A poche settimane dalla tornata per le elezioni politiche, in Albania si scatena un forte dibattito sull'attendibilità dei sondaggi elettorali. Sono proprio i politici locali a temere e sconfessare i sondaggi, presentati come la novità di queste elezioni
La campagna elettorale per il voto del prossimo 3 luglio, che porterà gli Albanesi alle urne per scegliere il nuovo Parlamento, si è aperta ufficialmente pochi giorni fa con un colpo di scena: un sondaggio della "Gallup International" per conto del movimento indipendente "Mjaft!" sottolinea la perdita di terreno dei socialisti di Nano e ridimensiona l'eccessivo ottimismo di vittoria di Berisha. Entrambi i partiti sono infatti posizionati al 34%, inseguiti dal Movimento Socialista per l'Integrazione (LSI) di Ilir Meta (10%). Risultati che vedono impegnati in un dibattito sulla loro credibilità politici, sociologi ed addirittura ambasciatori stranieri. Indicati come la novità di queste elezioni, i sondaggi elettorali hanno rivelato in realtà la paura che nutre nei loro confronti la classe politica albanese.
Percentuali che fanno tremare
La storia dei sondaggi sulle prossime elezioni politiche inizia in realtà poco più di un mese fa. Il primo a sperimentare l'ostilità dei politici albanesi verso le percentuali elettorali fu l'Istituto Democratico Internazionale americano (NDI): il suo sondaggio dava in vantaggio il Partito Democratico (PD) con il 41% rispetto al 33% del Partito Socialista (PS). L'ex presidente Sali Berisha, contentissimo, cercò subito di sottolineare che a svolgere il sondaggio era stato un istituto americano, e perciò molto attendibile. I socialisti invece si limitarono a snobbare i risultati, dicendo che i sondaggi fatti da loro parlavano di tutt'altre cifre.
Il 1° giugno scorso invece toccò a "Mjaft!" rendere pubbliche le cifre raccolte dalla "Gallup": testa a testa tra Nano e Berisha al 34%. Confermato lo scivolone del PS, ma della "grande vittoria" della quale parlava il leader democratico Berisha non c'era traccia. Il "dottore" non si è curato del fatto che a svolgere il sondaggio sia stata un'organizzazione riconosciuta per la propria serietà e attendibilità e che il lavoro era stato finanziato dal governo britannico e quello olandese: il sondaggio è stato subito definito come manipolato e il bersaglio più facile della catena, "Mjaft!", è entrato nell'occhio del ciclone dei media vicini al PD come un movimento "corrotto e criminale". Un vero e proprio linciaggio, secondo il quotidiano "Gazeta Shqiptare".
Il dibattito che non accenna a fermarsi ha visto coinvolti in questi giorni illustri professori ed esperti di sociologia, analisti, esponenti politici, ambasciatori e addirittura il Presidente della Repubblica. Il Primo ministro e leader del PS, Fatos Nano, ha parlato di "sondaggi creati in uffici chiusi". Eno Bozdo, responsabile per le relazioni coi media nel Partito Democratico Nuovo (PDr, opposizione, creato da una scissione dal PD), si è detto preoccupato di quello che ha chiamato un uso inappropriato dei sondaggi, aggiungendo che la società albanese ha "bisogno di trasparenza e verità".
Le percentuali elettorali hanno creato uno scontro anche tra i sociologi. Secondo il prof. Kosta Barjaba, organizzare un sondaggio in un periodo caldo per la politica come una campagna elettorale "non può non creare pregiudizi". Scettico sulla capacità di organizzare sondaggi da parte di un movimento per la società civile come "Mjaft!", Barjaba dice che i centri impegnati in questi anni in Albania nell'analisi dell'opinione pubblica, hanno in realtà "cercato di manipolare il pubblico". La pensa diversamente prof. Artan Fuga che prende le difese di "Mjaft!": "Ci sono giovani là che col tempo guadagneranno saggezza e autonomia. Non tiriamogli le pietre addosso."
