale del partito per il 2 ottobre e a gennaio il Congresso nazionale. Intanto, proseguivano le polemiche tra chi chiedeva dei cambiamenti nelle strutture dirigenti per uscire dall'ennesima crisi e chi ne era contro. Tra i più convinti, Erion Brace, deputato e redattore capo di "Zeri i Popullit", organo del Ps, che ha accusato i suoi colleghi di essere "incapaci", "perdenti", "corrotti" e "consumati". "Nel vertice del partito - ha detto - vedo gente dalle unghie non tagliate, infilate fortemente nel corpo del Ps che perde sangue. Non capisco perché debba succedere così, perché si debba sacrificare il Ps per le loro carriere. Questo è scandaloso e nessun socialista glielo perdonerà".
E le prime reazioni non hanno tardato ad arrivare. Bardhyl Agasi, segretario per le Relazioni con il pubblico, si è dimesso, rifiutando di sopportare l'ironia di Nano nei suoi confronti. Secondo gli analisti, il leader socialista per il momento sta cercando di provocare le dimissioni dei vari segretari, preparandosi a sferrare l'attacco a gennaio verso quelli che fino ad ora hanno cercato di resistere stringendo forte le poltrone.
Mentre i socialisti soffrono la peggior crisi degli ultimi 14 anni, dalla loro creazione, a stupire e preoccupare nello stesso tempo è il leader dell'opposizione Sali Berisha. Dopo l'emorragia tra le file dei socialisti, tutti si aspettavano che l'ex Presidente se ne approfittasse chiedendo al Premier una verifica della sua maggioranza in Parlamento. Ma Berisha ha preferito "aspettare il momento giusto", cosciente del fatto che le elezioni anticipate non sono proprio ciò che gli conviene. Infatti, il capo del Partito democratico deve faticare ancora tanto per riconquistare la fiducia degli elettori, ma anche quella delle capitali internazionali. Ed intanto assilla con le sue dichiarazioni i pensieri di tutto il mondo politico. "La questione del voto in Albania è diventata un problema mondiale - ha detto - È stata denunciata nel Congresso americano, a Strasburgo, nel Parlamento europeo, ovunque. Ma chi risolverà il problema? Chi ha risolto il problema dei georgiani? Loro stessi". Questa è l'ultima provocazione di Berisha, avvertendo tutti che in caso di un risultato negativo alle elezioni del giugno 2005 intende applicare il modello georgiano. Berisha ha minacciato di tornare di nuovo in piazza per rovesciare il Governo, come fece l'opposizione georgiana dopo le elezioni del novembre 2003.
Finalmente, "capo"
Ha cercato per tanti anni di essere lui il numero uno, dichiarando spesso guerra a Fatos Nano, storico leader dei socialisti. Ma negli ultimi mesi, Meta si è reso contro che per arrivare a ciò bisognava andare via di casa. Ed ecco che nasce il Lsi, Movimento socialista per l'integrazione. A dirigerlo è lui, però questo per l'ex premier non basta. Nella sua prima dichiarazione come capo di un partito parlamentare, Meta ha fatto sapere che alle prossime elezioni, Lsi punta ad essere la prima forza politica nel Paese. È solo un sogno, oppure ci crede veramente? A giudicare dalla sua 14enne carriera in politica, Meta non è mai stato un "giocatore" di periferia, intraprendendo spesso progetti chiari con lo scopo di stare ai vertici della politica. È quanto basta a fare pensare che crede realmente nell'obiettivo annunciato.
Un'altra domanda suscitata dalla dichiarazione di Meta è la seguente: che intende per "la maggior forza politica"? Vista la sua esperienza, sembra ragionevole pensare che Meta non spera di avere il 50% o più dei seggi al Parlamento. Sicuramente, punta ad un risultato che gli darebbe più voti del Ps o del Pd, ma non tale da permettergli di governare da solo. Basta prestare attenzione alle delusioni persistenti dell'elettorato, sia da parte dei democratici che dei socialisti, per capire che le chance non gli mancano. E mentre i socialisti aspettano con ansia il Congresso di gennaio, che deciderà sulle loro sorti, Meta si è già messo al lavoro aprendo le sedi di Lsi nelle varie città.
...ah, la storia della famosa socialista di Berat. Per caso, qualche giorno fa, durante un convegno di Lsi proprio a Berat, si è saputo che l'eroica socialista di tre anni fa non ce l'ha fatta a vincere la sfida della povertà e sopportare le liti tra i socialisti. È emigrata. La stampa locale ha fatto sapere che vive in un paesino dell'Italia meridionale, lontana dal "compagno Ilir" e dal "compagno Fatos".
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