Un gruppo di giovani provenienti da ogni parte del mondo rappresenta l’Armenia al festival della canzone europea di Vienna. Incontro con Vahe Tilbian, armeno d’Etiopia
Vahe Tilbian è uno dei sei componenti del gruppo Genealogy , che questa sera rappresenterà l’Armenia all’Eurovision Song Contest di Vienna. Vahe è nato in Etiopia ed è parte di una piccola comunità, quella armeno etiope, che ha una grande storia. Del 2012 è il suo primo album da solista, Mixology. Tra le varie lingue che parla, c’è anche l’italiano.
Come mai parli l’italiano?
Ho molti amici in Etiopia che sono italiani, e anche la moglie di mio zio è per metà italiana e per metà scozzese. Così, l’ho imparato grazie alla mia famiglia. Più tardi, l’ho studiato anche all’università, in Canada.
Ci puoi presentare Genealogy? Come è nato il gruppo e quale ne è il significato?
Genealogy rappresenta quest’anno l’Armenia all’Eurovision Song Contest, è un gruppo composto da sei artisti provenienti da tutto il mondo, uno per ciascuno dei cinque continenti. Abbiamo Stephanie Topalian dal Giappone, Mary-Jean O'Doherty Basmadjian dall’Australia, Tamar Kaprelian dall’America, Essai Altounian dalla Francia, Inga Arshakyan dall’Armenia e poi ci sono io, che rappresento il continente africano e vengo dall’Etiopia.
La televisione pubblica armena ci ha contattati per questo progetto, Genealogy. Ci hanno detto che quest’anno volevano includere la diaspora a Eurovision. Così, ognuno di noi ha ricevuto una mail con cui ci chiedevano se eravamo interessati. Ho detto di sì, che volevo esserci assolutamente. In seguito, ho dovuto presentare un paio di video, sono piaciuti, e così mi hanno chiesto di essere parte di questo fantastico viaggio. Per me è un’esperienza incredibile.
Come vi sentite, ragazzi, ad essere insieme? Che cosa vi unisce? Provenite tutti da diversi continenti, ma con una radice comune, perché tutti voi siete armeni.
È una sensazione unica. Una grande dimostrazione di unità, e poi la forza che ricaviamo dall’essere insieme è assolutamente incredibile. È davvero bello incontrare artisti provenienti da ogni parte del mondo e tutti di grande talento.
Oggi noi unifichiamo la diaspora armena, ma non solo. Uniamo anche l’Armenia, la nostra patria. Allo stesso tempo, rappresentiamo anche il mondo intero. Il tema di quest’anno di Eurovision è “Costruire ponti” ed è esattamente quello che stiamo facendo con Genealogy. Stiamo costruendo ponti in tutto il mondo, dal Giappone all’Europa, dall’Africa all’Armenia, ed è meraviglioso. Ancora non riesco a credere di essere parte di questo progetto. Per me è davvero un onore.
Ora volevo chiederti dell’Armenia. Come ti sei sentito a tornare in Armenia? Che impressione ti hanno fatto la vita della capitale e i giovani di qui?
Sono stato in Armenia già un paio di volte prima di questo progetto, quindi conoscevo la città e avevo avuto modo di visitare anche il resto del paese. Una grande esperienza per me, davvero emozionante. Anche ora, i luoghi che vedo ogni volta che viaggio, le persone che incontro, tutto questo è estremamente emozionante per me: far parte della diaspora ed essere di nuovo qui e incontrare questa gente fantastica.
I giovani, soprattutto a Yerevan, sono molto attivi. C’è così tanta energia in loro. Una cosa che non lascia indifferenti. Sì, è proprio una grande emozione essere qui.
Quali sono le tue radici? So che hai entrambi i genitori di origini armene e che tuo nonno era un sopravvissuto al genocidio.
La mia famiglia proveniva dall’Armenia occidentale. Dalla parte di mio padre, sono stati in Siria per un periodo e poi da lì sono venuti in Etiopia. Dalla parte di mia mamma, invece, mio nonno è nato ad Alessandria d’Egitto, e poi dall’Egitto si è trasferito con la famiglia in Etiopia. Stavano cercando un nuovo posto dove vivere, una casa e un lavoro. Sono venuti da lontano e hanno finito per stabilirsi ad Addis Abeba, in Etiopia.
Puoi parlarci della comunità armena in Etiopia?
È una comunità molto antica. Se si va indietro nella storia, già nel XVI secolo c’erano tracce di una comunità armena che viveva in questo paese. La comunità era fiorente e prospera. Anche oggi, è una cosa unica. Quando parlo con la gente e spiego che sono un armeno dall’Etiopia, dicono: da non credere, ci sono armeni anche in Etiopia! La diaspora si è diffusa in tutto il mondo.
Gli etiopi sono persone molto disponibili, e ci hanno accolti a braccia aperte. Abbiamo vissuto lì per secoli. Se si va più indietro nel tempo, gli armeni hanno sempre viaggiato e commerciato in Etiopia, anche prima.
Com’è la vita di tutti i giorni della vostra comunità?
La comunità è molto piccola, siamo meno di cento persone, ma abbiamo un club, abbiamo una chiesa e una scuola, e sono tutti in funzione. Ci incontriamo spesso, il club ha un ristorante e ci incontriamo lì. Siamo in contatto anche con la comunità internazionale che vive in Etiopia, come con gli italiani. Anche loro sono meno di un tempo, ma sono una comunità ancora ben viva. Dato che siamo in ottimi rapporti, passiamo molto tempo insieme.
La comunità armena in Etiopia è legata all’Armenia e al resto della diaspora?
Non siamo isolati, la chiesa mantiene i contatti. Abbiamo poi armeni in visita da tutto il mondo. Vengono per lavoro, per le imprese, ma anche per visitare l’Etiopia, e scoprono che c'è una comunità lì. Vengono in chiesa e così li incontriamo. La vita in Etiopia per me e la mia famiglia è abbastanza piacevole, ci sentiamo a casa.
Come ti senti invece ad essere qui in Armenia nei giorni del centenario del genocidio?
Essere uniti è assai importante, ed è importante il fatto che siamo venuti qui dalla diaspora. Mi sento molto onorato di essere qui. Si tratta di un’esperienza unica per me essere a Yerevan, soprattutto in questo momento.
So che di recente hai visitato Tsitsernakaberd, il memoriale del genocidio armeno. Come è stato?
Molto emozionante. È importante onorare le vittime. Ma anche il fatto che siamo ancora qui è una cosa positiva, dovremmo anche essere felici di essere sopravvissuti.
Ora che un secolo di dolore e di lutti si chiude per gli armeni, qual è la tua speranza per il futuro dell’Armenia?
La pace è la mia speranza più grande, e credo che questo desiderio diverrà realtà. Dobbiamo lottare per un futuro migliore, lavorare per il meglio e pregare per il meglio. Unità, pace e tolleranza sono molto importanti. Dobbiamo muoverci in questa direzione e credo che ciò accadrà presto.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!