Molte delle fosse comuni del conflitto degli anni '90 nell'area di Prijedor, in Bosnia Erzegovina, si trovano all'interno di complessi minerari. Che ora vengono progressivamente privatizzati senza alcuna garanzia di tutela nei confronti di questi luoghi della memoria. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Un’altra svolta triste del, fino ad oggi, impossibile processo di condivisione in Bosnia Erzegovina del passato recente e del conflitto degli anni novanta. La città di Prijedor, nella Bosnia settentrionale – sul cui territorio e nei territori limitrofi vennero rinvenute decine di fosse comuni – è nuovamente protagonista di una mossa sconcertante del governo locale.
“La Banca dello sviluppo ' degli investimenti della RS il 30 gennaio di quest'anno, notizia confermata dalla Direttrice Snježana Vujnić e trasmessa dai vari giornali del 5 novembre scorso, attraverso la borsa di Banja Luka, venderà un pacchetto di azioni della “Miniera di ferro Ljubija' di Prijedor. Vendendo il 65% del capitale statale delle miniere il Governo della RS 'vende' complessivamente anche quattro fosse comuni che saranno di proprietà del futuro proprietario di maggioranza”, ha reso noto Mirsad Duratović, presidente dell’Associazione dei detenuti di campi di concentramento “Prijedor ‘92” in un'intervista rilasciata lo scorso 6 gennaio al quotidiano bosniaco Avaz.
Le associazioni che si occupano dei familiari e della memoria delle migliaia di vittime della pulizia etnica in quest'area della Bosnia temono che i nuovi proprietari non tutelino in modo adeguato questi luoghi della memoria. Per questo motivo l'Associazione dei detenuti dei campi di concentramento "Prijedor 92" ha inviato agli indirizzi delle istituzioni della Bosnia Erzegovina e dei potenziali acquirenti – in lizza vi sarebbe Israeli Investment Group e Arcelor Mittal - la richiesta di consentire l'accesso a queste fosse comuni per poter continuare nelle operazioni di riesumazione dei corpi di chi vi è stato sepolto.
L'attuale direzione della Miniera-RŽR "Ljubija" già in passato ha dato l’ordine di tagliare la strada d’accesso verso la fosse comuni scoperte nel 2013 a Tomašica. Ha poi impedito di raggiungere il luogo con veicoli di ogni tipo. Un luogo dove si sta scavando ancora e dove gli esperti stanno ritrovando resti umani da identificare per ridurre la lista degli scomparsi. Le ricerche, nelle fosse di Tomašica, vanno avanti dall'anno della sua scoperta e non sono ancora terminate.
I familiari dei sopravvissuti temono che come in passato anche il nuovo proprietario potrebbe impedire gli accessi sia alle fosse comuni che ai luoghi delle commemorazioni.
“Abbiamo davanti l'esempio dell'ex campo di concentramento di Omarska, ormai da anni privatizzato e la cui proprietà di maggioranza è della multinazionale Arcelor Mittal – ha spiegato Mirsad Duratović - l'accesso ai luoghi di detenzione, uccisione e mutilazione dei civili di Prijedor e del resto della regione è consentito in rare occasioni e a condizioni rigide, con l'impossibilità di visitare tutte le parti del campo”.
“Anche in occasione dell'anniversario della chiusura del campo di Omarska che ogni anno cerchiamo di commemorare, le procedure burocratiche per avere i permessi d’accesso sono sempre e inspiegabilmente più complicate. Difficili da affrontare senza sentirsi emarginati e stigmatizzati”, conclude il presidente dell'associazione dei detenuti dei campi di concentramento Prijedor 92.
Non è tutto purtroppo. Le ricerche continuano in altri siti facenti parte della proprietà delle “Miniere di Ljubija”, attualmente in vendita. Nelle aree di Jakarina Kosa, Ljubija e Rudnik – tutte nell'area a nord-ovest di Prijedor, sono state individuate altre fosse comuni con resti umani di croato-bosniaci e bosgnacchi uccisi dall'esercito serbo-bosniaco nel periodo 1992-95. Alcune sono state, seppur parzialmente, ispezionate. Altre risultano ancora irraggiungibili ai team dei forensi sempre causa di forti ostilità e resistenza da parte della direzione delle miniere, con la complicità del comune di Prijedor e di altre istituzioni competenti dell’Entità RS. Tutto questo nonostante un numero di circa 800 civili dell'area a tutt’oggi risultano ancora scomparsi (fonte: Istituto per le persone scomparse della Bosnia Erzegovina ).
Intanto lettere di protesta in merito alla scarsa attenzione riservata a questi luoghi della memoria sono state inviate anche all’Alto rappresentane per la Bosnia Erzegovina Valentin Inzko, a Edina Ramić, ministra della Federazione per i Rifugiati e Profughi e a Semiha Borovac, ministra della Bosnia Erzegovina per i Diritti umani e Rifugiati. Non è la prima lettera che ricevono e tutti i ministeri competenti di entrambe le Entità della Bosnia sono ben consapevoli ed informati sulla vicenda.
Del resto il processo di riconciliazione e di condivisione del passato viene continuamente messo alla prova. Nelle settimane scorse agli indirizzi delle istituzioni della Entità RS, compresa la sede della televisione RTRS, sono arrivate fotografie di ossa umane recuperate in varie località bosniache, e in concomitanza con la contestata ed incostituzionale celebrazione del “Giorno della Repubblica”, 9 gennaio, con cui in questa parte della Bosnia si festeggia il giorno della costituzione della RS. Le foto inviate erano accompagnate con il seguente testo: “Se celebrate il giorno della RS ricordatevi che è stata costruita su queste ossa”.
Una risposta è arrivata dalla conduttrice di uno dei principali notiziari TV della RTRS: “Agli indirizzi di varie istituzioni della RS ieri sono arrivate le foto di alcune ossa per le quali si dice che sono le fondamenta della Republika Srpska. Non possiamo che constatare che i contenuti di questo genere offendono la Republika Srpska e l'intero popolo serbo.”
La Bosnia Erzegovina ha sul proprio territorio la presenza di 750 fosse comuni.
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