Himara, Albania (© Robin Dessens/Shutterstock)

Nel sud dell'Albania la minoranza greca convive serenamente con la popolazione albanese, nonostante periodiche tensioni alimentate dai rispettivi governi e dalle forze nazionaliste. Con il boom turistico, il vero problema della regione è il capitalismo vorace

03/04/2025 -  Petra Dvořáková

(Questo reportage è stato originariamente pubblicato dalla testata ceca Denik Referendum  nell'ambito di PULSE)

Su una collina fuori dalla città di Himara, nel sud dell'Albania, incontro Alex, 60 anni. Siamo sulla terrazza di un ostello gestito da una gentile coppia di anziani, e da qui si gode di una vista mozzafiato. Le colline verdi e tondeggianti si fondono con le rughe di grigie pareti rocciose. La spiaggia sabbiosa è lambita da un mare limpido e azzurro che sembra uscito dal catalogo di un'agenzia di viaggi. Sono le otto del mattino di sabato, ed è un giorno di sole a Himara, insolitamente caldo per essere la fine di gennaio.

Alex indossa una coppola nera e una felpa sportiva con una massiccia catena d'oro intorno al collo. “Lascia che ti dica una cosa. Questa è una città greca, un’antica città greca. Tutti i nomi dei posti sono greci”, dice con voce roca e a malapena udibile, gli occhi fissi insistentemente sui miei mentre con mano tremante accende una sigaretta dopo l'altra.

“Mia figlia ha sposato un uomo ricco, molto ricco. Un miliardario. Lui sostiene che io sono albanese”, continua, socchiudendo gli occhi con un’espressione cupa, come se il pensiero gli pesasse. “Sono per tre quarti greco, per il quindici per cento ebreo, e ho qualche radice bulgara e romena”, ribatte con fermezza.

Sulla terrazza arriva il fratello della proprietaria dell’ostello, che ci saluta allegramente: “Kalimera!”. Alex gli risponde, poi si gira di nuovo verso di me e con un tono un po' trionfante dichiara: “Hai sentito? Kalimera! Qui ci salutiamo in greco”.

La porta di casa si apre, appare con un sorriso la proprietaria dell’ostello e si presenta con una sola parola: “Jaja”, che in greco significa “nonna”. “Jaja Turkish coffee for you?”: mi chiede se voglio un caffè. “In Turchia non bevono molto caffè, bevono soprattutto tè. Allora perché le offri un caffè turco? Offrile piuttosto un caffè greco!” la ammonisce con un sorriso Alex.

I greci sono la più grande minoranza etnica in Albania. Secondo gli ultimi dati ufficiali, che risalgono al censimento del 2011, nel paese vivono venticinquemila greci. “Secondo la Grecia, però, sono molti di più. È tutta politica dei numeri. L'Albania vuole che ne risultino di meno, la Grecia che ne risultino di più”, osserva Kriton Kuci, ricercatore ed esperto di nazionalismo balcanico presso l'Università mediterranea dell'Albania.

La Grecia infatti considera di etnia greca chiunque abbia almeno un nonno greco. L'Albania, invece, da tempo minaccia di multare chiunque nel censimento indichi un'etnia diversa da quella riportata sul certificato di nascita – nonostante il fatto che fino al 1990 la dittatura stalinista che opprimeva il paese riconosceva l’esistenza di un'etnia greca solo in “zone minoritarie” ben definite intorno alle città di Argirocastro e Saranda.

Ondate di tensioni

Accetto l'invito di Alex per un caffè pomeridiano. Apre la porta della sua villa senza dire una parola. Mi fa cenno di togliermi le scarpe e indica una sedia di plastica grigia davanti al camino.

“Cosa vuoi bere?”, sussurra.

“Un caffè?”, rispondo a bassa voce, supponendo che qualcuno stia dormendo nella stanza accanto.

“Alcol?”, offre.

“Una birra?”, sussurro.

“Non preferiresti qualcosa tipo vodka?”, risponde – come se dopo una settimana in Albania non sapessi che cos'è la rakia.

Mi porta un bicchierino di liquido trasparente e un piatto di olive e formaggio alle erbe, spiegando che parla a bassa voce per via della malattia. La sua testa oscilla su e giù come un giocattolo a molla.

Gli chiedo come fosse vivere a Himara da greco sotto il comunismo. I suoi occhi si incupiscono e si aggrottano di nuovo. Con il dorso della mano mima un gesto come se si tagliasse la gola. “Non potevamo nemmeno parlare greco. Non ho potuto neanche dare a mia figlia un nome cristiano ortodosso, ho dovuto darle un nome turco”, risponde infine. “Solo dopo la caduta del regime ha potuto rinominarla Christina.”

