Amore e guerra, passato e presente, si alternano all’interno di una storia che prende spunto dalle tragedie che hanno attraversato i Balcani, tragedie a cui la intensa storia d’amore di Ivan e di Mirna cercheranno di dare una via di uscita. Una recensione
Andato in pensione dopo anni di giornalismo quale inviato de “Il Giornale di Brescia”, Valerio Di Donato ha messo a frutto la sua esperienza, soprattutto quella nell’ambito della guerra nei Balcani per scrivere un romanzo “Le fiamme dei Balcani”, edito dalla Oltre Edizioni, che racconta una lunga storia di sangue che comincia in Istria, negli anni della Seconda guerra mondiale con la tragedia dell’esodo istriano e con la successiva nascita della Repubblica Socialista di Jugoslavia e finisce negli anni della guerra interetnica che, negli anni Novanta, avrebbe portato alla dissoluzione della stessa (guerra di cui ricorre quest’anno il trentennale del suo inizio).
Al centro della storia due personaggi: l’istriano Antonio Fabris, esule in Italia, e il partigiano comunista Mirko Marinić, al quale si aggiungerà un terzo personaggio, anni dopo: Ivan, il nipote di Antonio Fabris, figlio della sorella, sposata a Marijan Marković, e che, al contrario del fratello, com’è capitato in molte famiglie, era rimasta nel suo paese di origine, in questo caso a Fasana, a nove chilometri da Pola, nel frattempo diventata, come quasi tutta l’Istria, jugoslava.
Antonio Fabris, chiamato in famiglia con l’abbreviativo di Tonci, ci ritorna in vacanza per la prima volta con la moglie Amalia nel 1965, per riabbracciare la sorella, il cognato e il nipotino Ivan nato nel frattempo, oltre ai pochi amici che sono lì rimasti. Tra questi anche alcuni conoscenti, vecchi partigiani venuti dall’interno della Jugoslavia al tempo della cosiddetta Lotta Popolare, tra cui un certo Stjepan Berčić, che gli fa una rivelazione: "Pensavamo che tu fossi una spia e avevamo l’ordine di ucciderti". Lasciandogli intendere, in qualche modo, che quella condanna fosse ancora in piedi. Naturalmente il povero Antonio Fabris, che pur aveva fatto il partigiano, comincia a temere il peggio, soprattutto dopo aver saputo anche chi era stato deputato ad essere il suo killer: Mirko Marinić, ufficiale dell’Ozna, la polizia politica di Tito.
Valerio Di Donato fa il suo racconto andando indietro negli anni della guerra che costrinsero poi Antonio Fabris all’esilio, prima a Trieste, ospite di uno zio prete, per poi trasferirsi a Bolzano.
Dall’esilio un salto di anni, altri ritorni di Fabris in famiglia, con il nipote Ivan ormai diventato grande, con il quale troverà affiatamento e che, come gli altri, verrà a conoscenza della condanna a morte dello zio così come del nome dell’uomo che gli ha giurato vendetta, cioè Mirko Marinić. Finché non scoppia la guerra interetnica e il nipote Ivan, ormai cittadino croato, dopo esserlo stato obbligatoriamente jugoslavo, come altri istriani rimasti, parte soldato.
Andrà a combattere nella zona di Vukovar dove verrà ferito e, quindi, portato all’ospedale di Karlovac, nel Gorski Kotar, dove, tra le infermiere, conoscerà la bellissima e gentile Mirna, in quel momento amante del capitano medico Goran Kraljević, un uomo sposato che fa sentire alla donna, ingenuamente innamorata di lui, i privilegi del suo potere. Sta di fatto che Ivan, a sua volta, si innamora di lei, e mentre Mirna lo cura, lui, seppur timidamente la corteggia, non senza turbare la ragazza. Poi lei tornerà per un permesso dai genitori a Zagabria dove vive e, nel distacco, avrà una maggiore lucidità nel valutare la sua condizione di amante del capitano, interessato solo al corpo di lei, di fronte all’amore puro che intuisce animare il suo coetaneo Ivan. Un po’ alla volta, tra varie vicende, ritorni sul fronte, partenze, vuoti, sullo sfondo della guerra che continua e della vendetta del capitano medico che si è visto sottrarre la sua amante dal giovane innamorato, nasce il grande amore tra i due giovani. Amore che, ancora in fase di costruzione dello stesso, porterà Ivan a conoscere i genitori di lei, che lo accoglieranno benevolmente. Ed è con loro che Ivan fa una scoperta che lo riporta allo zio Tonci: scopre che la famiglia dell’amata Mirna ha un legame con Mirko Marinić, il killer deciso a uccidere lo zio Antonio Fabris, fermo nel suo proposito nonostante siano trascorsi tanti anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il finale lo lasciamo al lettore.
Intanto, amore e guerra, passato e presente, si alternano all’interno di una storia che prende spunto dalle tragedie che hanno attraversato i Balcani, tragedie a cui la intensa storia d’amore di Ivan e di Mirna cercheranno di dare una via di uscita. Il risultato è un romanzo avvincente, molto informato, che sembra far perno su poche figure, ma che in realtà assume in tutta la sua costruzione una dimensione corale, ben rappresentata anche dalla copertina disegnata per il romanzo dal fiumano Riccardo Lenski che ha saputo interpretare le fiamme che sempre hanno agitato quelle terre.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!