Dietro alla maggior parte dei media albanesi vi sono imprenditori che li utilizzano per difendere i propri interessi in campi del tutto slegati dall'ambito editoriale. Una panoramica
(Pubblicato originariamente su Sqhiptarja.com, media partner del progetto ECPMF)
Sin dai suoi inizi nel 1992 il mercato giornalistico albanese è stato caratterizzato da un eccesso di operatori. Nato dopo la caduta del comunismo, un regime nel quale era permesso solo l’esistenza dei media ufficiali controllati dal partito unico, con l’arrivo della democrazia il mondo dell’informazione ebbe la stessa sete di libertà che invase anche l’economia del paese. Questa sete fece nascere in primo luogo un gran numero di giornali, poi di radio e TV private e infine, contemporaneamente alla gran diffusione di Internet, portò al boom più recente dei portali online.
Oggi, in un paese con un po’ meno di 4 milioni di residenti, si contano circa 30 quotidiani diffusi in tutto il territorio nazionale, più di 100 canali TV (sommando quelli analogici a quelli digitali), 150 emittenti radiofoniche e un incalcolabile numero di portali web d'informazione (si pensa siano circa 250).
A ragione di questa obesità mediatica si ha come causa la debole qualità e trasparenza del settore: nelle condizioni della mancanza di uno stato forte e di una giustizia equa e indipendente, di fatto i media sono strumenti di autodifesa o d’attacco di imprenditori che difendono i loro business, non legati all’informazione. Infatti i proprietari dei media albanesi sono nella gran parte dei casi costruttori o imprenditori, i quali hanno il loro principale centro di interessi fuori dal settore mediatico.
Più media che giornalisti
Si dice che in Albania vi siano più media che giornalisti e questo risulta drammaticamente vero. Il fenomeno dell’obesità informativa ha portato a un eccesso di richiesta di giornalisti rispetto all’offerta del mercato, causa per la quale chiunque decida di entrare nel giornalismo può ottenere un lavoro stipendiato, benché non possieda i requisiti minimi professionali necessari.
Principale conseguenza del fenomeno è una qualità media relativamente debole dell’informazione, prodotta da giornalisti poco professionali e nella maggior parte dei casi condizionati dagli interessi privati degli imprenditori. Oltre alla necessaria preparazione professionale, i giornalisti non godono inoltre di tutele sindacali e contrattuali e questo li rende debolissimi nei confronti delle pressioni di editori e politici.
La scarsa professionalità della categoria dei giornalisti ha trasformato una gran parte dei media, a cominciare dai portali d'informazione online, in cestini di notizie copiate reciprocamente, sulle quali non si esercita nessun tipo di selezione e controllo. I produttori dell’informazione di prima mano sono una parte molto piccola dei giornalisti impegnati nei media (gli altri operano semplicemente a furia di copia/incolla) e il sovraccarico di lavoro al quale sono esposti li porta spesso a pubblicare notizie senza verificarle.
Fake news
La gran quantità delle notizie inesatte o totalmente false che circolano nei media albanesi, immesse per errore da giornalisti seri, ha reso possibile l’aumento delle “fake news”, intenzionalmente prodotte da giornalisti poco seri. Differenziare tra notizie vere, false o sbagliate diventa qualcosa di molto complicato per lettori e telespettatori e risultato del caos informativo diventa il basso livello di credibilità e rispetto del quale generalmente godono i media albanesi.
L’obesità del mercato si rispecchia anche in un mercato pubblicitario che si impoverisce progressivamente (a causa della crisi globale dei consumi) ma nel quale cerca alimento un numero di media costantemente in crescita. Si ha come risultato un progressivo impoverimento dei media albanesi, fatto che costituisce una ragione in più per trasformare editori e giornalisti in servi del potere, ovviamente a danno di professionalità e credibilità.
Sempre di più
Il paradosso albanese consiste nel fatto che i media continuano ad aumentare di numero, malgrado il loro progressivo impoverimento. Questo fenomeno rende chiaro il fatto che dietro a questi operatori dell'informazione si nascondono anche operazioni di riciclaggio di denaro sporco.
La politica ha reso i media servi, ma nel frattempo teme il loro potere sull’opinione pubblica. E’ questa la principale ragione per la quale la politica finora non ha intrapreso nessuna azione seria di trasparenza legata all’origine dei finanziamenti che tengono in vita giornali, TV e portali online. All’interno della giovane democrazia albanese si continua a credere che la libertà di stampa sia sinonimo di mancanza di regole e che una stampa è veramente libera solo quando può agire fuori da ogni controllo.
In verità quello che tutti i giornalisti del mondo chiedono è la libertà dal controllo sui contenuti pubblicati, mentre in Albania questa libertà è intesa come libertà dei proprietari di evadere gli obblighi fiscali e di nascondere l’origine delle loro risorse finanziarie. Dopo la decriminalizzazione della politica e i tentativi di decriminalizzare la magistratura, in Albania si attende il giorno nel quale verranno decriminalizzati anche i media.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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