È cambiata molto negli ultimi anni anni la situazione dei diritti LGBT nei Balcani, ci sono però ancora paesi, tra cui la Bosnia Erzegovina, dove la sola idea del Pride è di difficile realizzazione
(Originariamente pubblicato sulla versione bhs della Deutsche Welle )
“In Erzegovina, in una famiglia tradizionale cattolica, è più facile dire di essere di sinistra e ateo, che dire di essere gay”, così Zdenko P. di Mostar descrive la situazione delle persone LGBT in Bosnia Erzegovina, uno dei due paesi dei Balcani occidentali che non ha mai ospitato un Gay Pride. Zdenko dice che è più probabile che in Bosnia Erzegovina si tenga una “parata dei disoccupati” piuttosto che una LGBT, aggiungendo: “Il Pride potrebbe eventualmente avere luogo in un contesto variegato, come quello di Sarajevo o Mostar, fungendo da fattore unificante tra le minoranze sessuali. Questi contesti sono caratterizzati da molteplici situazioni conflittuali e da una costante ricerca di un ‘nemico comune’, che spesso viene identificato proprio nelle persone LGBT”.
Ad oggi non c’è stato alcun tentativo di organizzare un Gay Pride a Sarajevo. Alla domanda se quest’anno in Bosnia Erzegovina sarà organizzata una parata dell’orgoglio, Emina Bošnjak, direttrice del Sarajevski otvoreni centar [organizzazione non governativa impegnata nella promozione e nella difesa dei diritti delle persone LGBT e delle donne, ndt.], risponde negativamente, precisando: “È l’anno delle elezioni, che sono sempre un terreno scivoloso, un’occasione per sacrificare gli interessi di certe minoranze per raggiungere determinati obiettivi politici”. Aggiunge inoltre che l’idea di organizzare il Pride non ha mai ricevuto sostegno da parte delle istituzioni.
È interessante tuttavia notare che in Bosnia Erzegovina anche alcuni sostenitori dei diritti LGBT sono contrari allo svolgimento del Pride, considerandolo un evento potenzialmente pericoloso per le persone LGBT dichiarate, che potrebbero diventare vittime di atti discriminatori e di violenza.
Uscire dall’invisibilità
Abbiamo chiesto a Volker Beck, esponente dei Verdi tedeschi e dichiaratamente omosessuale, di spiegarci l’importanza di un evento come il Gay Pride per la conquista dei diritti LGBT nelle giovani democrazie dei Balcani occidentali, compresa la Bosnia Erzegovina. “L’instaurazione di un sistema democratico implica la libertà di esprimersi apertamente sui temi legati al sesso e all’omosessualità. Ed è qui che le manifestazioni giocano un ruolo molto importante, nel senso che le lesbiche, gli omosessuali e i transessuali devono uscire dall’invisibilità e dire ‘esistiamo anche noi, viviamo accanto a voi’”, spiega Beck, aggiungendo che il Pride è una sorta di coming out collettivo.
Tuttavia, molte persone temono di rivelare il proprio orientamento sessuale. “È vero che molti hanno paura” – dice Beck – “ma sulla base della mia esperienza personale posso dire che nei paesi dei Balcani occidentali ci sono molte persone coraggiose, per le quali provo una grande ammirazione. Per noi in Germania è stato molto più facile lottare per i nostri diritti, non ci è voluto molto coraggio, mentre nei Balcani occidentali le persone LGBT dichiarate rischiano la propria incolumità, e talvolta la propria vita”.
Per quanto riguarda la situazione delle persone LGBT in Bosnia Erzegovina, Emina Bošnjak dice che le cose si stanno muovendo nella direzione giusta. “La comunità LGBT è finalmente uscita dall’invisibilità, e ora si parla di questioni legate all’inclusione sociale delle persone LGBT, che non possono più essere trattate come cittadini di serie B, bensì come uguali a tutti gli altri cittadini”.
