Lutfi Dervishi © Gazeta Reforma

Lutfi Dervishi © Gazeta Reforma

Lufti Dervishi, membro fondatore dell'Albanian Center for Quality Journalism, sottolinea le sfide del giornalismo albanese di oggi. I media sono invischiati nella corruzione, nell'autocensura e nella disinformazione sponsorizzata dallo Stato. Tuttavia, non tutto è negativo e c'è ancora motivo di sperare

14/10/2024 -  Luisa ChiodiSukanya Sengupta

Lutfi Dervishi è uno dei membri fondatori dell'Albanian Center for Quality Journalism (ACQJ), che si impegna a formare studenti e giornalisti alle prime armi nel campo del giornalismo investigativo. Attualmente si occupa del miglioramento della libertà dei media e degli standard giornalistici in Albania.

Quali sono le sfide principali per consolidare e migliorare la libertà dei media secondo lei?

La sfida principale sta nel comprendere il nuovo ambiente. Quando parliamo di media oggi, a chi pensiamo: giornalisti, reporter o altri attori? Quando parliamo di libertà dei media, a quali media ci riferiamo, ai media privati che servono interessi privati o ai media pubblici, quale ha più legittimità? Un decennio fa, i media erano classificati tra le istituzioni più affidabili. Sondaggi più recenti mostrano che il livello di fiducia nel settore è molto basso. La ragione principale è la corruzione dilagante all'interno del settore.

Un altro problema in Albania non è se puoi parlare, ma se vieni effettivamente ascoltato. Gli articoli 22 e 23 della Costituzione offrono ampie protezioni alla libertà di parola. Abbiamo la Legge sull'autorità dei media audiovisivi, che è l'istituzione responsabile dei prodotti televisivi, e la Legge sull'accesso alle informazioni. Tuttavia, nell'ultimo decennio abbiamo assistito ad un deterioramento nell'attuazione di queste leggi. Quindi, in linea di principio, hai il diritto di chiedere qualsiasi cosa, ma in pratica, sta diventando sempre più difficile ottenere le informazioni.

Inoltre, il governo sta cercando di monopolizzare le informazioni e influenzare l'agenda mediatica. Durante le campagne elettorali, i fatti e i discorsi non sono trattati dai giornalisti, ma dai partiti stessi, che controllano il flusso di informazioni (false).

In che modo l'autocensura e le precarie condizioni di lavoro dei giornalisti influenzano la libertà dei media?

C'è libertà se giornalisti, reporter, redattori agiscono in base alla loro coscienza professionale, senza altre pressioni, palesi o nascoste. La politica del giornale o della televisione, che può essere filogovernativa o antigovernativa, può influenzare il comportamento dei giornalisti, portandoli all'autocensura. La questione delle condizioni, dell'ambiente, dei diritti dei lavoratori: teoricamente, tutti dovrebbero avere un contratto con una descrizione del lavoro allegata, ma in pratica, i giornalisti, soprattutto nei distretti, vengono licenziati al telefono e si ritrovano improvvisamente disoccupati.

In che modo l'adesione all'Unione europea può influenzare la libertà dei media e migliorare la trasparenza in un paese candidato come l'Albania?

Può svolgere un ruolo enorme in termini di legislazione, soprattutto in termini di trasparenza dei finanziamenti, che ora sono molto oscuri. In assenza di buone emittenti pubbliche, i concorrenti privati stanno definendo gli standard e realizzando contenuti solo per ottenere più visualizzazioni e assecondare il pubblico. Le emittenti pubbliche devono essere rafforzate seguendo l'esempio di paesi come il Regno unito con la BBC. Quindi, in questo senso, l'UE può fare molto. Nella relazione annuale, l'UE si concentra sulle carenze e sottolinea ciò che dovrebbe essere risolto, ma può fare di più. I media sono una parte cruciale della vita democratica di qualsiasi società.

In che modo le organizzazioni mediatiche non profit possono migliorare la loro visibilità rispetto ai media tradizionali?

Le organizzazioni mediatiche non profit non hanno la stessa visibilità dei media tradizionali. Mi piace definirle "isole di integrità". Queste organizzazioni producono un ottimo giornalismo ed è fondamentale che ricevano più supporto per continuare il loro lavoro. Una maggiore cooperazione tra loro potrebbe aiutare a migliorare la loro visibilità. Il loro lavoro è cruciale perché spesso affrontano questioni che sono tabù per i media più grandi, che sono influenzati da grandi inserzionisti e altri interessi. Queste organizzazioni fungono da modelli per i giovani reporter e sono una voce critica essenziale nella nostra società.

In che modo l'interazione con la società civile e le organizzazioni esterne aiuta a migliorare le istituzioni mediatiche in Albania?

