Wolfgang Petritsch

I paesi dei Balcani non possono più essere lasciati in sala d'attesa e l'Ue deve essere in grado di riformare se stessa per poterli accogliere. Un'intervista a Wolfgang Petritsch

05/06/2017 -  Dragan Štavljanin

(Pubblicato originariamente da Radio Slobodna Evropa il 30 maggio 2017, tradotto e selezionato da Le Courrier des Balkans e OBCT)

L'incontro informale tra Federica Mogherini, Alta rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza e i primi ministri dei paesi dei Balcani, la settimana scorsa a Bruxelles [24 maggio, ndr], ha aiutato a placare le tensioni nella regione?

Ritengo che Bruxelles sia molto inquieta per la situazione sul campo, soprattutto dopo il viaggio di Federica Mogherini nelle capitali della regione. Si è ben visto che l'Unione europea non aveva alcuna strategia. La responsabile della diplomazia europea ha fatto quindi bene ad invitare i rappresentanti dei paesi dei Balcani a questa cena informale a Bruxelles.

Purtroppo, le dichiarazioni generiche che hanno fatto seguito a quest'incontro dimostrano che non vi è stato alcun passo in avanti. Si è sentito già dire troppe volte da parte dell'Europa che i Balcani devono fare i compiti a loro assegnati prima di sperare di essere integrati. Per contro nessuna idea nuova o nessuna considerazione fatta sull'esperienza del passato. L'Ue sembra impotente e senza idee per far migliorare le cose. Non dobbiamo dimenticare che la stessa Ue è anch'essa in profonda crisi interna ed altri attori internazionali, come la Russia, la Cina, i paesi arabi e la Turchia hanno pretese sui Balcani.

L'Ue sta perdendo la sua influenza sulla regione?

Quando ha annunciato che non ci sarebbero stati allargamenti nei successivi 5 anni, l'Ue ha largamente contribuito a scoraggiare i cittadini del sud-est Europa. D'altronde se si considera l'attuale crisi dell'Ue, non vedo proprio come un paese potrebbe entrare nell'Ue nei prossimi 5 anni. E questo i politici europei, come quelli dei Balcani, lo sanno molto bene.

L'Ue fa finta che i paesi della regione possano entrare a far parte dell'Europa dopo aver adempiuto i criteri stabiliti e i leader dei Balcani fanno finta di crederci. Si continua a fare riunioni ma nessuna riforma significativa è stata fatta. E i politici locali sono ben consapevoli che anche le facessero, i loro paesi non entrerebbero nell'Ue. E' questo il più grande paradosso della situazione attuale.

Bruxelles sostiene però che la palla è nel campo dei paesi dei Balcani, ma le forze nazionaliste rischiano di dominare su quelle riformiste e prendersi l'intera regione...

Queste forze possono vincere solo se l'Ue non si mette in gioco veramente. Solo il consolidamento dell'Unione può mandare un messaggio forte ai paesi dei Balcani. Occorre pensare ad un'altra strategia per la regione che non consista esclusivamente nel dire: “O ci raggiungete, o rimarrete fuori ancora dieci anni”. Occorrerebbe stabilire obiettivi concreti facilmente raggiungibili. E' quanto avvenuto con l'Austria che ha fatto a lungo parte dello spazio economico europeo (EEA) prima di adempiere a tutti i criteri necessari per far parte in modo compiuto dell'Ue.

Il primo ministro serbo Aleksandar Vučić ha recentemente proposto la formazione di un'unione doganale dei Balcani. Da tempo, in seno all'Europa, si parla di Europa a più velocità. I paesi dei Balcani faranno parte di questa seconda o terza Europa?

E' già così, alcuni paesi Ue fanno parte anche della zona Euro e del sistema di Schengen, altri no. Occorre incoraggiare le iniziative economiche regionali e organizzare più spesso incontri tra i dirigenti locali e i rappresentanti dell'Ue. Potrebbe essere un modo d'opporsi al crescente autoritarismo populista.

Per esempio non bisogna far aspettare i paesi dei Balcani nella sala d'attesa, c'è bisogno di una relazione attiva e di una quadro nel quale sia anche l'Ue a riformarsi per essere in grado di accogliere i paesi che fanno degli sforzi.