A difendere l'ong albanese è sceso in campo anche l'ambasciatore olandese a Tirana, Sueder Van Vorst. "Il sondaggio non è stato fatto dal movimento 'Mjaft!', ma da un'organizzazione che rispetta gli standard internazionali", ha cercato di chiarire.
Ma ad avere paura dai sondaggi elettorali non sembrano essere soltanto i partiti politici. Il Presidente della Repubblica, si è espresso pubblicamente contro gli cosiddetti "exit-poll". Durante un incontro con la Commissione Elettorale Centrale, Moisiu ha definito la pubblicazione dei risultati durante il giorno del voto come una violazione del Codice Elettorale. Ad andargli contro è di nuovo il prof. Fuga per il quale gli exit-poll sono "più che necessari" poiché "i suoi risultati, se elaborati da istituzioni specializzate, sarebbero davvero una ricchezza nazionale".
Andrea Stefani, una delle firme più prestigiose del giornalismo albanese, trova la spiegazione della paura dei sondaggi nel fatto che essi "stanno mettendo a nudo quello che la politica albanese e i suoi leader 'cambiati' cercano di nascondere: l'aspra rivalità, l'odio per l'avversario, l'intolleranza, la sete di potere, lo scagliarsi contro chi pensa diversamente". E in questo, secondo Stefani, democratici e socialisti sono "come due gocce d'acqua".
Bizzarrie elettorali
I programmi elettorali dei vari partiti sembrano in questa campagna elettorale essere stati emarginati dai media. Oltre al suddetto dibattito, a riempire le pagine dei giornali sono le stranezze che accompagnano questo periodo. La serie ha avuto inizio con una contro-pubblicità dei socialisti ai danni di Berisha, cosa mai successa in precedenza, seguita da più di una settimana di polemiche tra i due campi.
Poi è toccato all'ambasciatore ellenico a Tirana, il quale non si è risparmiato di aiutare i partiti vicini alla minoranza greca partecipando con essi nei vari incontri elettorali nel sud del Paese. Abituati all'indifferenza degli Albanesi, i socialisti hanno pensato di arruolare un imam, che dopo l'incontro con i fedeli in moschea passava a quello con i simpatizzanti in piazza. Vista la situazione, a Scutari, i dirigenti musulmani e quelli cattolici hanno minacciato di chiedere ai loro fedeli di astenersi dal voto se non avranno dallo Stato un bene immobile conteso tra le due religioni.
Non sono da meno i democratici, che in un eccentrico incontro elettorale nella cittadina di Fushe Kruje (centro-nord) hanno avuto un supporto anche dal mondo degli animali domestici. Affianco ai sostenitori con i cartelli in mano, si sono viste le pecore con disegnato sopra il logo del PD (foto).
Per rendere particolare questa campagna, Nano e Berisha hanno pensato ad un faccia a faccia televisivo che sarebbe il secondo tra i due vecchi nemici. Realizzarlo sembra un impresa ancora più ardua di quella delle elezioni libere e democratiche: 24 i punti sui quali le parti si devono mettere d'accordo, compreso l'emittente sulla quale il dibattito andrà in onda e il giornalista che lo condurrà.
"Top Channel" intanto si è "guadagnata" il primato per le minacce: i vertici della Tv hanno fatto sapere che boicotteranno ogni attività politica della campagna elettorale se il dibattito non andrà in onda sul proprio schermo. La prima volta nella storia recente dei media albanesi!
Sulla questione del giornalista, invece, c'è chi si è fatto avanti: dalle pagine del quotidiano "Shekulli", Genc Burimi non si è limitato con gli elogi, forse sfiorando il ridicolo: "...con il mio lavoro - scrive - mi sembra di aver dimostrato di essere un giornalista imparziale, che conosce molto bene le questioni economiche e in dettaglio tutte le promesse dei due leader".
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