Khadija Ismayilova, incarcerata da oltre un anno per il suo lavoro di giornalista investigativa, sarà difesa da Amal Alamuddin, avvocato esperto di diritti umani
Khadija Ismayilova è una giornalista azera di fama mondiale che paga da più di un anno con il carcere il suo coraggio. Il suo caso, che ha provocato lo sdegno della comunità internazionale, raggiungerà presto la Corte Europea dei Diritti Umani. A rappresentarla ci sarà Amal Alamuddin, avvocato inglese con una notevole esperienza nella difesa dei diritti umani, nota anche per essere la moglie dell’attore George Clooney. Il suo intervento ha scatenato una campagna diffamatoria sui media vicini al regime, che l’hanno accusata fra l’altro di essere armena. Un’accusa infamante, in un paese che è da più di vent’anni in guerra con la vicina Armenia, ma infondata, dato che la signora Clooney ha origini druse e libanesi.
Amal Clooney
L’annuncio è giunto a sorpresa il 17 gennaio durante un’intervista rilasciata dalla Clooney alla NBC. Nei giorni seguenti, è tornata sul caso in altre apparizioni televisive, fra cui un’intervista sulla CNN . L’avvocato rappresenterà la giornalista azera a Strasburgo insieme a Fariz Namazli e a Nani Jansen della Media Legal Defence Initiative (MLDI), organizzazione non governativa londinese che si occupa della difesa dei diritti dei giornalisti. Una notizia inaspettata, ma in linea con l’impegno dimostrato dalla Clooney durante la sua carriera. Dal 2014 ha seguito il caso del giornalista di Al Jazeera Mohamed Fahmy, rimasto in carcere in Egitto fino all’agosto 2015. Fra i suoi assistiti più celebri, ricordiamo inoltre il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, e l’ex Primo ministro dell’Ucraina Yulia Tymoshenko.
Sempre per quel che riguarda la Corte Europea dei Diritti Umani, la Clooney è reduce dal caso Perinçek contro Svizzera, dove ha rappresentato il governo armeno costituitosi parte civile nel processo che coinvolgeva un politico turco. Un elemento importante di questa storia, dato l’utilizzo che ne è stato fatto dai media azeri in questi giorni. Questi hanno usato il caso Perinçek – dove la Clooney si è battuta contro un negazionista del genocidio armeno condannato in Svizzera per le sue esternazioni – a riprova delle attività “anti-turche” dell’avvocato, accusandola di essere parte di un complotto ordito della lobby armena internazionale.
Khadija Ismayilova
Ma chi è Khadija Ismayilova, e perché il suo lavoro dà tanto fastidio alle autorità di Baku, al punto da porre a rischio la credibilità internazionale del paese pur di metterla a tacere? Il “peccato” commesso dalla Ismayilova è quello di essere andata a colpire il regime nei suoi interessi più vitali, quelli economici, denunciando una diffusa rete di corruzione. Giornalista investigativa di Radio Free Europe, ha ricevuto numerosi premi all’estero per il suo lavoro. La sua attività investigativa l’ha portata a indagare gli aspetti meno conosciuti degli affari del presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, e della sua famiglia. Una delle poche voci libere che ha avuto il coraggio di farlo, in un paese fra gli ultimi al mondo per la libertà di stampa.
Arrestata nel dicembre 2014 a Baku, dopo molti mesi di carcere il 24 luglio scorso è finalmente iniziato il processo che la vede protagonista, rigorosamente a porte chiuse. Pesante la condanna ricevuta: sette anni e mezzo di prigione, alla quale è seguita la causa portata dai suoi avvocati di fronte alla Corte Europea dei Diritti Umani. Le accuse mosse contro di lei sono le più varie e fantasiose, e vanno dalla diffamazione all’evasione fiscale, dai traffici illegali fino all’abuso di potere. Non solo: a suo tempo è stata denunciata di incitamento al suicidio nei confronti di un collega, anche se questi nel frattempo aveva ritrattato le accuse. Prima ancora, non erano mancate minacce e intimidazioni nei suoi confronti. I suoi detrattori erano ricorsi agli espedienti più bassi contro di lei, ma inutilmente. Il più sordido: un video che ritraeva la giornalista nell’intimità della sua vita sessuale, estorto con una telecamera nascosta. Neppure questo, tuttavia, era bastato a piegarla, e così è arrivata la prigione.
Appelli internazionali
Ma non c’è solo la coraggiosa Ismayilova nelle carceri di Baku. Un centinaio di prigionieri di coscienza, fra cui giornalisti e blogger – arrestati soprattutto negli ultimissimi anni – si trovano nella sua stessa condizione. Stato post-sovietico ricco di petrolio e gas, il paese ha conosciuto una crescita esponenziale dopo la crisi economica dei primi anni novanta. Primo fornitore di petrolio dell’Italia, l’Azerbaijan si trova ora però in piena crisi economica, in conseguenza dell’abbassamento del prezzo del petrolio, della corruzione imperante e della mancata differenziazione della sua economia. La moneta locale, il manat, ha perso in un solo mese il 30% del suo valore sul dollaro, mentre aumentano rapidamente inflazione e disoccupazione. Un’inquietudine che è sfociata di recente in diverse manifestazioni di protesta contro il regime, sempre più determinato a mettere a tacere – in un momento di crisi – ogni possibile dissenso.
Tanti gli appelli lanciati da parte di organizzazioni e istituzioni internazionali per la liberazione di Khadija Ismayilova. Ultimo in ordine di tempo, l’intervento di Nils Muižnieks , Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d'Europa, che è stato inviato alla Corte Europea dei Diritti Umani. In esso, Muižnieks ha ricordato come il caso della giornalista di Radio Free Europe sia “un sintomo di una problema grave e sistematico che si presenta in Azerbaijan per i diritti umani”. Sempre a gennaio, Mogens Blicher Bjerregård, presidente della Federazione Europea dei Giornalisti, è ritornato di nuovo sul caso, chiedendo “l’immediato rilascio della nostra collega Ismayilova”.
Forti critiche al regime sono giunte anche dal World Report 2016 di Human Rights Watch (HRW), pubblicato il 27 gennaio. Il direttore di HRW per il Caucaso del Sud, Giorgi Gogia, ha ricordato come “il giro di vite oggi operato dal governo in Azerbaijan sia senza precedenti nella storia del paese”. Sempre lo stesso Gogia ha fatto appello affinché le “istituzioni internazionali, in particolare l’Unione Europea e i suoi membri, sviluppino una strategia efficace che imponga all’Azerbaijan di tenere fede ai suoi doveri per la tutela dei diritti umani”.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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