Un passo alla volta
Bošnjak spiega che in Bosnia Erzegovina sono sempre più numerosi i giovani che decidono di dichiararsi apertamente omosessuali. “Sono giovani di larghe vedute, imbevuti delle nuove idee, che desiderano che anche la nostra società divenga più aperta e più tollerante. Per questo ritengono di dover parlare apertamente della propria identità sessuale, senza nasconderla. L’atteggiamento giusto comincia con la consapevolezza che l’orientamento sessuale e l’identità di genere sono parte integrante della personalità di ogni essere umano. Ma è un processo che avanza lentamente, un passo alla volta”.
Anche in altri paesi della regione la situazione è migliorata lentamente. Basta ricordare il tentativo di organizzare il Gay Pride a Belgrado nel 2001, quando una trentina di hooligan hanno aggredito i partecipanti alla parata. Le immagini di attivisti LGBT con i volti coperti dal sangue, distesi per terra mentre gli hooligan continuano a picchiarli, così come quelle dei dignitari della Chiesa ortodossa serba che invitano le persone LGBT al pentimento, mentre assistono, senza mostrare alcuna empatia, alla brutale violenza nei loro confronti, hanno fatto il giro del mondo.
Nel 2008, un gruppo di wahabiti ha fatto irruzione alla serata inaugurale della prima edizione del Queer Festival di Sarajevo, mentre a Spalato nel 2011 i partecipanti al Pride sono stati attaccati con un lancio di pietre, petardi e lacrimogeni. Oggi la situazione delle persone LGBT sia in Croazia che in Serbia è molto migliorata, e sembra che pian piano stia migliorando anche in Bosnia Erzegovina.
“In Bosnia Erzegovina il Pride avverrà spontaneamente, come espressione di insoddisfazione di un gruppo sociale e una forma di lotta. Le persone scendono in strada quando sentono la necessità di denunciare i problemi con cui sono costrette a confrontarsi”, spiega Bošnjak.
E i problemi non mancano. Nel 2017 si è registrato un aumento di casi di violenza contro le persone transgender e di episodi di discriminazione in vari ambiti della vita sociale. Secondo i dati del Sarajevski otvoreni centar, in forte crescita è anche la violenza domestica, così come la violenza tra coetanei.
Alla nostra domanda se abbia subito, durante l’adolescenza, qualche forma di discriminazione o di violenza a causa del suo orientamento sessuale, Zdenko P. ha riposto: “Non so dire con certezza se la violenza che ho subito da parte dei miei coetanei sia stata legata al fatto di non essere mai riuscito a inserirmi in nessun gruppo, oppure al mio orientamento sessuale”.
Non è solo questione di coraggio
Volker Beck si reca spesso nei paesi dove i diritti delle persone LGBT sono minacciati, per sostenere gli attivisti locali. Anch’egli è stato perseguitato a causa del proprio orientamento sessuale: in Turchia è stato arrestato, in Russia è stato vittima di un brutale pestaggio. Gli abbiamo chiesto dove trova la forza e il coraggio di lottare.
“Io non sono coraggioso (ride). Sono più che altro un testardo. Mi rifiuto di accettare atteggiamenti discriminatori. Ricordo sempre la storia tedesca del secolo scorso, il periodo in cui era ancora possibile fermare l’ascesa dei nazisti, ma nessuno ebbe il coraggio di farlo. Pertanto i democratici dovrebbero alzare la voce contro l’odio e le discriminazioni e difendere i valori democratici con forti argomenti, ma anche scendendo in strada per protestare”.
Alla domanda se consiglierebbe alle persone LGBT nei paesi dei Balcani occidentali di battersi per i propri diritti, Beck risponde che vale sempre la pena lottare. “La libertà è possibile ovunque. Ogni paese ha una storia complicata, e la democrazia non cade dal cielo, è una conquista che richiede l’impegno di tutti. La discriminazione nei confronti delle persone omosessuali è una piaga sociale, ereditata dal passato, che deve essere combattuta”, conclude Beck.
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