Un documento preparatorio al seminario 'Verso un'economia sostenibile per il sud est Europa'
Il quadro della situazione
Conoscenza dei contesti e analisi dai dati (UNDP, OCSE, Patto di stabilità...) ci offrono un quadro che, pur nella diversità che caratterizza ciascun paese, potremmo così sintetizzare:
- netto secco rallentamento degli indici di crescita economica;
- crisi del comparto industriale e calo delle produzioni locali;
- crescita tendenziale dell'import sull'export;
- prevalenza dell'economia grigia e nera, che in alcuni paesi supera anche l'economia reale;
- crescita del legame fra economia criminale, privatizzazioni e processi di finanziarizzazione;
- forte crisi fiscale degli stati;
- smantellamento delle politiche di welfare e aumento delle fasce sociali in condizioni di povertà.
A questo si aggiunga il progressivo disimpegno sul piano degli aiuti internazionali, che comunque rappresentavano - pur con notevoli limiti - una fonte di finanziamento le cui ricadute avevano un effetto diffuso sui territori.
Le politiche della comunità internazionale
La comunità internazionale ha invece imposto programmi di riforma che sul piano delle politiche economiche, dietro un apparente tecnicismo, ha fatto proprie - assumendole come dogmi indiscutibili - le dottrine del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. In nome della stabilità finanziaria di questi paesi si sono imposte le solite ricette di riduzione della spesa, di taglio degli investimenti nei settori strategici, di riduzione del welfare.
Politiche fatte passare come aggiustamenti tecnici connaturati alla transizione verso l'economia di mercato, che andava accettata in quanto tale senza poter sviluppare un reale dibattito partecipato tra i cittadini e le organizzazioni sociali di questi paesi. Essi perciò non hanno mai potuto decidere negli ultimi dieci anni quali politiche economiche e sociali adottare, né hanno potuto esprimersi sulle opzioni politiche possibili per la ricostruzione istituzionale dei loro paesi.
Criminalità e neofeudalesimo
L'Europa sud orientale è oggi un'enorme area deregolata e che negli anni '90 ha assunto le caratteristiche del liberismo selvaggio, un'immensa area offshore dove imperversano traffici di tutti i tipi, dove la finanziarizzazione dell'economia assume le forme più hard della massima e rapida accumulazione, dove avviene una parte significativa della delocalizzazione delle imprese occidentali in assenza di tutela del lavoro, della salute, dell'ambiente. Anche questa è globalizzazione, quand'anche se ne parli con reticenza. Una internazionalizzazione del profitto e della rendita che ha reso a-geografica la divisione fra inclusione ed esclusione. Così da poter dire che quanto avviene in queste aree non sono forme di sottosviluppo o di arretratezza, bensì l'essenza della post modernità.
Quando l'economia dei flussi piega le economie dei luoghi, l'effetto è quello di stressare in maniera crescente le comunità, inducendo processi di omologazione che hanno effetti di "spaesamento". Ai quali si reagisce, deprivati dei pensieri forti del novecento e in assenza di nuovi paradigmi, con il richiamo al sangue e al suolo, ovvero a vecchie ideologie di appartenenza etnica o religiosa, dietro cui prosperano la finanza internazionale, le mafie e l'economia offshore.
Senza dimenticare che la deregolazione come brodo di coltura dell'accumulazione finanziaria è allergica alla democrazia. Ha bisogno di territori dove tutto risponde ad un rigido controllo paternalistico-mafioso, senza bisogno di vincoli parlamentari e legislativi, in un rapporto diretto con gli umori del popolo, nelle forme più moderne del consumismo sfrenato dei grandi centri commerciali come della più periferica "balkanska krcma" (la locanda balcanica). Ecco allora i "signori della guerra", figure moderne di capi politico-militari-religiosi, come nel periodo feudale "padroni degli uomini e della terra". Una tendenza quella al neofeudalesimo, che si avverte anche nelle cosiddette "democrazie avanzate", laddove la cultura plebiscitaria sta soppiantando la democrazia rappresentativa, il ruolo dei corpi intermedi, la divisione dei poteri, ma che nei Balcani assume forme estreme e per molti versi anticipatorie.
