La sfida del Covid può rappresentare un'opportunità storica per i Balcani occidentali per rafforzare il rapporto con l'UE e promuovere la sanità e lo sviluppo economico. Un commento
La corsa al vaccino è un esempio storico di ciò che la ricerca scientifica può raggiungere, ma ha anche evidenziato le sfide politiche nell'affrontare una crisi sanitaria globale.
Per l'UE, il lancio del vaccino è un test politico non solo all'interno dei suoi confini, ma anche nel suo vicinato. Mentre molti paesi europei hanno iniziato le loro campagne di vaccinazione già nel dicembre 2020, tanti paesi candidati nei Balcani occidentali stanno ancora aspettando il loro primo vaccino.
La posta in gioco non potrebbe essere più alta. Come medico ed ex viceministro della salute dell'Albania, sono preoccupato che il continente europeo sarà limitato a un'immunità parziale se i Balcani occidentali non saranno vaccinati a un ritmo più veloce. L'impegno dell'UE di stanziare 70 milioni di euro per la vaccinazione dei sei paesi del blocco è un passo nella giusta direzione. L'UE è anche il più grande contribuente del meccanismo COVAX dell'OMS, che sosterrà la consegna della vaccinazione nei Balcani e in altri paesi meno privilegiati del mondo.
Eppure, senza ulteriore sostegno, i Balcani occidentali rimarrebbero ancora molto indietro. Infatti, in tutti i primi due trimestri del 2021, l'Albania dovrebbe ricevere solo 141.600 dosi dall'iniziativa COVAX, la Bosnia Erzegovina 153.600 e il Montenegro 84.000. Queste sono appena sufficienti a coprire le parti più vulnerabili delle popolazioni dei paesi, per non parlare del raggiungimento dell'immunità di gregge.
I Balcani hanno bisogno dell'Europa più che mai ed è vitale lavorare tutti insieme per aumentare la cooperazione e il coordinamento per garantire un maggiore sostegno da parte dei nostri partner europei. Questo, però, non significa che dobbiamo semplicemente fare richieste e aspettare che arrivino gli aiuti; questo è un momento di responsabilità e, a livello nazionale, dobbiamo fare il meglio che possiamo nei nostri paesi per proteggere le nostre persone in questi tempi difficili.
Purtroppo, in Albania - come in molte parti del mondo - questa pandemia ha enfatizzato le difficoltà di fondo del nostro governo e del sistema sanitario. Le sfide dell'infrastruttura sanitaria del paese erano già gravi - la capacità di fare test, rintracciare e curare è limitata, e molti medici e infermieri hanno lasciato l'Albania per migliori opportunità altrove in Europa. Manca ancora una strategia nazionale di gestione del COVID-19 e abbiamo avuto poca trasparenza da parte del governo sull'esistenza o meno di un accordo con le aziende produttrici di vaccini; sia i politici che gli elettori sono all'oscuro. Questa mancanza di trasparenza e di condivisione delle informazioni ha eroso la fiducia del pubblico, un elemento chiave per il successo di qualsiasi campagna di vaccinazione.
Per voltare pagina, è vitale assicurare il coordinamento e il sostegno dell'UE. Ma è altrettanto vitale dimostrare leadership e determinazione e offrire al nostro popolo una strategia precisa e un piano di uscita da questa grave situazione. Dobbiamo agire rapidamente, le conseguenze dei ritardi non devono essere sottovalutate. Oltre al tragico costo umano delle vite perse, le chiusure e le altre restrizioni continueranno ad avere un impatto sulle economie locali e ad impoverire le comunità. La perdita della libertà di movimento, del commercio, degli scambi culturali, delle opportunità di lavoro e di istruzione ci costerà cara - soprattutto ai nostri giovani.
Possiamo ancora trasformare questa sfida in un'opportunità storica per i Balcani occidentali per rafforzare il nostro rapporto con l'UE e promuovere la sanità, lo sviluppo economico e la stabilità nei nostri paesi per gli anni a venire. Noi, come esseri umani, dobbiamo lavorare insieme; come diceva John Donne: "Nessun uomo è un'isola... se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita".
* Bardh Spahia è ex vice ministro della Salute dell'Albania ed ex segretario generale dell'Ufficio del Presidente della Repubblica. È una delle figure chiave del Partito Democratico Albanese e dal 2017 è un membro del Parlamento che rappresenta la sua città natale, Scutari. Chirurgo di professione, ha studiato medicina nelle Università di Tirana e La Sapienza di Roma e ha lavorato in vari ospedali del Nord Italia per molti anni. Nel 2005, il dottor Spahia è tornato in Albania per servire come direttore generale del Ministero della Salute e, successivamente, come vice ministro della Salute. È stato personalmente coinvolto nella negoziazione e nella firma di accordi sanitari con le controparti europee e le organizzazioni sanitarie internazionali. È stato politicamente attivo fin dalla giovane età, come uno degli organizzatori di proteste contro il regime comunista albanese e come sostenitore dei diritti e delle condizioni di vita degli studenti.
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