La recente aggressione stizzita del premier albanese Edi Rama nei confronti di una giornalista ha riportato al centro dell'attenzione le continue pressioni ed intimidazioni che il potere in Albania esercita sui media e su chi fa informazione
Un gruppo di giornalisti e attivisti è sceso in piazza a Tirana per dare voce all’indignazione contro l'arroganza del potere e i continui tentativi di limitare la libertà di stampa nel paese.
Al centro della mobilitazione la giornalista investigativa Aurora Velaj, che ha sollecitato i colleghi a radunarsi di fronte all'ufficio del Primo Ministro, ribadendo il crescente pericolo per la libertà di stampa nel paese e l'importanza di essere presenti in solidarietà anche per coloro che, per paura di ripercussioni sul lavoro, non possono partecipare attivamente.
Nei giorni scorsi, il Primo Ministro socialista Edi Rama è finito sotto accusa per avere aggredito la giornalista Ambrozia Meta, la quale è stata respinta con un gesto stizzito di Rama, appena prima che quest’ultimo lasciasse bruscamente un crocchio di giornalisti riuniti per raccogliere le sue dichiarazioni.
Ad innervosire il Premier le domande incalzanti della giornalista su un progetto di investimenti sulla costa albanese da parte Jared Kushner, e sulle accuse di favoritismo legate al suo legame familiare con Donald Trump e al precedente incarico di consigliere presso la Casa Bianca.
Insieme al controverso progetto di edificazione del lungomare di Gaza , la società di Kushner ha pianificato la costruzione di 10mila unità abitative anche sull'isola albanese di Saseno, area protetta fino a poche settimane fa.
Mentre Rama ha liquidato l'incidente come una "aggressione immaginaria", rifiutandosi di presentare delle scuse, Meta ha manifestato il suo disappunto, sottolineando l'arroganza cronica del Primo Ministro nei confronti dei giornalisti.
L’episodio infatti non è certo isolato, considerando che già nel 2022 Rama aveva temporaneamente negato ad Ambrozia Meta l'accesso alle sue conferenze stampa. In un'ulteriore occasione, quando in conferenza stampa Meta ha posto una domanda riguardo a un deputato socialista arrestato per corruzione, il Primo Ministro ha risposto suggerendole un periodo di "rieducazione", evitando ancora una volta di affrontare direttamente la questione.
In una vicenda analoga, il giornalista Kelvin Muka è stato escluso dalle conferenze stampa dopo aver chiesto al Primo Ministro di commentare un caso di conflitto di interessi dell'allora ministra degli Esteri Olta Xhacka, il cui coniuge si era aggiudicato un progetto di investimento strategico, nuovamente un resort di lusso sulla costa del sud dell'Albania.
Il direttore dell'ONG Citizen Channel, Lorin Kadiu, presente alla manifestazione, ha dichiarato a OBCT che il ricorso al linguaggio intimidatorio, che talvolta sfocia anche in gesti inappropriati, è diventato una reazione ordinaria quando il premier albanese è chiamato a rendere conto di questioni scomode di particolare interesse pubblico.
"Per me, questa protesta rappresenta un atto di ribellione da parte dei giornalisti, cui è stato impedito di svolgere adeguatamente il proprio ruolo", ha commentato Kadiu.
Oltre Rama: attacchi contro i giornalisti diventano tendenza diffusa nella politica albanese
L'ostilità nei confronti dei giornalisti in Albania non si limita al Primo Ministro. Negli ultimi mesi, il sindaco di Tirana, Erion Veliaj, è stato oggetto di critiche per le denigrazioni alla giornalista investigativa Ola Xama . Dopo aver riportato per la Rete Balcanica di Giornalismo investigativo (BIRN) il presunto coinvolgimento del sindaco in un grave caso di corruzione sulla gestione dei rifiuti, Xama è stata definita da Veliaj "militante" e "assassina a pagamento".
Alle dichiarazioni è seguita una più ampia campagna diffamatoria, culminata nelle ultime settimane con diversi siti di informazione vicini al governo che hanno pubblicato articoli caratterizzati da un livello preoccupante di violenza verbale di tipo sessista, includendo molestie online, rivolti a Xama e alla sua famiglia, pratiche di "slut-shaming", e la divulgazione dell'indirizzo di residenza della giornalista.
