Il riavvicinamento tra Ankara e Yerevan sembra ancora lontano, nonostante le forti aspettative per un rilancio del dialogo tra i due Paesi dopo la fine del ciclo elettorale in Turchia. Proseguono tuttavia gli importanti sforzi della diplomazia non governativa, grazie a progetti congiunti di organizzazioni di società civile armene e turche
Le elezioni parlamentari turche del 12 giugno scorso non hanno per il momento condotto ad alcuna svolta nel processo di riconciliazione tra Ankara e Yerevan, volto a riaprire il confine e normalizzare i rapporti tra i due Paesi. “Molti a Yerevan si aspettavano che, finite le elezioni, la riconciliazione tra i due Paesi tornasse tra le priorità della politica turca”, ha spiegato lo studioso Hovhannes Nikoghosyan sull’Hürriyet Daily News del 31 luglio. Questa speranza, dopo la mancata ratifica dei Protocolli di Zurigo dell’ottobre 2009, era condivisa da molti analisti nonostante i numerosi problemi che impegnano l’agenda politica di Ankara sia sotto il profilo interno (la questione curda) che internazionale (i rapporti difficili con Israele, l’arrivo di rifugiati siriani).
Purtroppo, però, le aspettative ad oggi sono rimaste disattese: “Il partito di Erdogan non è riuscito ad ottenere voti sufficienti […] e dovrà negoziare con le altre forze politiche tutte le questioni di politica estera: in questo contesto qualsiasi cambiamento nei rapporti con l’Armenia è fondamentalmente irreale”, ha dichiarato il professor Ruben Melkonyan all’agenzia di stampa Mediamax .
Piccoli passi
“Senza dubbio ci saranno pressioni da parte degli USA per normalizzare le relazioni con l’Armenia – ha commentato Faruk Loğoğlu, ex ambasciatore a Baku e a Washington, sul portale azero Today.az – ma per fare passi avanti è necessario rivedere i protocolli, ora ad un punto morto”.
In effetti, il riavvicinamento tra i due Paesi resta uno degli obiettivi di Washington nella regione: “E' un progetto storico […] incoraggiamo la Turchia a sostenere i Protocolli e a concordare con l’Armenia misure di confidence-building”, ha dichiarato a Radio Free Europe il portavoce del Dipartimento di Stato USA al termine della visita di Hillary Clinton a Istanbul.
L’invito di Washington è stato prontamente recepito: il 21 luglio la giornalista Fulya Özerkan, dell’Hürriyet Daily News, ha confermato che “superata la prova elettorale, il governo turco avvierà nuove misure di confidence-building come prova degli sforzi di normalizzazione nei confronti dell’Armenia”. Tra le misure previste – “piccoli passi simbolici” – c'è anche l’apertura di un ufficio della Turkish Airlines nella capitale armena “che aiuterebbe gli armeni e la diaspora a conoscere la Turchia moderna, grazie a nuovi voli diretti da Yerevan e da Los Angeles”. Come annunciato il 22 luglio da Abdullah Tunçdemir, rappresentante della Camera di Commercio di Van in visita in Armenia, un secondo collegamento tra i due Paesi sarà garantito dal volo charter Yerevan-Van, dal prossimo 11 settembre. Inoltre, “le parti cercheranno di realizzare in altro modo il contenuto dei protocolli: l’idea non è riaprire il confine, ma aprire intanto i valichi di confine tra Turchia e Armenia”. “Si dovrà comunque aspettare fino al 2013-14 – ha concluso la Özerkan – perché il governo turco ha bisogno di tempo per risolvere altre sfide sul fronte estero […] che hanno tolto l’Armenia dalla lista delle priorità”.
