Matrimoni e divorzi. Quanto influiva il partito in questi momenti cruciali della vita familiare? Una raccolta di testimonianze. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Fu una semplice discussione al bar che mi diede lo spunto per lavorare sul periodo comunista, con l'intento di conciliare due anime. Quella teorica, sviluppata al meglio da Arendt ne “Le origini del totalitarismo” e quella pratica, ovvero la raccolta di testimonianze di persone che hanno vissuto in Albania durante il periodo 1945-1992. Sono partito da due momenti cruciali all'interno delle famiglie, matrimonio e divorzio, per cercare di capire come su questi momenti influisse il Partito. Qui di seguito vengono riportate alcune delle testimonianze raccolte.
Al bar. La storia di Petrit
Il discorso si era acceso sulla questione dei perseguitati politici albanesi e Arben intervenne dicendo: “Anche a mio padre è stato chiesto di divorziare da mia madre, perché lei era figlia di kulak (così venivano chiamati i perseguitati politici, ndr), ma lui non accettò!”. Alla mia domanda se ebbero delle conseguenze egli rispose: “Nessuna conseguenza! Elton tu sei giovane e non lo sai, ma non era tutto come la raccontano loro. Vedi mio padre lasciò la tessera del Partito e non gli fecero niente!”.
Alcuni mesi più tardi ho poi rintracciato il signor Petrit, il padre di Arben, che mi ha raccontato che da giovane - erano i primi anni dell'instaurazione del regime in Albania (1945-1948) - aveva dato il suo contributo da volontario nella costruzione delle idrocentrali, dell'impianto siderurgico di Elbasan e nella costruzione della rete ferroviaria nell'Albania centrale. Per questo ricevette anche il titolo di “Hero i Punes Socialiste” (Eroe del lavoro socialista). Il Partito gli era riconoscente. Però poi si era spostato con una figlia di kulak e al Partito questo non andava. Inoltre era accaduto durante uno di quelli che lui stesso definiva periodi di terrore - periodi di forte controllo, ad esempio durante le grandi rotture, prima con gli jugoslavi, poi con i sovietici e infine con cinesi.
Gli venne consigliato quindi, come membro del Partito, di divorziare dalla moglie (da cui aveva avuto due figli, di cui il secondo aveva solo quattro anni). Egli andò a parlare all'Organizzazione di Base del quartiere, che in quel periodo era presieduta in veste di segretario da un suo vicino di casa, nonché amico e compagno nelle spedizioni volontarie. Con la “giustificazione” che aveva due figli da crescere e con la promessa che sua moglie avrebbe tagliato tutti i legami con la sua famiglia d'origine, il signor Petrit riuscì a non divorziare ma comunque dovette rinunciare alla tessera del Partito.
Non vi furono altre conseguenze, tranne una, che racconta con un certo rammarico ancora oggi. Quando andò a consegnare la tessera gli venne detto che avrebbe perso anche il riconoscimento per il suo lavoro volontario. E questo gli dispiacque. Poté comunque crescere i suoi figli con una madre e in una famiglia normale.
Il matrimonio e la testimonianza di Armand
Secondo il vocabolario della lingua italiana Zanichelli, il matrimonio è “un accordo fra un uomo e una donna stipulato alla presenza di un ufficiale dello stato civile o di un ministro di culto, con cui i soggetti contraenti si impregnano a instaurare e mantenere fra essi una comunanza di vita e di interessi”. Solitamente i modelli che portano ad un matrimonio sono due: il primo è quello di due persone che si amano e decidono di coronare il loro amore nel matrimonio e il secondo è il matrimonio combinato. In quest'ultimo caso viene coinvolta solitamente una terza persona, conoscente probabilmente di tutti e due i futuri coniugi, che va a parlare con i genitori sia del ragazzo che della ragazza e organizza un incontro tra i due. Se si piacciono e le famiglie sono d'accordo, o meglio danno la loro benedizione, il matrimonio si fa.
Nel periodo comunista vi era però un altro fattore di cui tener conto. Il signor Armand - nipote di un grande proprietario terriero a cui venne confiscato tutto durante la riforma agraria - è oggi in pensione. E' originario di Belsh, una piccola cittadina vicina a Elbasan, ed ha lavorato per una vita in una ferma (cooperativa agricola). Nel matrimonio di sua figlia maggiore, oltre al lajmsit (mediatore) era intervenuto anche il Partito. Kujtim, il suo futuro genero, era figlio di un ex-deputato della città di Elbasan, e in quel periodo aveva fatto richiesta della tessera del Partito, per accontentare il padre. Il Partito vedendo in lui un futuro “carrierista” aveva deciso di “prendersi cura” del suo matrimonio. Quando si ufficializzò il loro fidanzamento, dalla Organizzazione di Base partì un'indagine. L'ispettore locale del partito andò ad incontrare il segretario dell'Organizzazione di Base di Belsh. Da lì ad una settimana il segretario assieme all'ispettore fecero una riunione con dei membri del partito a Belsh. In questa riunione si discusse del matrimonio di Kujtim.
