© Aleksandra Suzi/Shutterstock

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I commenti discriminatori di molti esponenti politici esacerbano i pregiudizi e incoraggiano in Albania un ambiente ostile per la comunità LGBTQ+, i cui membri vivono quotidianamente discriminazione e isolamento, spiega l'attivista locale Amarildo Fecanji

15/11/2024 -  Fjori Sinoruka

(originariamente pubblicato da Balkan Insight )

"Chiunque attacchi il concetto di famiglia merita solo il nostro disgusto! Lunga vita alla famiglia! Lunga vita alla madre! Lunga vita al padre!".

Con questo post su Facebook all'inizio di ottobre, Adriatik Lapaj, che guida il piccolo partito Shqiperia Behet, ha riacceso il dibattito pubblico sul matrimonio e l'adozione tra persone dello stesso sesso in Albania e ha contribuito a scatenare una nuova ondata di discorsi d'odio contro la comunità LGBTQ+.

La questione è stata in cima all'agenda pubblica nel 2021, quando è scoppiata la frenesia mediatica sulle famiglie omo-genitoriali, dopo che le autorità si erano rifiutate di registrare una coppia di donne come genitori di due bambine (solo una poteva essere riconosciuta come genitore single).

Gli attivisti sono stati accusati di voler rimuovere le parole "madre" e "padre" dall'anagrafe e sostituirle con "genitore 1" e "genitore 2".

Le speculazioni sui tabloid sono continuate anche dopo che gli attivisti hanno spiegato che il loro unico scopo era registrare le due bambine come nate da una relazione tra due donne.

Lapaj, che ha 73mila follower su Facebook, ha riportato la questione in prima pagina, ma la retorica discriminatoria non è mai veramente scomparsa, secondo Amarildo Fecanji, un esperto indipendente e attivista per i diritti umani e le questioni LGBTQ+ a Tirana.

"La retorica politica albanese contro la comunità lesbica, gay, bisessuale, trans, intersessuale e queer è storicamente problematica e sfortunatamente molto sbilanciata", spiega Fecanji a BIRN in un'intervista.

"Ciò significa che la retorica negativa ha prevalso su quella positiva, trasferendo l'onere di 'proteggere' la comunità LGBTQ+ alle istituzioni per la protezione dei diritti umani, agli attivisti della società civile e ad altri gruppi", aggiunge.

"Il linguaggio della politica albanese nei confronti di questa comunità, nella migliore delle ipotesi, è una sorta di messaggio superficiale sul 'rispettare la diversità'. Nella peggiore delle ipotesi, rafforza i pregiudizi della società e incita alla violenza e all'odio", afferma.

Aggiunge che alcuni politici albanesi si concentrano sul negare i diritti familiari alle persone LGBTQ+ e stanno usando questa questione per sostenere che dovrebbero essere negati anche altri diritti.

"I diritti familiari non sono l'unico obiettivo della nostra comunità, sebbene siano molto importanti; ci sono molte altre questioni relative all'accesso a beni e servizi, istruzione, salute, lavoro, protezione dalla violenza e dalla discriminazione e così via", sottolinea.

Fecanji afferma che il linguaggio utilizzato da alcuni politici ha avuto un impatto diretto, aumentando la violenza contro la comunità LGBTQ+. "Negli ultimi anni, per la prima volta nella storia dell'Albania moderna, ci siamo imbattuti in dichiarazioni problematiche da parte di partiti di destra. Sebbene non abbiano promosso violenza o aggressione nei confronti della comunità LGBTQ+, i loro messaggi di rifiuto, in particolare sui diritti della famiglia, rendono più difficile accettare e rispettare i diritti della comunità", afferma Fecanji.

Discriminazione e isolamento

Un altro recente commento anti-LGBTQ+ è arrivato da Pano Soko, un politico del piccolo partito Nisma Thurje, che si è lamentato del fatto che le persone LGBTQ+ stessero beneficiando di un programma di edilizia popolare del comune di Tirana, sostenendo che si trattasse di discriminazione contro gli eterosessuali.

