Sali Berisha si propone per la terza volta come premier alle elezioni del 23 giugno in Albania, ma il rivale Rama è convinto di riuscire ad ottenere il potere, grazie anche al recente sostegno di Ilir Meta. Nascono intanto altre formazioni che potrebbero essere decisive per la formazione del prossimo esecutivo
Le elezioni del prossimo 23 giugno saranno di cruciale importanza per l’Albania. L’attuale premier Berisha si prefigge di riconfermare il mandato per la terza volta, il leader del PS Edi Rama è convinto invece di riuscire a portare i socialisti al potere.
Ma al noto bipolarismo intransigente della politica albanese si sono aggiunte diverse formazioni politiche che, se proprio non riusciranno a fungere da terzo polo, saranno cruciali per formare il prossimo governo e determineranno gli sviluppi post elettorali. Tra gli analisti più pessimisti, invece, non manca chi prevede disordini ed eventuali escalation di tensione.
Prima si odia, poi si ama
Alla vigilia dell'apertura della campagna elettorale, lo scorso 1 aprile, ha avuto luogo una svolta che potrebbe cambiare il destino politico del paese: il Movimento socialista per l'integrazione (LSI) di Ilir Meta, che ha governato a fianco di Berisha negli ultimi quattro anni, si è schierato a fianco del Partito socialista (PS) di Edi Rama. La notizia, appena trapelata, è sembrata a molti un pesce d’aprile, visto che Ilir Meta e i suoi pochi deputati, pur essendo di sinistra ed ex membri del PS, si erano alleati con il Partito democratico (PD) di Sali Berisha in occasione delle ultime elezioni politiche del 2009, garantendo loro la maggioranza necessaria per formare il governo e creando una profonda lacerazione a sinistra.
L'LSI per di più si era alleato con Berisha in uno dei momenti più conflittuali della recente storia albanese, in seguito alla manifestazione del 21 gennaio 2011 dove persero la vita tre manifestanti.
Ma i rancori e le divergenze sembrano ora cancellati con un solo colpo di spugna in nome di un fine comune: ottenere il potere e sconfiggere Berisha.
Nessuna vergogna
“Io sono un individuo che sa comportarsi diversamente a seconda del sistema in cui si trova”, ha commentato Edi Rama, trovandosi bersaglio delle critiche e dello scontento di molti militanti socialisti, giornalisti e semplici cittadini che hanno espresso la loro indignazione sui social network. “Noi vinceremo le elezioni e governeremo con l'LSI e con gli altri alleati. Il PS governerà in quanto primo partito della coalizione”, ha rassicurato il leader socialista.
La nuova alleanza del 1 aprile, però, non fa che confermare lo strapotere delle cancellerie di partito in Albania e la distanza tra l’elettorato e i politici.
Per quanto presentata come pragmatica, l’alleanza tra PS e LSI potrebbe tuttavia non giovare del tutto alle due formazioni politiche tenendo conto del discredito in cui è caduta la sinistra albanese negli ultimi anni, che potrebbe essere aggravato dalla delusione provocata dall’alleanza con l'LSI.
Pandeli Majko, uno dei politici più noti del PS, in modo cauto ha accennato a un necessario adeguamento alle decisioni prese dal partito senza però nascondere la diffidenza nei confronti dell'LSI.
La marcia solitaria su Tirana
Conterà non poco nello scacchiere politico una delle formazioni politiche creatisi più di recente, l’Alleanza Rossonera di Kreshnik Spahiu. In vista delle prossime elezioni Spahiu non si è ancora schierato in modo chiaro. In ogni caso, tra sporadiche dichiarazioni contro Berisha e slogan nazionalisti, sembra via via indebolirsi la sua intransigenza nel volersi presentare come unico degno di rappresentare il terzo polo nella politica albanese.
Populista e nazionalista, senza un programma politico concreto, finora l’Alleanza Rossonera sembrava poter attirare i voti di protesta degli albanesi scontenti sia dalla destra che dalla sinistra, oltre a quelli dei giovani nazionalisti.
Facendosi forte dei cliché del nazionalismo albanese ottocentesco, sembrava che l’Alleanza Rossonera fosse un partito sempre più sostenuto dai giovani.
Non sembra però confermare queste convinzioni quanto avvenuto in piazza lo scorso 7 aprile. Con lo slogan “un 7 aprile senza Berisha” l’Alleanza Rossonera aveva infatti indetto una manifestazione di protesta contro il premier, ma anche in chiave nazionalista ricordando quel 7 aprile 1939 in cui le truppe dell’Italia fascista sbarcarono in Albania.
“Dio innanzitutto, e poi l'Albania” è stato il nuovo slogan lanciato da Spahiu che ha provocato l’ironia e la confusione di non pochi albanesi sui social network.
Spicca la totale mancanza di cautela nello sfoggiare apertamente uno slogan controverso, che richiama il “Gott mit uns” iscritto sulle fibbie delle cinture dei soldati della Wehrmacht, di nazista memoria, e l'episodio fa riflettere sulla scarsa sensibilità che regna in Albania nei confronti del linguaggio fascista e della potenziale gravità di tali dichiarazioni.
Nelle prossime settimane Spahiu dovrà decidere del suo futuro politico. Quel che appare più probabile, per ora, è che non si alleerà con alcuna formazione vicina a Berisha.
Nel frattempo il PS ha espresso la volontà di scendere a patti con Spahiu. In tal caso però la carta nazionalista dovrà diventare sempre più secondaria per l’Alleanza Rossonera visto che, anche sotto pressione internazionale, Edi Rama ha messo in chiaro che non appoggerà “il nazionalismo antiquato, e le varie formule che promettono il paradiso ma comportano l’inferno”.
Il voto bianco
Tra politici opportunisti e screditati, partiti clientelistici e un'offerta elettorale fatta di slogan appariscenti ma privi di proposte concrete, lo scontento dei cittadini diventa sempre più visibile, grazie soprattutto ai social network.
Un gruppo di persone, tra cui numerosi giornalisti, attivisti della società civile di Tirana e alcuni intellettuali della diaspora, ha lanciato l’iniziativa “Protesta con il voto” con cui si invitano i cittadini a votare scheda bianca, mettendo una croce sopra la scheda elettorale, oppure scrivendo dei messaggi rivolti ai politici.
“Siamo un movimento senza leader, siamo delusi e non ci sentiamo rappresentati da nessuna formazione politica”, spiega a OBC Alida Karakushi una delle promotrici dell’iniziativa, “nelle elezioni precedenti non abbiamo votato per protesta. Ora vogliamo identificarci ed esprimere apertamente la nostra indignazione”.
L’iniziativa inaugura un nuovo modo di partecipazione politica da parte dei cittadini albanesi. Rimane però da vedere l’impatto che può avere in un paese dove è esattamente lo scrutinio dei voti a costituire il vero tallone d’Achille della democrazia.
Inoltre, nelle ultime elezioni, l’afflusso alle urne è stato intorno o inferiore al 50%, e il voto bianco potrebbe radicalizzare e facilitare l’ottenimento dei voti da parte dei partiti meglio organizzati in strutture di militanti.
Lo scopo dell’iniziativa è la protesta, e il suo successo dipenderebbe soprattutto dalla ricettività e dalla visibilità del fenomeno. Per il resto i politici albanesi, almeno nel breve periodo, potranno continuare a dormire sonni tranquilli e proseguire nella loro condotta opportunistica e autoreferenziale.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa.
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