Sebbene con la caduta del regime stalinista i greci in Albania abbiano ottenuto il diritto di parlare la loro lingua in pubblico e di celebrare le loro tradizioni, negli anni Novanta le relazioni greco-albanesi sono state caratterizzate da ostilità e sospetto reciproci.

Per rappresentare gli interessi della minoranza greca nel paese, nel 1991 fu fondata l'organizzazione OMONOIA, che ottenne cinque seggi in Parlamento alle prime elezioni libere. L’anno seguente, tuttavia, la sua partecipazione a ulteriori elezioni venne vietata, poiché la legge albanese vieta la formazione di partiti politici su base etnica, regionale o religiosa.

Due anni dopo, l'Albania arrestò sei membri dell'organizzazione, accusandoli di voler annettere il territorio alla Grecia e di detenere armi illegalmente. In risposta, la Grecia congelò tutti gli aiuti dell’Unione europea destinati all’Albania ed espulse oltre centomila albanesi privi di visto. Alla fine, sotto la pressione internazionale, l'Albania rilasciò i prigionieri di OMONOIA.

Nel 2023, dopo due decenni di relativa calma, l'arresto del candidato sindaco di Himara, il greco etnico Fredi Beleri, ha scatenato di nuovo un acceso clamore diplomatico e mediatico. Due giorni prima del voto un agente di polizia sotto copertura gli aveva offerto voti in cambio di denaro; Beleri vinse le elezioni nonostante fosse già in carcere. In violazione della legge albanese, non venne però rilasciato per poter prestare giuramento e assumere ufficialmente l’incarico.

La Grecia definì la condanna di Beleri un processo politico e una prova del persistente mancato rispetto dei diritti della minoranza greca. Nel novembre dello stesso anno, Atene rifiutò di sostenere una lettera che invitava la Commissione europea ad aprire il primo capitolo dei negoziati di adesione dell'Albania all'UE.

Nel giugno 2024, Beleri riuscì comunque a candidarsi con successo al Parlamento europeo per il partito di destra greco Nuova Democrazia. La sua scarcerazione condizionale nel settembre dello stesso anno contribuì probabilmente all'apertura, lo scorso ottobre, del primo capitolo dei colloqui di adesione tra Albania e UE.

L'estrema destra greca continua a riferirsi al sud dell'Albania, tradizionale territorio di insediamento della minoranza greca, come all'"Epiro settentrionale", rivendicandone l’appartenenza alla Grecia. Dai titoli dei media, sembrerebbe che l'Albania continui a essere tormentata dal timore di una “grecizzazione” del sud del Paese, e che la Grecia continui a denunciare la repressione della minoranza greca in Albania.

Un lento riconoscimento

Dopo l'incontro pomeridiano con Alex incontro in città Egda, membra della già citata organizzazione OMONOIA. “Siamo felici di far parte dell'Albania. Tuttavia, crediamo che come comunità potremmo esprimere appieno il nostro potenziale solo se ci venissero garantiti il rispetto e il diritto all'autodeterminazione”, sottolinea mentre sorseggiamo il caffè.

Il sole è tramontato da pochi minuti. Alle spalle di Egda la finestra incornicia lo splendido blu cobalto del crepuscolo. Durante la nostra conversazione, Egda giocherella con un metro pieghevole: in inverno lavora come architetta, in estate gestisce una pensione e quest'anno ha deciso di aprire anche un bar, proprio quello in cui ci troviamo ora.

Egda è nata a Himara negli anni Ottanta. Subito dopo la caduta della dittatura, come tanti altri, la sua famiglia si trasferì in Grecia in cerca di una vita migliore. Tredici anni fa, però, Egda è stata l'unica di loro a decidere di “tornare alle sue radici”, alla casa che il nonno aveva acquistato a Himara nel 1930.

“Sono così grata di aver frequentato una scuola greca, dove ho imparato il latino, il greco antico e il francese, dove ho ricevuto un'educazione classica europea”, racconta. Sua figlia – una bambina riccioluta che gioca fuori e ogni tanto discute con Egda se faccia abbastanza freddo per mettersi la giacca o meno – frequenta una scuola elementare greca privata a Himara. Tuttavia, se decidono di restare, a quindici anni non avrà altra scelta che iscriversi a un liceo albanese.

“Il problema è che il programma scolastico albanese non è cambiato molto dai tempi del comunismo. I libri di testo sono pieni di affermazioni su quanto siamo fieri di essere albanesi. Proprio come ai tempi del regime: siamo poveri, ma orgogliosi della nostra nazionalità e dei nostri soldati nelle basi militari”, spiega Egda, esprimendo la sua disapprovazione per il sistema scolastico albanese.

Sua figlia avrebbe diritto a ricevere un'istruzione pubblica in greco se lo Stato riconoscesse Himara come un’area che ospita una minoranza etnica significativa. Il diritto all'autodeterminazione in Albania è stato riconosciuto solo con la legge sulle minoranze nazionali del 2017, varata in parte sotto la pressione dell’UE e della Grecia.