Sokos ha pubblicato un video su TikTok in cui affermava che programmi come questo sono una china scivolosa che alla fine porta all'accettazione delle famiglie omogenitoriali.

"Il mio problema è che si inizia così e poi si finisce con 'genitore 1' e 'genitore 2'. E ho un'ultima parola per [il sindaco di Tirana] Erion Veliaj: in questo paese la famiglia è sacra, per la sinistra e per la destra. In questo Paese, a sinistra e a destra, una madre si chiama madre e un padre si chiama padre", ha dichiarato Sokos, il cui account TikTok è seguito da 16.700 persone.

L'organizzazione per i diritti umani con sede a Tirana Aleanca LGBT ha risposto sottolineando che la legge sulla casa, in vigore dal 2018, ha lo scopo di aiutare tutte le persone vulnerabili a rischio di rimanere senza casa.

"Beneficiano di questa politica quei cittadini LGBTQ+ che sono sottoposti a violenza e discriminazione sistematiche, comprovate da denunce alla polizia e agli organi competenti, a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere e che, di conseguenza, si trovano in condizioni economiche e sociali sfavorevoli", ha affermato Aleanca LGBT.

"Parliamo di persone LGBTQ+ abusate e scacciate dalle proprie famiglie, o che non riescono a trovare lavoro a causa della discriminazione e non hanno un reddito per i bisogni di base, come l'alloggio", ha aggiunto.

Fecanji sostiene che le persone LGBTQ+ in Albania sono altamente vulnerabili.

“La comunità affronta numerose sfide: discriminazione, violenza, difficoltà di accesso ai servizi, esclusione dalle opportunità economiche e da altri sussidi e, in molti casi, solitudine e isolamento. La comunità LGBTQ+ non ha ancora spazi collettivi, come bar o altri centri [sociali], dove incontrarsi e creare una cultura sostenibile", spiega.

"I pochi luoghi esistenti sono solo a Tirana e non necessariamente accessibili a tutti. Le scuole non affrontano adeguatamente il bullismo, gli ospedali e i centri medici non hanno servizi comunitari adeguati e i datori di lavoro non affrontano adeguatamente la discriminazione e i maltrattamenti sul posto di lavoro. Le persone transgender non sono riconosciute legalmente come tali e i loro bisogni vitali sono completamente ignorati", aggiunge.

Alla domanda su cosa sia necessario per migliorare la situazione, Fecanji risponde: "Volontà politica, impegno serio e concreto, empatia, dialogo, impegno da parte di partiti politici, istituzioni indipendenti, insegnanti, ricercatori, sociologi, psicologi, medici, assistenti sociali, datori di lavoro, aziende, sindacati, società civile, media e molti altri gruppi.

"È necessario un approccio visionario e orientato alle soluzioni, non un gergo inutile", esorta.

Nota che molte persone LGBTQ+ attive nella vita pubblica e politica non hanno fatto coming out.

"Una persona LGBTQ+ in Albania deve sempre calcolare le conseguenze che potrebbero verificarsi se facesse coming out in famiglia o in un ambiente sociale o professionale", afferma.

Ritiene che l'Albania abbia già leggi chiare per proteggere i diritti umani e garantire la non discriminazione, quindi politici, parlamentari, dipendenti pubblici e amministratori dovrebbero sostenerle.

"Questi soggetti dovrebbero iniziare a implementare le leggi, i codici, le risoluzioni, i regolamenti e le politiche già adottate e metterli in atto", esorta.

"Soprattutto, il parlamento albanese deve coltivare uno spirito di tolleranza e rispetto e diventare il custode della protezione dei diritti della comunità LGBTQ+ così come di tutti gli altri gruppi vulnerabili ed emarginati in Albania".


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