Il primo ministro albanese Edi Rama ha di recente suscitato forti reazioni dichiarando che Albania e Kosovo potrebbero unirsi, nel caso in cui la prospettiva europea dovesse allontanarsi...

Questo genere di dichiarazioni sono inutili. Sono convinto che i responsabili politici di Belgrado, Tirana e Pristina sappiano molto bene che una cosa come questa non è possibile poiché qualsiasi cambiamento di confini provocherebbe un nuovo conflitto armato. Per quanto riguarda il Kosovo, le prossime elezioni e la potenziale nomina alla carica di primo ministro di Ramush Haradinaj sono un buon esempio di una mancata diplomazia preventiva da parte dell'UE. Già si può vedere come i risultati di queste elezioni rischino di provocare tensioni tra Belgrado e Pristina.

Si ha l'impressione che Bruxelles preferisca “chiudere gli occhi” di fronte a violazioni dei principi democratici per proteggere i propri interessi geostrategici. Si tollera il comportamento autoritario di Vučić in cambio della firma dell'accordo con Pristina. Si tollera anche la riabilitazione degli ustascia in Croazia, già paese membro dell'Unione.

Come potrebbe l'Europa dare lezioni di buona condotta ai paesi dei Balcani, quando al suo interno vi sono governi come quello di Budapest e Varsavia, o ancora quando si guarda ai risultati delle elezioni presidenziali in Francia? Mannuel Macron certo ha vinto, ma un terzo dei voti è andato alla candidata autoritaria e antieuropea, Marine Le Pen. Questo potrebbe suonare un po' brutale, ma direi che stiamo assistendo più a una balcanizzazione dell'Europa che a un'europeizzazione dei Balcani. Bisogna guardare la situazione nel suo insieme, i progressi dell'Ue sono inestricabilmente legati ai progressi raggiunti nella regione. Regolando i problemi nei Balcani, Bruxelles sarà in grado di dimostrare che l'Ue può risolvere i problemi nella sua periferia, quello che dovrebbe precedere un'azione a livello internazionale. Se non ci sono dei progressi nei Balcani, dovrà essere rimessa in questione la politica estera dell'Ue.

A tal proposito, la Bosnia Erzegovina non fa parte certo dei successi dell'Ue...

E' un grande problema e la situazione si è aggravata in questi ultimi anni, malgrado la presenza di Alti rappresentanti e comunità internazionale. La Bosnia Erzegovina è una delle più importanti missioni Ue nel mondo. Sono stati spesi centinaia di milioni di euro per numerosi progetti, senza alcun risultato. Non è più possibile fare dei progressi sulla base degli accordi di Dayton, le iniziative della società civile sono indispensabili. La Bosnia Erzegovina è oggi nelle mani di tre uomini politici: Milorad Dodik, Dragan Čović e Bakir Izetbegović. Il capo dell'HDZ chiede la creazione di una terza entità, e questo dovrebbe far suonare il campanello d'allarme a Bruxelles. In quanto paese firmatario degli accordi di Dayton ed ora membro dell'Ue, la Croazia ha una grande responsabilità nella pacificazione della situazione in Bosnia Erzegovina e della regione nel suo complesso. Ricordiamoci che il suo percorso verso l'Ue è stato ostacolato più volte dalla Slovenia. Perché rifare lo stesso errore? I croati di Bosnia non sono di certo interessati al futuro del paese in cui vivono perché hanno anche un passaporto croato. I serbi di Bosnia hanno un passaporto serbo e la Serbia sta avanzando verso l'Ue, non sono più dunque particolarmente interessati alle sorti della Bosnia. Bruxelles deve fare fronte alle tensioni attuali ed alle loro conseguenze a lungo termine, al di là del solo mantenimento della pace.

In che misura la Russia riesce a guadagnarci da questa confusa situazione politica europea e a rinforzare la sua posizione nei Balcani?

Purtroppo, la politica dell'Ue lascia troppo margine ad altri attori - come la Russia - nell'espandere il proprio raggio di influenza. Ma non si deve dimenticare che i Balcani occidentali sono un territorio buono da saccheggiare.


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