Natale in Pazza della Repubblica

Sì, avete capito bene, buon Anno e buon Natale e non viceversa, perché in Armenia viene prima il Capodanno e poi il Natale. La tradizione natalizia dal racconto della nostra corrispondente da Yerevan

24/12/2008 -  Kristine Gasparyan Yerevan

Il Natale è il culmine delle celebrazioni legate all'incarnazione di Cristo, il tema centrale in ogni Chiesa. Quella armena, chiamata Chiesa armena apostolica illuminata, festeggia l'importante festa cristiana il 6 gennaio. E' una Chiesa con tradizioni particolari e non non la si deve confondere con quella ortodossa.

Spesso ci si chiede perché la Chiesa armena e quella ortodossa non celebrano il Natale il 25 dicembre. Fino al IV secolo la natività veniva festeggiata da tutte le chiese il 6 gennaio, poi la data è stata spostata al 25 dicembre. In primo luogo, perché la Chiesa voleva imporsi su una festa pagana dedicata alla nascita del sole, che veniva celebrata proprio in quel giorno. Dato che la gente era già abituata a festeggiare il giorno 25, sarebbe stato più semplice così far dimenticare le loro festività pagane. La Chiesa armena non ha applicato alcun cambiamento di data in quanto il cristianesimo era la religione ufficiale già a partire dal 301 e le feste pagane non rappresentavano un serio pericolo di identità, oltretutto, non dipendendo dalla Chiesa romana, non era obbligata ad accettare i cambiamenti di date delle feste ufficiali. La Chiesa armena celebra il Natale anche in Terra Santa, a Gerusalemme.

In Armenia le vacanze invernali iniziano con i festeggiamenti per l'anno nuovo. Anche la data di inizio anno ha subito negli anni dei cambiamenti. Ai tempi del paganesimo, si considerava l'11 agosto come primo giorno del nuovo anno, il tempo del raccolto. Nel XVIII secolo si è poi spostato al 1 gennaio. Molte regioni dell'Armenia hanno continuato a celebrare il capodanno in agosto fino a quando, gradualmente, alla fine del XX secolo, tutti gli armeni hanno adottato il 1 gennaio come primo giorno del nuovo anno.

Anche in Armenia i giovani aspettano i festeggiamenti dell'ultimo dell'anno ("Amanor" in armeno). Si crede che celebrare il tradizionale Amanor in armonia con la natura e con se stessi porti successo e benessere per il nuovo anno. Così, ciascuna famiglia fa del suo meglio per riunirsi il primo giorno dell'anno attorno ad una tavola imbandita, ricca di cibo, come segno di buon auspicio per tutto l'anno. Le tavole sono preparate con frutta fresca e frutta secca, nocciole, dolci, ecc.. Ci sono molte tradizioni tipiche nelle diverse zone dell'Armenia, come ad esempio donare mele con delle monete, simbolo della vita. I dolci più importanti che vengono serviti sono delle torte rotonde con una moneta nascosta al loro interno: colui che trova la moneta sarà il portafortuna della famiglia. Poi c'è il gata, un pane dolce che ha bisogno di diversi giorni di preparazione prima di essere mangiato. Degno di nota anche la dolma preparato con le foglie d'uva. In passato, alla vigilia di Natale i bambini usavano riunirsi nelle strade del villaggio per cantare al nuovo anno andando a salutare il vicinato, ricevendo in cambio frutta e doni.

Seppur in modo minore, gli armeni celebrano ancora il cosiddetto "Vecchio anno nuovo", il 13 gennaio, che era l'ultimo giorno dell'anno secondo il calendario giuliano.
La festa di Natale del 6 gennaio è più di carattere religioso, non così pomposa come nei paesi cattolici. Principalmente si mangiano pesce e uova, ma il piatto tradizionale è l'harisa, pollo e frumento. Si va a messa la mattina, e se l'anno precedente nella famiglia c'è stato un defunto, ci si reca a visitarne la tomba.

Infine, un'altra tradizione antica legata al Natale in Armenia, che probabilmente ha origini pagane e che ora è quasi scomparsa: la sera di Natale, il 6 gennaio, un gruppo di bambini con delle maschere spaventose all'improvviso si presentava alla porta (una volta qui le porte non si chiudevano mai!). Irrompevano in casa, battendo il pavimento con dei bastoni e cantando delle canzoni, e uno di loro si sdraiava a terra fino a quando i padroni di casa non gli davano un dono, del cibo o dei soldi. Dopodiché i bambini cantavano per ringraziare la famiglia.


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