I media balcanici spesso riportano articoli ed interventi in merito alla corruzione. E' una piaga che purtroppo caratterizza tutta la regione. I nostri corrispondenti da Albania, Bosnia e Serbia ci riportano di cosa si è discusso in questi giorni.
Ha collaborato Dario Terzic.
L'opposizione in Albania ha presentato in parlamento una mozione nella quale si chiede al Presidente del paese di rimuovere dal proprio posto il procuratore generale di Tirana Arben Rakipi. Quest'ultimo viene accusato di aver fallito nella lotta alla corruzione e di essere troppo vicino al Partito socialista. "Rakipi è un elemento distruttivo per la pubblica accusa" ha dichiarato Sali Berisha, leader del Partito democratico, "è un amico di trafficanti, assassini e difensore del crimine organizzato" (Corrieri, 03.08.02).
Rakipi, che in questi giorni ha tenuto un basso profilo e non ha ribattuto alle accuse, si trova attaccato anche dal Partito socialista. L'ex primo ministro Ilir Meta lo accusa infatti di essere "al servizio di Fatos Nano, altro leader socialista in conflitto con Ilir Meta per il controllo del partito, e di aver fallito nella lotta alla corruzione". L'ufficio del procuratore generale ha in passato avviato numerose inchieste riguardanti casi di corruzione che coinvolgevano vari ministri del governo Meta (Koha Jone).
Di fatto si è venuta a creare una rara coincidenza tra dichiarazioni di un appartenente al Partito democratico e di un socialista. E Sali Berisha non si trova certo a disagio nel dover sfruttare queste vistose divisioni all'interno del partito al governo e si prepara a presentare un'altra mozione in parlamento, questa volta contro il presidente della Corte Costituzionale.
E dubbi sull'effettiva volontà delle istituzioni di combattere la corruzione arrivano anche dalla Serbia. Li esprime Slobodan Beljanski, a capo di una commissione istituita dal governo per combattere la corruzione. "Credo francamente che molti membri del governo si pentano di aver creato questa Commissione poiché abbiamo iniziato a portare alla luce alcune realtà che questi ultimi speravano rimanessero sommerse".
Beljanski ha inoltre sostenuto che in Serbia è di necessità immediata l'adozione di una legge che regolamenti eventuali conflitti di interessi dei pubblici ufficiali, una nuova legge sul finanziamento pubblico ai partiti ed una legge per monitorare le proprietà di chi occupa cariche di rilievo.
Beljanski ha concluso affermando che la lotta alla corruzione è strettamente legata alle percezioni della società civile in merito a questo problema. "Essendo il controllo che la società civile attua su chi governa limitato ecco che le tentazioni aumentano..." (08.03.02, Danas).
Molti di coloro i quali si macchiano di corruzione non vengono poi puniti, almeno in Bosnia Erzegovina. Lo afferma Joseph Ingram, responsabile della Banca Mondiale in BiH. "Solo il 6% dei casi di corruzione finiscono con la punizione dei colpevoli".
Di corruzione in Bosnia si è parlato molto durante la presentazione del "Piano di azione per la lotta contro la corruzione" svoltasi a Sarajevo il 6 marzo scorso. "E' la prima volta che la Bosnia si dota di un piano di lotta alla corruzione. Quest'ultimo è stato redatto da alcuni esperti internazionali in collaborazione con le istituzioni locali", ha dichiarato Azra Hadziahmetovic, ministro del commercio estero della BiH.
Il piano prevede la riforma di alcuni aspetti legislativi, dei tribunali, della procura ed inoltre stabilisce la creazione di istituzioni specializzate alla lotta contro la corruzione.
Il ministro Hadziahmetovic ha voluto nel suo intervento sottolineare come le autorità locali bosniache siano decise a risolvere questo annoso problema. Lo dimostrano le cifre: se in tutti questi anni del " dopo-Dayton" erano state condotte nella Federazione BiH solo 4.419 indagini su fatti di corruzione (con 1564 cittadini finiti in carcere), nel solo 2001 ne sono state condotte 13.813. In Republika Srpska a fronte delle precedenti 2211 indagini (circa 1000 cittadini finiti in carcere) l'anno passato ne sono state condotte 11997.
Secondo una ricerca effettuata dalla Banca Mondiale il 18% delle spese di dirigenti e proprietari di ditte bosniache viene "investito" in mazzette all'amministrazione pubblica. I 20% dei cittadini ha inoltre dichiarato di aver corrotto impiegati pubblici (07.03.03, Oslobodjenje).
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