Ai membri del partito locale venne chiesto chi era il padre e il nonno della ragazza, da che strato sociale provenissero, quale era la loro situazione economica, se erano stati coinvolti nella riforma agraria o meno. Qualcuno di loro era mai stato in carcere? Alla fine della riunione l'ispettore formulò una relazione scritta, mandata poi al Comitato Locale del Partito, a Elbasan, il quale doveva decidere se Kujtim doveva essere ammesso nel partito come membro o no.
Le conclusioni della relazione furono negative, ma Kujtim decise di proseguire per la sua strada. L'ispettore si recò a sorpresa nella fabbrica dove lavorava e in mezzo ai colleghi lesse la relazione e disse a tutti che Kujtim non meritava la tessera del Partito e che si doveva vergognare di sposarsi con una donna proveniente da tale famiglia!
La fuitina di Blerta
La moglie di Armand, la signora Blerta, mentre parlavamo ci preparava un caffè. Intervenne dicendo: "Perché non racconti anche la nostra storia?!”. "Meglio se lo fai tu", rispose lui. Armand, abbiamo già detto, era nipote di proprietari terrieri e quindi ritenuto un kulak. Il padre di Blerta era invece membro del Partito a Belsh e gli venne consigliato di non far sposare la figlia con un kulak. Non sapeva cosa fare. Da una parte c'era il Partito, dall'altra la felicità di sua figlia: anche perché se ti eri già fidanzata una volta poi difficilmente trovavi un marito "dignitoso". Chi aveva le idee chiare era la madre della signora Blerta, a cui il futuro genero stava particolarmente a cuore.
Così, se le cose si mettevano male e se il Partito non dava la “benedizione” a questo matrimonio, ella aveva già deciso che si doveva usare la tattica della fuitina (Rrembimi in albanese). Se poi il Partito chiedeva spiegazioni si poteva sempre dire che i genitori erano contrari al matrimonio, però i figli avevano fatto di testa loro. Così la famiglia della ragazza non rischiava niente. Poi per un po' di tempo, affinché la situazione si tranquillizzasse, la nuova sposa interrompeva ogni rapporto con i genitori. Blerta non vide i suoi genitori per quasi sei mesi
Il divorzio e le storie di Hysen, Artur e Besnik
Il Partito ti “consigliava” anche quando divorziare. Hysen era operaio semplice presso il cementificio di Elbasan. Nella metà degli anni '70 era sposato e aveva un figlio. Essendo figlio di un kulak sapeva già il suo destino. Con il padre ucciso dal regime, il fratello maggiore perseguitato, arrestato e poi internato, anche egli si sentiva prossimo alla carcerazione.
Ben sapendo la sua sorte decise di “spontanea volontà” di divorziare. Se non l'avesse fatto sua moglie e suo figlio sarebbero stati internati a Belsh, dove egli finì a vivere dopo otto anni di carcere. Ogni giorno prendeva un pullman per fare lavori manuali e pesanti nel cementificio locale. Hysen si rifece poi una vita risposandosi. Suo figlio divenne, dopo la caduta del regime, giudice.
A Artur invece fu direttamente il partito a “consigliare” il divorzio. Artur ha studiato architettura in Cecoslovacchia. Lì conobbe una ragazza di cui si innamorò e che portò in Albania per sposarsi. Da lei ebbe un figlio. Negli anni '60, dopo la rottura con l'Unione Sovietica, da parte del Partito gli venne “consigliato” di divorziare perché non era tollerabile che lei continuasse ad abitare in Albania, in quanto potenziale spia. Artur seguì il consiglio del Partito e mandò la moglie e il figlio all'aeroporto, destinazione Praga. Lui si rifece una vita, risposandosi con una nuova compagna da cui ebbe due figli. Nel '93, dopo quasi trent'anni, andò con la famiglia nella Repubblica Ceca per incontrare il figlio e la ex-moglie.
Se la maggior parte delle persone ascoltavano il “consiglio” del Partito, c'era qualcuno come il signor Besnik che ha provato ad andare contro corrente. Besnik era un alto ufficiale dell'esercito a Divjaka. Aveva conseguito la laurea in Unione Sovietica dove si era innamorato di una ragazza russa, poi diventata sua moglie e che insieme a lui era venuta a vivere in Albania. Gli venne consigliato di divorziare. Ma decisero di non separarsi. A Besnik venne ritirata la tessera del partito e finì a fare lavori pesanti in un'azienda agricola di Elbasan. Lei, nonostante fosse laureata, finì a fare le pulizie in una falegnameria.
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