Centro di Tirana

Levata di scudi dai partiti dell'opposizione albanese in seguito della dichiarazione del ministro degli Esteri spagnolo che ha chiesto a Tirana di inviare un messaggio di moderazione ai paesi islamici. Dibattito nel Paese e sulla stampa

21/02/2006 -  Indrit Maraku

La visita del ministro degli Esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos lo scorso 6 febbraio a Tirana aveva già tutti gli elementi necessari per renderla particolare: per la prima volta in 25 anni di relazioni diplomatiche tra i due Paesi un alto funzionario di Madrid visitava la capitale albanese. Ma per renderla proprio unica, ci ha pensato lo stesso Moratinos che in una conferenza stampa ha dichiarato di aver chiesto al suo collega albanese, "come membro della Conferenza Islamica, di mandare un messaggio di moderazione" ai Paesi islamici infuocati dalle proteste violente in seguito alla pubblicazione delle vignette sul profeta Maometto.

È bastata una frase-invito per innescare le reazioni del mondo politico locale che ha subito rifiutato l'etichetta di "Paese islamico" ricordando che "l'Albania non si deve immischiare nella questione". Il dibattito si è poi trasferito sui media con posizioni spesso molto distanti fra gli opinionisti, alcuni dei quali hanno giudicato la richiesta spagnola come "scioccante" o addirittura "offensiva".

L'invito

L'attuale capo della diplomazia spagnola 25 anni fa fu inviato a Tirana dal governo spagnolo per verificare le possibilità di creare relazioni diplomatiche tra i due Paesi. "Chi l'avrebbe mai detto allora che dopo alcuni anni sarei tornato in Albania come ministro degli Esteri della Spagna", ha detto Moratinos ai giornalisti, ignaro del fatto che della sua visita si sarebbe parlato ancora a lungo.

Il capo della diplomazia spagnola non solo ha invitato il proprio collega ad inviare questo messaggio di moderazione agli altri paesi islamici ma ha anche spiegato che non si tratta di una dichiarazione sporadica ma di un processo, poiché ha inoltrato tale invito anche al segretario generale della Conferenza, a quello della Lega Araba e al ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita.

La reazione dei politici

Accanto a Moratinos durante la conferenza stampa c'era anche il ministro degli Esteri albanese, Besnik Mustafaj, che ha taciuto sull'argomento. Come ufficialmente ha fatto anche il governo di centro-destra guidato dal Premier Sali Berisha, il quale, già prima della richiesta spagnola, aveva invitato il mondo arabo alla calma.

A rifiutare l'invito invece è stata la sinistra, che ha accusato la maggioranza per il silenzio mantenuto sull'argomento. Le dichiarazioni dei tre ex ministri degli Esteri durante gli otto anni di governo dei socialisti hanno fatto capire chiaro e tondo che l'etichetta di "Paese islamico" non va proprio giù a Tirana.

"Non c'è motivo che l'Albania venga coinvolta in questa questione poiché non è un grande Paese in grado di influenzare la scena internazionale", ha detto Paskal Milo, secondo il quale "l'Albania, per la sua composizione religiosa, non è un Paese islamico".

Per l'ex ministro degli Esteri ed ex primo ministro Ilir Meta, il ruolo chiesto da Madrid può essere svolto dalla diplomazia di Tirana solo nei Balcani. "Il ministro spagnolo ha sopravalutato l'Albania e il ruolo che può avere nei Paesi arabi. Il ruolo dell'Albania per il momento è importante solo nella regione balcanica", ha detto Meta. Sulla stessa frequenza anche la sua collega socialista Arta Dade. Secondo lei, "l'Albania non può essere considerata un Paese interamente islamico, ma è un Paese dove la tolleranza tra le varie religioni è un esempio eccezionale".

La Comunità islamica

Una volta aperto il dibattito, la paura che un attacco alle ambasciate straniere avvenisse anche a Tirana, come altrove, ha fatto precipitare l'ambasciatore danese presso la sede della Comunità islamica albanese, per rendere nota la posizione del suo governo sulla questione. Così, in ritardo rispetto alle reazioni in tutto il mondo sulla pubblicazione delle vignette su Maometto, è arrivata anche la dichiarazione della Comunità islamica che parlava di "offesa e provocazione dei sentimenti dei musulmani".