Come ha sottolineato nel suo intervento alla manifestazione il giornalista Isa Myzyraj, molti politici hanno fatto proprio il linguaggio denigratorio contro la stampa in uso dai leader nazionali.
Proprio in questi giorni infatti, il sindaco socialista della periferica città di Rrogozhine, alla notizia di essere indagato per compravendita di voti, ha attaccato duramente i media, riprendendo un'espressione usata dal Premier Rama che li definiva "bidoni della spazzatura".
“Il linguaggio del premier nei confronti dei giornalisti è divenuto allarmante in questi ultimi anni, ma ora si è arrivati anche a gesti fisici, mettendo a rischio i giornalisti nel loro lavoro quotidiano.
D’altro canto, le istituzioni devono fare luce su ogni caso di intimidazione, poiché ogni azione contro i giornalisti è un atto contro la libertà di stampa”, ci dice Myzyraj, giovane giornalista con all’attivo una causa in corso per diffamazione intentata dall’ex procuratrice capo di Tirana, ormai radiata dalla magistratura a seguito alla riforma giudiziaria, e una recente minaccia di morte antisemita e omofoba, pervenuta via email alla sua redazione.
“Questa protesta riguarda in primo luogo la sicurezza dei giornalisti. In Albania, i giornalisti non sono al sicuro” - conclude Myzyraj.
Albania fanalino di coda in Europa e Balcani
Il clima di intimidazione dei media in Albania ha attirato critiche da parte degli osservatori internazionali, con Reporter Senza Frontiere che nel 2023 ha collocato l’Albania al penultimo posto in Europa e all’ultimo posto nei Balcani occidentali in termini di libertà di stampa.
L’organizzazione ha rilevato che i giornalisti affrontano minacce da parte della criminalità organizzata, subiscono frequenti attacchi politici mirati a screditarli e incontrano ostacoli nell’accesso alle informazioni pubbliche detenute dal governo.
Il più recente rapporto dell’UE ha confermato che l’intersezione tra interessi economici e politici, unita alle intimidazioni e condizioni di lavoro precarie, continua a minare l’indipendenza dei media e la qualità del giornalismo, mentre l'atmosfera caratterizzata da attacchi verbali e fisici, campagne diffamatorie e azioni legali temerarie contro i giornalisti non è migliorata.
Il potere della propaganda: mezzi di informazione come strumento del governo
Secondo BIRN, il governo albanese ha raggiunto livelli senza precedenti di controllo sui media nel paese . Il più recente Media Ownership Monitor ha rivelato che il mercato dei media in Albania, dove i confini tra media, politica ed economia sono sempre stati labili, si conferma altamente concentrato.
I primi quattro proprietari nel mercato televisivo albanese raggiungono un pubblico compreso tra il 48,93% e il 58,60%. Gli incessanti attacchi contro i giornalisti critici o il gesto del premier nei confronti di Ambrozia Meta rappresentano solamente la superficie di una politica oppressiva attuata dall'esecutivo per limitare la libertà di espressione.
Gjergj Erebara, redattore di BIRN Albania, spiega a OBCT che definire i media come semplicemente di parte o meri strumenti di propaganda governativa sarebbe un'eufemistica sottovalutazione della realtà.
“Sono piuttosto al 120% sotto il tallone della propaganda e della disinformazione governativa”, dice Erebara, senza nascondere il rammarico che mentre i giornalisti protestavano, i media per cui lavorano non hanno riportato la manifestazione.
Un contesto che lascia i giornalisti impotenti nel loro ruolo di informatori del pubblico e anche quando riescono ad informare la cittadinanza, dopo aver superato censure e minacce economiche, diventano facili bersagli di attacchi personali.
“E non si può fare a meno di notare come gli attacchi siano anche di genere. In un paese in cui sessismo e omofobia sono fenomeni largamente diffusi, le giornaliste che osano dire la verità vengono etichettate come puttane, mentre i giornalisti critici vengono apostrofati da media governativi come omosessuali”, aggiunge Erebara.
Comportamenti che non solo rafforzano pregiudizi e discriminazioni già radicati, ma perpetuano una cultura di intimidazione che diventa ostacolo alla partecipazione delle donne nella vita pubblica.
“Insomma, in un panorama mediatico dove i proprietari, complici della corruzione politica, controllano ogni voce, i pochi giornalisti che rimangono fedeli a principi etici e alla difesa dei valori umani fondamentali diventano bersaglio dei peggiori attacchi possibili ", conclude Erebera.
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