Un approccio alternativo alle strategie di sviluppo
Di fronte a queste tendenze riteniamo importante che il dibattito politico e l'attività della società civile, delle istituzioni centrali e degli enti locali, delle ONG e delle agenzie internazionali orienti il proprio sforzo attorno a due coordinate generali:
- La necessità di avviare una grande discussione sulle linee di fondo che dovrebbero caratterizzare i processi di ricostruzione politica, economica e sociale affinché i Balcani non siano più considerati "paesi sotto tutela", bensì un'area in cui si dispiegano tutti i problemi e le contraddizioni del nostro tempo. Come dice l'economista bosniaco Dragoljub Stojanov "Il pacchetto di riforma proposto e implementato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale è visto come il solo percorso per raggiungere la stabilità, e preparare il terreno per le privatizzazioni, e sviluppare una politica macro-economica sotto circostanze politiche favorevoli. L'evidenza indica però altrimenti. L'economia "Frankestein" semplicemente non va come ci si aspettava. Un approccio alternativo di sostegno alla strategia di sviluppo economico si rende chiaramente necessario";
- Considerare centrale il concetto di "sviluppo locale autosostenibile". Intendiamo con ciò da un lato un approccio multidisciplinare e integrato al tema dello sviluppo economico di un'area, e dall'altro un insieme di azioni in grado di monitorare e valorizzare le risorse del territorio, individuando punti di forza e di criticità, facendo leva sull'"orgoglio" di essere parte di una comunità, dunque sulla coesione sociale e sulla cultura della responsabilità, facendo emergere le vocazioni e l'unicità di ogni territorio, il tutto come modalità di abitare i flussi lunghi della globalizzazione.
Per meglio chiarire il concetto di sviluppo locale autosostenibile si veda il documento allegato "Verso un manifesto per lo sviluppo locale dei Balcani", proposto dall'Osservatorio sui Balcani e dal Consorzio Pluriverso nell'ambito di un percorso di ricerca-azione in dodici diverse comunità del sud est Europa
Le proposte da discutere
A partire da questo riferimento di analisi e di approccio, nella sessione di lavoro che si svolgerà nell'ambito del meeting di Belgrado "L'Europa dal basso" dedicata proprio alla situazione economica dell'area e al tema dello sviluppo locale, intendiamo sviluppare alcuni filoni di ragionamento:
- approccio territorialista e sviluppo locale autosostenibile:
solo con identità economico e sociali forti i flussi corti dell'economia locale e nazionale potranno affrontare ed interagire in maniera non subalterna con i flussi lunghi dell'economia mondo, altrimenti destinati ad avere un effetto devastante in termini di annichilimento delle produzioni locali e di omologazione;i territori perciò vanno visti come soggetti viventi che dialogano con la storia, i luoghi, le culture, le tradizioni, i saperi, che valgono per la loro biodiversità e la loro unicità. Lo sviluppo deve essere pensato in simbiosi con il territorio e porsi il problema nell'utilizzo delle risorse di un dosaggio attento al presente e al futuro;
- alleanze regionali/locali ed enti finanziatori:
ascoltare i territori (autopercezione), individuare i punti di forza e quelli di criticità, selezionare le attività economiche rispettando le vocazioni locali, costruire coesione sociale, far emergere il "genius loci", lo spirito del luogo ovvero il marchio dell'unicità di un determinato prodotto: tutto questo significa fare "patto di territorio", ovvero riunire in un unico disegno i potenziali attori locali, una coalizione di interessi per affrontare in maniera intelligente la globalizzazione. In questo modo si può avere anche una valorizzazione delle risorse umane, ambientali e naturalistiche, storiche del territorio, risorse spesso mortificate dalla cultura industrialista e produttivistica tipica dell'economia di piano, autoritaria e piramidale. Rovesciare questa concezione significa ripartire dal territorio e da comunità consapevoli e responsabili;
- il distretto industriale nello sviluppo locale:
privatizzazioni, recupero aree industriali e riconversione distretti produttivi sono le questioni sul tappeto per liberarsi da vecchi carrozzoni ma anche dall'inquinamento "criminale" di comparti industriali attenti alla socializzazione delle perdite e alla privatizzazione degli utili (e delle aree in primo luogo) e per ricostruire un tessuto industriale in sintonia con le vocazioni del territorio, affinché il comparto secondario sia funzionale ad uno sviluppo integrato ed endogeno;
- ruolo dell'impresa sociale:
far emergere il valore aggiunto dei consorzi dei produttori, come modalità diversa di stare nel mercato senza rinunciare né alla soggettività di impresa, né alla socialità, attivando strumenti legislativi innovativi al sostegno dell'impresa sociale.