Chiaro anche l'invito diretto ai musulmani albanesi contro la violenza: "Vi invitiamo a non diventare prede di queste provocazioni che vogliono il male dell'Islam, del futuro dell'Europa e della pace nel mondo. La reazione dei musulmani deve essere matura perché la nostra fede non ci permette di rispondere a questi attacchi con le stesse armi".

Gli editorialisti albanesi

Dopo i politici e le autorità religiose è toccato agli opinionisti portare avanti il dibattito. Netta questa volta la distinzione fra chi ritiene le parole di Moratinos una vera offesa e chi invece non vede in esse niente di male.

"Togliamoci la kefiah" è il titolo dell'editoriale del noto giornalista, Ilir Babaramo, pubblicato su "Gazeta Shqiptare". L'autore parla di "una notizia veramente scioccante", prendendosela più che altro con la presenza alla Conferenza Islamica, "un ruolo che non ci dona e che non è adatto a noi". Secondo Babaramo, la visita di Moratinos "ci ha ricordato una verità amara: vogliamo diventare membri dell'Unione Europea e d'improvviso ci rinfacciano il fatto che siamo membri della Conferenza". Il giornalista chiede di uscire il prima possibile da questo organismo poiché "metà dei suoi Paesi membri finanziano, a volte apertamente e a volte di nascosto, il terrorismo".

"Non nascondiamo la nostra religione" invece è il titolo dell'intervento di Bashkim Kopliku. L'opinionista definisce degli "snob anti-musulmani" coloro che "si sentono offesi dalla richiesta del ministro spagnolo". L'autore non crede che la religione della maggioranza degli Albanesi sarà un problema per il futuro del Paese in Europa. "L'Albania è un Paese a maggioranza musulmana, come l'Italia è un Paese a maggioranza cattolica - scrive - ma questo non ci impedisce di essere buoni amici. L'Albania vuole entrare in Europa senza menzogne sulla sua composizione religiosa e non le è stata chiesta una cosa del genere".

Tirana nella Conferenza Islamica

La storia albanese nella Conferenza inizia tredici anni fa, quando a governare il Paese era il Partito democratico di Berisha. Da subito ci furono le reazioni dell'allora opposizione di sinistra e sui giornali di opposizione comparvero vignette del leader democratico con la kefiah in testa. Quando nel 1997 i socialisti vennero a potere, diminuirono sempre di più il livello di rappresentanza, senza però mai abbandonare l'organismo.

Con il ritorno l'estate scorsa della destra al potere, il Governo Berisha sembra aver intrapreso un'altro tipo di politica riguardo alla partecipazione alla Conferenza. Sin dal novembre scorso il ministero degli Esteri ha dichiarato la volontà albanese di giocare un ruolo più attivo nell'organismo che riunisce i Paesi islamici, ma alla notizia non è stata data importanza dai media. Il viceministro degli Esteri di Tirana ha visitato Dubai nel dicembre 2005 per partecipare ad una riunione della Conferenza Islamica ma, tranne una dichiarazione stampa comparsa sul sito web del ministero, nessuna informazione fu resa nota.

La questione delle vignette e le reazioni in seguito alla visita del numero uno della diplomazia spagnola hanno riacceso il vecchio dibattito sulla partecipazione albanese alla Conferenza che viene ripreso a puntate sui giornali locali. Gli opinionisti si chiedono se sia opportuno continuare ad essere membri di una organizzazione che unisce Paesi musulmani quando la Costituzione dichiara senza equivoci che "l'Albania è un Paese laico".

In questi giorni si è fatto molto riferimento alla maggioranza di musulmani nella popolazione albanese: ufficialmente si dice infatti che il 70% sia di religione islamica, il 20% cattolica e il 10% ortodossa. Il dati però risalgono al 1937 quando fu fatto l'ultimo censimento su base religiosa della popolazione e soprattutto quando la popolazione totale era di 800 mila anime. E ci sono molti motivi per credere che dopo 70 anni le percentuali non siano le stesse.


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