Potocari, 11 luglio 2005

Il decennale di Srebrenica e gli sforzi della comunità internazionale per unificare il Paese. Con un pensiero particolare alle forze di polizia bosniache e all'esplosivo ritrovato a Potocari nell'imminenza della commemorazione. Un'analisi del nostro corrispondente da Sarajevo

27/07/2005 -  Massimo Moratti Sarajevo

10 anni da Srebrenica. La cerimonia ha visto riuniti nella commemorazione tutte le parti che sono state protagoniste del più grave massacro avvenuto dalla fine della seconda guerra mondiale. I bosniaci, con le madri di Srebrenica in prima fila, che già da alcuni anni sono lì a ricordare a tutti il loro dolore. La comunità internazionale, che ammette le sue responsabilità e il suo fallimento. E i serbi - è questa la novità di quest'anno - che, con le dichiarazioni e le scuse del presidente Tadic, hanno fatto un importantissimo passo in avanti in direzione della riconciliazione con i bosniaci. La cerimonia è stata trasmessa su tutte le televisioni del mondo.

Ma nella preparazione dell'evento, le scaramucce e i colpi bassi si sono alternati tra le parti. La Bosnia del dopoguerra è il regno della dietrologia e delle teorie della cospirazione, in un vortice che spesso sfiora la paranoia. Un evento come il decennale di Srebrenica non può che essere una sorgente infinita di speculazioni e macchinazioni politiche. Nel desolante panorama politico del dopoguerra bosniaco, le vittime di Srebrenica e l'organizzazione dell'evento, sono merce di scambio da utilizzare nel breve periodo per ottenere dei punti a proprio favore nell'arena politica.

L'esempio più eclatante è il ritrovamento di 35 chili di esplosivo da parte della polizia della Republika Srpska (RS) pochi giorni prima della cerimonia funebre. La polizia della RS, con una brillante operazione, subito rilanciata dalle televisioni nella Federazione, era infatti riuscita a rintracciare 35 chili di esplosivo nelle vicinanze del memoriale di Potocari. Ma la brillante operazione si è quasi tramutata in una sorta di clamoroso autogol.

La comunità internazionale spinge per la creazione di un'unica struttura di polizia. Questa iniziativa incontra la fortissima resistenza da parte dei leader della Republika Srpska e del Partito Democratico Serbo (SDS) in primo luogo, che si rifiutano di cedere il controllo degli Interni alle strutture centrali del paese. La resistenza serba sotto questo punto di vista si articola in opposizione politica al processo, che però viene controbilanciata da tentativi di dimostrare come la polizia della Republika Srpska sia efficiente e all'altezza dei propri compiti.

A maggio, il Direttore della Polizia della RS, Dragomir Andan, aveva annunciato che i detonatori usati nella strage di Madrid erano stati preparati in Bosnia e che 11 dei terroristi erano mujaheddin addestrati in Bosnia. Non solo, ma queste persone avrebbero anche partecipato al conflitto in Bosnia ed Erzegovina.

Queste dichiarazioni erano state rilasciate proprio durante i negoziati sulla riforma della polizia sul monte Vlasic.

L'operazione si è tramutata in una farsa. Alla legittima richiesta degli inquirenti spagnoli di fornire tutte le informazioni in loro possesso, e alla seguente investigazione da parte della Missione di Polizia dell'Unione Europea (EUPM), le autorità di Banja Luka non sono state capaci di fornire alcuna prova.

Un mese dopo, l'Alto Rappresentante ha caldamente raccomandato ad Andan, sotto implicita minaccia di rimozione, di ritrattare le sue dichiarazioni e scusarsi per aver sparso notizie che non corrispondevano al vero. Cosa che Andan ha immediatamente fatto, in una lettera inviata al commissario della Missione di Polizia dell'Unione Europea, che è stata resa pubblica. Nella lettera, Andan si era scusato per aver inutilmente allarmato i cittadini bosniaci e per il fatto che le sue dichiarazioni, seppur non politicamente motivate, potevano essere intese come un'indebita interferenza della polizia nella sfera politica.

In occasione della cerimonia di Srebrenica, il copione è parso ripetersi. Appena ritrovato l'esplosivo, la polizia della RS ha arrestato un bosgnacco (bosniaco musulmano) e un serbo, entrambi ex combattenti (di parti opposte durante il conflitto ma, secondo le prime confuse notizie, amici tra di loro). Poco dopo, tuttavia, il bosgnacco è stato rilasciato perchè estraneo ai fatti mentre, per quanto riguarda il serbo, pare che le accuse nei suoi confronti non fossero collegate al ritrovamento dei 35 chili ma a fatti ben più gravi, e cioè crimini di guerra commessi nell'area di Srebrenica.