È molto prezioso avere uno sguardo esterno su ciò che sta accadendo nei media, soprattutto quando si tratta di consulenza, know-how e analisi più approfondite della legislazione. Sono molto utili in tal senso. Ciò che è fondamentale è sia il contenuto che il contesto. La situazione in Albania è più sfumata di quanto sembri. In Albania esistono voci critiche e non ci sono problemi di sicurezza critici. Hai il diritto di protestare, criticare, deridere o satireggiare il primo ministro liberamente, senza conseguenze significative. Dal punto di vista legale, c'è qualcosa da modificare. Senza dubbio ci sono problemi come la mancanza di trasparenza e la monopolizzazione delle informazioni, ma i giornalisti non vengono imprigionati, uccisi o feriti. Dobbiamo vedere le cose a colori, non solo in bianco e nero.

Come si è evoluta nel tempo l'intimidazione dei professionisti dei media o dei giornalisti?

Pressioni e mancanza di libertà oggi derivano da un mix di influenza governativa e aziende potenti, ma ci sono anche molti problemi interni alle organizzazioni dei media e giornalisti corrotti. Ciò mina la credibilità dell'intero settore dei media agli occhi del pubblico. Alcuni giornalisti esercitano un potere indebito e ricattano giudici o pubblici ministeri. Quindi sì, ci sono cattivi soggetti anche dalla nostra parte, non solo dall'altra parte.

I giornalisti sarebbero meglio protetti se ci fossero sindacati forti nel paese?

Sì, sarebbe utile, ma i sindacati in Albania non hanno avuto successo in nessun campo. Secondo me un giornalista capace, coraggioso e bravo non ha necessariamente bisogno di un sindacato perché il suo lavoro è pubblico e, se è bravo, sarà apprezzato sul mercato. Anche in paesi con lunghe tradizioni democratiche, come gli Stati uniti, ci sono grandi problemi. Non esiste una ricetta chiara per risolvere questi problemi. Tutti, nel profondo, sanno cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma circostanze esterne e altri fattori complicano le cose.

Quanto è importante la diaspora albanese in termini di influenza e supporto del panorama mediatico in Albania?

La diaspora è molto coinvolta tramite social media come Facebook e Instagram. Non vedo un ruolo significativo che la diaspora possa svolgere nell'influenzare o supportare il panorama mediatico in questo momento. È più presente nelle tendenze social che nel contribuire ad un discorso mediatico significativo in Albania.

Quanto è sostenibile il panorama mediatico?

Il problema in Albania non è la mancanza di media, ma piuttosto il contrario: ce ne sono fin troppi. Abbiamo 56 stazioni televisive, 800 portali web e due multiplex, tutti al servizio di un piccolo paese in cui ci sono, al massimo, da 10 a 20 storie importanti da raccontare in un dato momento. Trent'anni fa, non c'erano quasi organi di stampa, e ora sono saturi. Il problema è che non c'è mercato per sostenere così tante piattaforme, in particolare 15 canali di notizie che trasmettono 24 ore al giorno. Con i modelli tradizionali di finanziamento al collasso e nuovi modelli non ancora in vista, gli organi di stampa stanno lottando per sopravvivere. Alcuni hanno optato per il ricatto delle aziende o per indebitarsi con il governo o con grandi aziende per sopravvivere. Ciò compromette la loro indipendenza e ostacola ulteriormente la loro sostenibilità.

I giovani in Albania aspirano ancora a diventare giornalisti?

La professione ha perso molta credibilità e prospettive e quindi sono meno i giovani che intraprendono la carriera giornalistica rispetto al passato. Ad esempio, nelle lezioni che ho tenuto qualche anno fa, c'erano circa 100 studenti in tre grandi gruppi. Quest'anno, il numero è sceso a 66. Tuttavia, c'è ancora speranza. Attraverso un laboratorio di giornalismo investigativo, formiamo da 10 a 14 giovani e dedicati aspiranti reporter ogni anno, e lo facciamo da ormai otto anni. Questi piccoli gruppi di studenti impegnati rappresentano il futuro del giornalismo investigativo in Albania, ma i numeri mostrano che il fascino della professione sta svanendo per molti.

Perché pensi che i media albanesi abbiano perso credibilità?

La perdita di credibilità deriva da vari fattori, ma uno dei principali è il consumo di informazioni oggi. Dieci o quindici anni fa, le persone si rivolgevano ai media tradizionali per le loro notizie. Ora, la loro attenzione si è spostata sui social media. Quando ho chiesto a 100 studenti ad un evento come si informano, nessuno di loro ha detto di guardare la TV, il che è stato scioccante. Le persone ora si affidano a contenuti rapidi e pre-digeriti, dove in pochi minuti ricevono spiegazioni senza doversi impegnare. I media si sono spostati verso il sensazionalismo, spesso concentrandosi su cronaca nera, scandali e copertura in stile tabloid. Invece di essere parte della soluzione, i media sono sempre più visti come parte del problema, e questo ha ridotto drasticamente la loro affidabilità.

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Questa pubblicazione è il risultato delle attività svolte nell’ambito del Media Freedom Rapid Response e nell’ambito di ATLIB - Transnational Advocacy for Freedom of Information in the Western Balkans, progetto cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Tutte le opinioni espresse rappresentano il punto di vista dell'autore e non quello delle istituzioni co-finanziatrici.


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