La sua applicazione, però, è iniziata solo quest’anno con l’approvazione di una legge che definisce le regole per il riconoscimento dell'identità minoritaria. I diritti delle minoranze nazionali dovrebbero essere allineati alla legislazione dell’Unione europea entro il 2027.

Essere greci e albanesi allo stesso tempo

A Himara la questione dell'identità etnica greca continua a essere oggetto di un acceso dibattito. “Himara è albanese, non greca”, mi avverte cautamente Adriano, il proprietario dell'ostello in cui alloggio al mio ritorno a Tirana.

Fa "no" col dito in segno di decisa disapprovazione, mentre enumera lentamente gli argomenti che ha imparato, senza mai perdere il sorriso bonario da caro zio. Gli abitanti parlano greco? Anch'io parlo italiano, ma non sono italiano! Hanno nomi greci? Hanno vissuto in Grecia e si sono fatti ribattezzare. Sono di fede ortodossa? Anche alcuni albanesi lo sono.

“Gli storici non concordano sul fatto che i greci di Himara vi risiedano da secoli, come parte di un insediamento storico, o se si tratti piuttosto di albanesi emigrati in Grecia per motivi economici dopo la caduta del comunismo e poi rientrati”, spiega Alba Cela, ricercatrice e responsabile del programma europeo dell'Istituto albanese di studi internazionali.

“Ma l'autodeterminazione è un diritto umano. Non spetta allo Stato determinare la mia identità. Se gli abitanti di Himara si considerano greci, è un loro diritto”, ribadisce il ricercatore Kuci. Cresciuto in una famiglia mista della zona di Argirocastro, parla greco con la madre e albanese con il padre. Non si considera né albanese né greco: per lui, la sua identità è definita dalle sue convinzioni politiche e dall'appartenenza di classe.

“Ma in Albania non troverete molti come me: qui il nazionalismo fa parte del senso comune. E l'identità nazionale albanese è sempre stata definita proprio in contrapposizione ai greci e ai serbi”, aggiunge.

Pochi giorni fa è scomparso l'arcivescovo Anastasios, che negli anni Novanta si era trasferito da Atene a Tirana per risollevare la Chiesa ortodossa albanese dopo la devastazione della dittatura stalinista. Eppure una parte della società continua a contestarne l’identità greca. “Sulle reazioni alla sua morte si potrebbe scrivere una tesi di laurea. In questi giorni sono volati insulti di ogni genere!”, sottolinea Emilio Çika, esperto di relazioni internazionali dell'Università mediterranea dell’Albania.

Çika, anch'egli di etnia greca, proviene da un villaggio vicino a Saranda. “Nel sud abbiamo vissuto insieme agli albanesi per secoli senza alcun problema. Ma nel nord dell'Albania, alcune persone non sembrano capire che si può essere greci e albanesi allo stesso tempo”, osserva.

Terreni coi prezzi alle stelle

A gennaio, a Himara, il sabato sera solo un locale su dieci è aperto. Mancano non solo i turisti, ma anche la gente del posto: molti trascorrono l’inverno dai parenti in Grecia. Non avendo molta scelta, trovo il mio rifugio serale in un bar poco illuminato per motociclisti.

Dal soffitto pendono acchiappasogni e cappelli da cowboy, i massicci tavoli sono sorvegliati da teschi scolpiti nel legno, e al centro della sala campeggiano due moto. Una ballata rock segue un pezzo più energico.

“Questa è una JAVA ceca, ce l’ho da un amico”, indica con orgoglio una delle moto il barista, con la barba e una bandana stretta sulla testa stile pirata. Quando gli faccio una domanda, inizialmente distoglie lo sguardo e rimane in silenzio, come se gli pesasse rispondere a qualcosa di così banale. "Se siamo greci o no, non è poi così importante", sottolinea come prima cosa. Su uno degli schermi televisivi, in quel momento, il primo ministro albanese Edi Rama sta parlando alla nazione.

Il barista guarda prima lui, poi di nuovo me: “Sostiene che le cose stanno andando bene, che abbiamo molti turisti. Ma quanto ci aiutano i turisti? Le patate, i pomodori, la benzina... tutto è sempre più caro. E io devo farti lo scontrino anche per una stupida birra. Non posso nemmeno costruirmi una casa sul mio terreno", si interrompe. "Mentre lì accanto sorgono hotel a cinque stelle, e mentre i cosiddetti investitori strategici non pagano le tasse".