Gli arresti e le prime reazioni tuttavia non sono stati proprio quello che la polizia della RS si augurava. Il ritrovamento ha scatenato un vespaio di polemiche nella Federazione. Le prime speculazioni infatti, subito dopo il ritrovamento dell'esplosivo, hanno sollevato subito l'ipotesi che l'esplosivo fosse stato deliberatamente ritrovato, in un'operazione cosmetica di fronte alla comunità internazionale. Di qui le affermazioni da parte dei "Berretti Verdi" - ex formazione militare della Federazione - sul fatto che il trucco in questione ricordava da vicino quelli dell'UDBA, la vecchia polizia segreta jugoslava, e gli appelli per la rimozione del Direttore della Polizia Andan da parte del leader del Partito Bosniaco (Bosanska Stranka), Mirnes Ajanovic.

Ma tutto è possibile. Alle accuse da parte bosgnacca di aver architettato il ritrovamento dell'esplosivo, hanno corrisposto le contro accuse da parte serba che erano stati dei mujaheddin a piazzare l'esplosivo. Per questo motivo sono state effettuate delle perquisizioni da parte delle forze speciali di polizia nelle case di alcuni bosgnacchi che sono rientrati a Srebrenica.

Mentre le voci ufficiali del Ministero degli Interni tacevano, l'agenzia di informazioni Beta riportava che, secondo fonti vicine al ministero degli Interni, era la parte bosgnacca la responsabile per l'intero episodio. In questo caso, l'esplosivo a Potocari e un possibile incidente durante la cerimonia funebre avrebbero avuto lo scopo di dimostrare a tutti l'incapacità della polizia della Republika Srpska di provvedere alla sicurezza della cerimonia. Di qui la necessità di abolirla. Ma, avendo sventato l'attentato, la polizia si sarebbe guadagnata prestigio sul campo e agli occhi della comunità internazionale. Insomma, "squadra che vince non si tocca"... Questa volta, prudentemente, il Ministro degli Interni Matijasevic si è astenuto dal fare dichiarazioni significative, lasciando alle indiscrezioni e alle fughe di notizie il compito di agitare le acque...

Ma non basta. Anche la comunità internazionale è stata accusata: il leader del partito socialdemocratico di Srebrenica, Hakija Meholic, è giunto al punto di supporre che fosse stato l'Ufficio dell'Alto Rappresentante stesso a metter l'esplosivo, che avrebbe ugualmente utilizzato il ritrovamento dell'esplosivo come un successo della polizia e indirettamente un proprio successo. L'Alto Rappresentante, da parte sua, ha cercato di gettare acqua sul fuoco invitando le parti, e in particolare il ministero degli Interni della RS, ad evitare inutili illazioni e speculazioni...

Tutto e il contrario di tutto. Al momento le indagini sono ancora in corso, ma pochi credono che si possa riuscire a far luce su questo episodio.

Negli ultimi giorni, tuttavia, è emersa un'altra pista che potrebbe spegnere le polemiche e allontanare i riflettori dalla polizia della Republika Srpska. Sembra che gli esplosivi infatti fossero stati lasciati da alcuni trafficanti di armi che fanno la spola tra la Republika Srpska e la Federazione. Secondo le dichiarazioni del portavoce del Ministero degli Interni della RS, Radovan Pejic, gli edifici in cui l'esplosivo era stato abbandonato servivano da deposito temporaneo, e i trafficanti lo avevano semplicemente abbandonato. Questo in base alle informazioni a disposizione del Ministero degli Interni della RS, che ha richiesto il coinvolgimento e la collaborazione tra ministeri degli Interni delle due entità e quello della Serbia, e le agenzie di intelligence della Bosnia e della Serbia e Montenegro, allo scopo di trovare i colpevoli. Va detto che al momento circa 40 persone sono state interrogate, ma nessuno è stato formalmente accusato...

I riflettori su Srebrenica si sono spenti. L'esplosivo ha ottenuto il suo effetto politico. Lo scalpore suscitato è stato notevole e ancora una volta fonte di polemica politica. Ognuna delle parti in causa ha avuto la sua versione della verità e ognuno ha creduto a quel che voleva credere. C'è da scommettere che presto questo caso passerà nel dimenticatoio, e andrà ad ingrossare le fila dei "casi irrisolti", presenti in gran numero negli archivi delle polizie delle due entità...


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