Nel terzo giorno di viaggio, la nave di Osservatorio fa tappa a Budapest per un confronto su acqua e ambiente. E su una nuova idea di Europa
"Bisognerebbe insegnare ai bambini a leggere sulle cartine geografiche prima i fiumi, poi i confini."
La citazione di Mauro Tesauro, assessore all'ecologia del comune di Modena, trova d'accordo la platea. Dopo alcuni giorni di navigazione sul grande fiume, la letteratura ha ormai preso forma. Per i passeggeri della nave ungherese "Gyor", che segue il Danubio con le bandiere della pace e lo striscione dell'iniziativa, "L'Europa si incontra", i bacini idrografici potrebbero rappresentare senz'altro una unità politica ed amministrativa migliore di quelle tradizionali. Una unità perlomeno più adeguata alla nuova Europa, quella possibile, immaginata dai passeggeri della "Gyor", non quella probabile, incombente, una gigantesca e prosaica area di libero mercato dominata dal pensiero unico.
L'Europa si incontra. Ma quale Europa, per l'appunto? O meglio, quale idea di Europa? Nella giornata di Szentendre-Budapest i linguaggi, e gli approcci relativi, cominciano a differenziarsi, cominciano ad emergere i contenuti.
Il titolo eloquente della tappa dedicata all'ambiente è: "Nuove strategie per aumentare la consapevolezza sulle tematiche ambientali e sulla gestione partecipata delle risorse idriche nel quadro del processo di allargamento della Unione Europea." In questo caso, il lavoro organizzativo di Osservatorio Balcani è supportato da Legambiente e dal Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua, insieme al Centro Regionale per l'Ambiente (REC), che ospita la iniziativa nella sede centrale della organizazzione a Szentendre (Budapest).
Dopo gli interventi introduttivi e la presentazione di Marta Szigeti Bonifert, direttrice del Rec, hanno preso la parola Mara Silina in rappresentanza dell'European Environmental Bureau, coordinamento di organizzazioni non governative che lavorano su tematiche ambientali, e Philip Weller, della Commissione Internazionale per la Protezione del Danubio (ICPDR).
Mentre la Silina ha sottolineato che gli standards europei in materia ambientale non sono un feticcio e che l'insieme della legislazione di Bruxelles (il cosiddetto "acquis communautaire") puo' rappresentare tutt'al piu' un pavimento da migliorare, e non un soffitto contro cui sbattere, anche per i paesi di nuova accessione, Philip Weller ha ripercorso la storia della Convenzione internazionale per la protezione del Danubio (14 paesi firmatari), sotto la cui egida si e' costituita la Commissione da lui rappresentata.
"Il Danubio - ha dichiarato Weller - raggiunge naturalmente da secoli quello che stiamo cercando con fatica di conseguire politicamente, la unione delle comunita' locali che si affacciano lungo il corso del grande fiume." E' un'area nella quale vivono 82 milioni di persone, di 18 paesi diversi, 10 dei quali attraversati direttamente. Il direttore della Commissione ha ricordato gli scopi della organizzazione da lui rappresentata, prevalentemente di coordinamento e monitoraggio. Una lavoro non da poco, se si considera che il sistema di rapida allerta costituito sotto l'ombrello della Convenzione ha consentito in certi casi di salvare vite umane, come ad esempio nel 2000, in occasione della dispersione di cianidi nel bacino della Tisa-Danubio, in Romania, causata da una multinazionale dell'industria mineraria.
Per quelli che cominciano a pensare ad una prosecuzione di questa grande iniziativa - il rappresentante rumeno di "Citizens Pact" ha dichiarato alla assemblea riunita nel salone della nave che se quest'anno andiamo da Vienna a Belgrado, l'anno prossimo bisogna proseguire da Belgrado a Bucarest - Weller ha ricordato che il primo giugno 2004 verra' celebrata la prima "giornata internazionale del Danubio", evento che verra' contrassegnato da diverse iniziative a livello locale e internazionale.
Nel pomeriggio, al centro regionale di Szentendre, il livello dei ragionamenti assume un taglio meno tecnico e piu' politico. Mentre un panel riunisce i partecipanti attorno alla questione "Democrazia degli ecosistemi fluviali: strategie per la gestione sostenibile delle risorse idriche", il secondo incontro si occupa di "Acqua e diritti nella nuova Europa".