L'agenda di lavoro
Il processo di integrazione (le sue modalità e i suoi parametri) e le grandi questioni sociali che oggi percorrono l'area balcanica devono diventare parte integrante del confronto e dell'agenda politica europea: movimenti, sindacati, partiti, istituzioni devono assumere piena consapevolezza dell'interdipendenza che lega il destino di questi paesi all'Europa e che dunque vi è una sola questione politica, economica e sociale che ci accomuna.
Come già indicato in premessa l'obiettivo è quello di condividere una serie di spunti così da costituire gli elementi per una possibile agenda di lavoro dell'"Europa dal basso" sul piano dell'economia.
Quelli che seguono sono da intendere quindi come dei primi spunti che la discussione dovrà arricchire e rendere organici ad un diverso approccio di sviluppo economico e sociale dell'area.
1. Realizzazione di un Fondo europeo per la valorizzazione delle risorse locali nei Balcani:
- programma di diffusione di un approccio territorialista e di una cultura dello sviluppo locale;
- sostegno alle produzioni locali di qualità (anagrafe dei prodotti doc, incentivi al recupero di produzioni autoctone, forme di promozione...) e alle produzioni biologiche;
- recupero e valorizzazione dei beni culturali;
- sostegno agli stati/regioni/municipalità che favoriscono l'utilizzo dei prodotti locali nelle scuole, negli ospedali, nelle mense pubbliche.
2. Realizzazione di una banca dati sulle risorse locali nella regione:
- monitoraggio delle risorse idriche, forestali, naturali;
- anagrafe dei monumenti culturali ed ambientali;
- anagrafe delle produzioni autoctone di qualità.
3. Borse di studio sullo sviluppo locale e finanziamento di stage per la formazione professionale e lo scambio di esperienze
4. Sostegno alle forme di alleanze regionali/locali fra settori economici:
- incentivo al rapporto consortile fra municipalità per la messa in campo di strategie d'area;
- incentivo alle forme consortili di produzione - lavoro;
- limiti verso la proliferazione di ipermercati;
- realizzazione di itinerari di qualità (storico-culturali, ambientali, enogastronomici...);
- marchi di qualità locale/internazionale legati al rispetto dei diritti dei lavoratori, dell'ambiente e delle culture locali;
- obbligo delle prime (e seconde) lavorazioni in loco per alcuni settori come il legno.
5. Forme di sostegno all'impresa sociale:
- realizzazione di una legislazione nazionale;
- sostegno diretto alle imprese sociali ;
6. Programma di micro credito per il turismo responsabile:
- turismo rurale;
- turismo sostenibile e ambientale;
- turismo culturale.
7. Sostegno alle fonti energetiche pulite e rinnovabili.
8. Reti europee - balcaniche:
- sostegno alle reti fra città, parchi naturali, servizi, istituzioni culturali (università, biblioteche, musei, teatri...);
- diffusione delle reti del commercio equo e solidale;
- promozione in Europa della conoscenza delle culture locali dei paesi dell'area.
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