Bosnia Erzegovina: la vittoria di Irma
7 novembre 2019
Irma Baralija, vicepresidente del partito Naša Stranka, ha vinto la sua battaglia. Il 29 ottobre la Corte europea dei diritti dell'uomo le ha dato ragione: il mancato svolgimento delle amministrative a Mostar, che non si tengono dal 2008, è una violazione dei diritti umani.
Nel giugno 2018, Irma Baralija aveva cominciato una battaglia importante per la sua città, in cui è tornata a vivere dopo anni all'estero con la volontà di avviare positivi cambiamenti nel paese. Aveva presentato una denuncia contro la Bosnia Erzegovina alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), sostenendo che il mancato svolgimento di elezioni comunali a Mostar violava basilari diritti umani. Dal momento in cui la CEDU ha dichiarato ricevibile la denuncia e quindi l'avvio del procedimento di valutazione, lo scorso dicembre, Irma ha reso pubblica la denuncia attraverso i media bosniaci e ha proseguito a mantenere alta l'attenzione dell'opinione pubblica.
Il suo impegno è stato ripagato dalla sentenza emessa lo scorso 28 ottobre dalla CEDU : “La corte dichiara ammissibile la domanda di ‘BARALIJA v. BOSNIA AND HERZEGOVINA’; ritiene che vi sia stata una violazione dell'articolo 1 del protocollo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali [che stabilisce che il godimento di ogni diritto stabilito dalla legge deve essere assicurato senza discriminazioni di sorta per sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche, origine nazionale o sociale, ecc., ndr] e decreta che lo Stato dovrà cambiare la legge elettorale del 2001 in modo da permettere lo svolgimento delle elezioni locali a Mostar”.
Irma Baralija, appena da Strasburgo è stata resa pubblica la sentenza, sorridente e con visibile soddisfazione ha rilasciato un'immediata dichiarazione ai media, innanzitutto ringraziando tutti coloro che in questo anno e mezzo hanno seguito la vicenda e sostenuto la battaglia. Ha poi sottolineato soprattutto un passaggio della sentenza: “La cosa più importante di questa sentenza, che nemmeno noi ci aspettavamo, è che la CEDU ha dato sei mesi di tempo al Parlamento bosniaco per arrivare alla soluzione della questione sulle elezioni a Mostar e che se questo non verrà fatto, la Corte costituzionale della Bosnia Erzegovina ha il diritto di emettere una soluzione temporanea affinché si svolga la tornata elettorale. Questo è ciò che ci sta più a cuore, cioè il ritorno della democrazia a Mostar e il riconoscimento di pari diritti a tutti i cittadini”.
Come ricordava il corrispondente di OBCT Rodolfo Toè in un articolo del 2016, la vicenda di Mostar è annosa ed è stata caratterizzata da continui dissidi tra croati e bosgnacchi sulla composizione dei collegi elettorali. E la mancata riforma dello statuto elettorale di Mostar, nonostante la Corte costituzionale della Bosnia nel 2010 avesse decretato che violava il principio democratico fondamentale di "una testa, un voto", ha reso impossibile, fino ad oggi, lo svolgimento delle elezioni.
"Con il vecchio ordinamento, infatti", scriveva Toè, "le sei circoscrizioni elettorali (tracciate così da rispettare la divisione etnica della città nei suoi due gruppi principali, croati e bosgnacchi) eleggevano un pari numero di rappresentanti, sebbene avessero un numero di elettori diverso". E così a Mostar, due partiti che detengono storicamente il controllo della città, hanno portato allo stallo, come spiegava ulteriormente Toè: "L'Unione Democratica Croata (HDZBiH), esige che la città resti una municipalità sola, anche perché così i croati, verosimilmente il numero etnico più numeroso, ne otterrebbero il controllo. Mentre il Partito di Azione Democratica (SDA) bosgnacco, è più favorevole a delle soluzioni intermedie che permettano di salvaguardare il peso elettorale della minoranza musulmana della città - inclusa, a quanto si dice, anche l'ipotesi di dividere una volta per tutte la città in due municipalità distinte."
Uno stallo che finalmente finirà a breve, secondo Irma Baralija. Alla domanda del giornalista di Kilx.ba se effettivamente ora le cose cambieranno, lei ha risposto: "Assolutamente sì. Perché questa volta, a differenza di altre sentenze passate, c'è scritto nero su bianco che la nostra Corte costituzionale interverrà al posto del Parlamento, se ciò sarà necessario. Ma soprattutto la sentenza di oggi ci dimostra che la giustizia esiste!".