Sulle colline verdeggianti della Riviera albanese, la costa più bella del Paese, cresce sempre più il grigiore del cemento dei futuri resort. I prezzi dei terreni, come dice Çika, "sono alle stelle". E questo in una situazione in cui, a causa del regime passato che vietava la proprietà privata, la maggior parte dei residenti non possiede titoli di proprietà per le loro case. Per via di un sistema di registrazione immobiliare disfunzionale, lo Stato albanese considera ancora oggi molti proprietari di terreni espropriati in passato come semplici utilizzatori.

“Questo significa che sul mio terreno non posso costruire nulla, né trasferirlo o venderlo”, spiega Egda. Non ha nemmeno il titolo di proprietà della casa in cui vive: “È come se fossi un'abusiva”, sorride amaramente. E intanto teme che un giorno arrivi uno straniero che sia riuscito a ottenere in modo fraudolento il titolo di proprietà del suo terreno.

Alcuni cercano di rubare le terre agli abitanti di Himara tramite documenti falsificati che risalgono all'Impero ottomano. Ma soprattutto, sui terreni senza proprietario hanno mano libera i cosiddetti "investitori strategici" – ovvero alleati del governo, che ricevono ogni sorta di sgravio fiscale per via di un operato che il premier Rama dipinge come di pubblico interesse. 

"Fanno lo stesso in tutto il paese, anche nel centro di Tirana! Non si tratta del fatto che a Himara vive una minoranza. Si tratta di terreni molto costosi sulla costa, e i veri proprietari non hanno alcun modo di difendersi dall'arroganza di questa banda di ladri con capitale politico", sottolinea il politico e intellettuale di opposizione Endrit Shabani, ricordando che attualmente due ex sindaci di Himara si trovano in carcere per corruzione.

Sotto il giogo del capitalismo clientelare

Nonostante l'ascesa del nazionalismo albanese, soprattutto sui social media, i greci che vivono tra gli albanesi (così come gli albanesi tra i greci, dall'altra parte del confine) conducono un'esistenza pacifica. Greci e albanesi in Albania soffrono soprattutto sotto il giogo di uno spietato capitalismo clientelare, che nel sud è ulteriormente alimentato dalla turistificazione della regione. La vita della zona viene modellata sulle esigenze dei turisti, senza alcun riguardo per i desideri e gli interessi della popolazione locale.

A Himara c'è un solo centro sanitario, con due medici per turno. “E non c'è nemmeno il riscaldamento! I turisti vengono qui attratti dall'idea di un'Albania esotica, ma il nostro sistema sanitario non dovrebbe essere esotico, giusto? Noi che viviamo qui siamo perennemente arrabbiati. E in più dobbiamo recitare tutta l'estate davanti ai turisti di mezzo mondo, che hanno sentito dire che l'Albania è economica e si aspettano qualità a prezzi stracciati!", sbotta Egda. Per qualsiasi cura medica complessa preferisce andare in Grecia.

Anche a causa di un sistema che arricchisce solo una manciata di politici e oligarchi loro alleati, dalla fine degli anni Novanta metà della popolazione albanese ha lasciato il paese – così come almeno due terzi dei greci d'Albania.

“In alcuni villaggi del sud sono rimaste dieci o quindici persone, mentre in Grecia sta crescendo la terza generazione di greci albanesi che non si sente affatto tale. Non hanno alcun motivo per tornare in Albania: alcuni villaggi del sud non hanno nemmeno una strada di accesso e l'acqua corrente scarseggia. Siamo sempre di meno", si rammarica Çika.

L'impressione di una tensione irrisolta tra la popolazione albanese e quella greca è in gran parte alimentata dalle dispute politiche tra i due paesi, che però non riflettono la convivenza pacifica delle due comunità nella vita quotidiana. "I partiti politici, sia in Albania che in Grecia, fomentano questo conflitto in modo artificiale prima delle elezioni, utilizzando narrazioni nazionaliste nelle loro campagne", osserva la giornalista televisiva Esiona Konomi.

Il professor Dimitris Christopoulos, esperto greco di minoranze in Europa, concorda: “La Grecia fa costantemente pressione sull'Albania in nome della minoranza greca. E l'Albania, a sua volta, esercita pressioni sulla minoranza greca, soprattutto perché molti di loro vivono sulla Riviera albanese, una zona importante per il turismo. Più che un classico conflitto bilaterale sui diritti delle minoranze, si tratta di una questione di soldi e del selvaggio capitalismo albanese”.

Secondo lui, la situazione della minoranza greca in Albania riceve più attenzione di quanta ne meriti. "Se entrambi i paesi agissero in modo più razionale e meno nazionalista, non ci sarebbe nulla di cui discutere. Anzi, la minoranza greca in Albania potrebbe diventare un ponte tra le due nazioni".

Alla realizzazione di questo articolo hanno contribuito Erion Gjatolli (OBCT) e Kostas Zaiferopoulos (EfSyn, Grecia).

 

Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di PULSE, un'iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.


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