E' attorno a questa questione, quella della "nuova Europa", che si catalizza l'interesse dei viaggiatori della nave, oltre 60 persone provenienti da paesi Ue, paesi che accederanno l'anno prossimo e paesi che "forse". Il gruppo è stato raggiunto a Budapest da un nutrito gruppo di esponenti di associazioni e organizzazioni non governative ungheresi, croate e slovacche. "L'Europa si incontra", infatti. Ma quale Europa?
Emilio Molinari, vicepresidente del Contratto Mondiale sull'acqua, entra subito nel vivo del discorso: "Oggi siamo di fronte a due emergenze. Da un lato siamo in presenza di un trend insostenibile: l'acqua, già oggi, e' un bene raro. L'altra emergenza - dice Molinari - e' costituita dalla tendenza alla privatizzazione dei servizi idrici. La crisi ambientale si riversa così sul terreno sociale e politico. Su questo siamo chiamati ad esprimerci come cittadini del mondo. Il WTO oggi a Cancun pone come prioritaria la questione della liberalizzazione dei servizi idrici pubblici."
Ma qual è la situazione in Europa?
Gli interventi (Bosnia Erzegovina, Slovacchia, Ungheria) confermano con sfumature diverse lo scenario. Le multinazionali acquistano le sorgenti (vedi il caso della Slovacchia occidentale, dove i costi di raccolta sono minori che nell'est del paese) con profitti potenzialmente miliardari. I cittadini di Budapest già oggi pagano la bolletta ad una compagnia straniera. Se i prezzi salgono, o il sistema è inefficiente, non risponde il sindaco. Non esistono più i cittadini infatti, esistono i clienti. Ma cambiare chi ti fornisce l'acqua non è come cambiare la marca delle patatine. In pratica, non risponde nessuno.
Il dibattito sull'Europa riprende. Secondo Molinari, al primo punto della Costituzione Europea devono essere proprio i grandi beni comuni: "Abbiamo lingue diverse, culture diverse, non è neppure una comune tradizione religiosa ad unirci. La nostra storia comune si base sullo stato sociale e sulla gestione pubblica dei beni comuni. L'alternativa a questo è un'area di libero mercato dove domina la legge della multinazionale o dello Stato piu' forte."
Mauro Tesauro, assessore alle politiche ambientali del comune di MOdena, provincia italiana dove "il pil procapite canta di gioia", rincara la dose con esempi tratti dall'esperienza italiana, citando in particolare le politiche di privatizazione avviate in questo settore dal comune di Arezzo.
Ma è Dejan, che è macedone e lavora per una ong nel campo della comunicazione elettronica, a mettere subito in chiaro qual è il problema: "Se oggi nei Balcani dici qualcosa contro le privatizzazioni ti tacciano subito di vetero comunismo o, peggio, di nazionalismo."
Il percorso non è facile. Le ferite aperte nel cuore dell'Europa, attraverso le quali si snoda il viaggio dell'Osservatorio - domani sera la tappa è a Vukovar - hanno un peso insopportabile. E il mondo delle organizzazioni non governative dei paesi del centro e sud est Europa, capaci ed efficientissime sotto il profilo tecnico, sembra quasi rifiutare la politica, e preferire il modello anglosassone di rapporto diretto con la controparte piuttosto che di mobilitazione dal basso della società. Su questo, la distanza tra le due Europe è tangibile: "Dobbiamo interferire come cittadini, con i nostri sogni - avverte ancora Molinari. Creare le democrazie dei grandi fiumi, decidere l'utilizzo delle risorse secondo un modello partecipativo. Opporsi al neoliberismo non vuol dire proporre lo statalismo. C'e' una concreta possibilita' di affermare un modello nuovo di democrazia partecipativa, dal basso."
In tarda serata la giornata di confronto si conclude con una sessione comune. Questa sera i Destrani Taraf, musicisti trentini che accompagnano tutta l'iniziativa, suoneranno all'Istituto Italiano di Cultura a Budapest. Finisce solo una tappa, il viaggio prosegue.
andrea rossini
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