Il dialogo di Ani e la Tepav: la diplomazia della società civile
Parallelamente alle iniziative politiche, tuttavia, sono proseguiti i lavori della cosiddetta “track two diplomacy”. In seguito al fallimento dei Protocolli e, con esso, dei canali diplomatici tradizionali, si era avviata infatti una diplomazia “secondaria” sostenuta da iniziative della società civile per rafforzare i contatti tra le parti. È nato così il Dialogo di Ani , forum che affronta il problema della riconciliazione da una prospettiva ascendente (bottom-up), in alternativa all’approccio politico tradizionale dall’alto (top-down): “Le relazioni tra i due Paesi sono state finora gestite dall’alto, come hanno dimostrato la cosiddetta diplomazia del calcio e i Protocolli del 2009. Tale approccio non sembra destinato ad aver successo, diversamente dai contatti che avvengono a livello di società civile”, si legge tra le motivazioni che hanno spinto la Heinrich Böll Foundation South Caucasus , la Heinrich Böll Foundation Turchia e il Caucasus Institute di Yerevan ad avviare il Dialogo nel 2010. Scopo del progetto è “sostenere il processo di riconciliazione da una prospettiva ascendente… portando gli attori delle società civili dei due Paesi a discutere insieme le prospettive di un futuro comune”.
Di cooperazione transfrontaliera si occupa anche la TEPAV (Economic Policy Research Foundation of Turkey) , che il 18 luglio ha ospitato ad Ankara un seminario sul futuro delle iniziative per la riconciliazione a cui hanno partecipato organizzazioni di entrambi i Paesi. Al termine dei lavori, i delegati armeni sono stati ricevuti dal ministro degli Esteri Davutoğlu. L’incontro, non programmato, è stato organizzato in breve tempo dall’analista di TEPAV Burcu Gültekin Punsmann, che al quotidiano turco Today’s Zaman ha spiegato: “Le società dei due Paesi sono già vicine tra loro nonostante il confine chiuso […] e l’incontro col ministro è stato un bel gesto che ci ha incoraggiati”. “È stata un’occasione inattesa dove abbiamo potuto spiegare la nostra posizione […] e dove la controparte turca era interessata a capire l’opinione della società civile armena”, ha ribadito Tevan Poghosyan, direttore dell’International Center for Human Development , a Mediamax. “Sono rimasto colpito dall’atmosfera dell’incontro – ha aggiunto Richard Giragosian, direttore del centro studi Regional Studies Center . Il ministro è sia un professionista che un intellettuale, e questo ha trasformato l’incontro in un aperto scambio di opinioni. […] Lascio Ankara più speranzoso, anche se questo significa che ora ho più aspettative di prima”.
L'incidente di Tsaghkadzor
Nonostante l’esito positivo dell’incontro, restano però dubbi sulla reale volontà politica delle parti, come dimostrato dal recente incidente che ha coinvolto le due diplomazie a margine delle “Olimpiadi Panarmene di Lingua, Letteratura e Studi Armeni”, tenutesi a Tsaghkadzor a fine luglio. Uno studente aveva infatti in quell'occasione chiesto al presidente armeno se l’Armenia sarebbe mai riuscita a riconquistare i territori della Turchia orientale [tuttora chiamati “Armenia occidentale” dagli armeni, ndr]. “Dipende da voi e dalla vostra generazione. La mia [generazione] ha adempiuto al proprio dovere difendendo il Karabakh quando era necessario […] Se non risparmierete gli sforzi […] avremo uno dei migliori Paesi del mondo”, ha risposto Sargsyan. Il premier turco ha preteso dal leader armeno scuse ufficiali, “per aver rivendicato territori turchi […] E' irresponsabile rivolgere ai giovani raccomandazioni che potrebbero alimentare l’odio tra le nazioni”. La presidenza armena ha però prontamente respinto la richiesta, come riferito da Armenialiberty il 28 luglio.
Simili polemiche, purtroppo, rivelano la mancanza di una ferma volontà politica di riconciliazione da parte delle diplomazie ufficiali, e rischiano di vanificare anche gli sforzi della diplomazia non governativa.
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