Proseguiamo la pubblicazione degli articoli preparatori alla conferenza di Ginevra sui 10 anni da Dayton prevista per il prossimo ottobre e organizzata dall'Associazione BiH 2005. In questo testo gli autori mandano un monito: non vi può essere futuro senza l'arresto di Karadzic e Mladic
Di Jakob Finci, Bozidar Matic, e Wolfgang Petritsch
Nel novembre di dieci anni fa Dayton è divenuto un nome familiare in tutti i Balcani dopo che i presidenti della Bosnia Erzegovina, della Repubblica di Croazia e della Repubblica Federale di Jugoslavia arrivarono nella base aeronautica del Mid-west statunitense ad un accordo di pace. Se gli Accordi di Dayton sono riusciti a terminare la guerra hanno fallito nel fornire le fondamenta per uno Stato possibile in Bosnia Erzegovina. Gli anni che ne sono seguiti hanno portato ad un massiccio intervento internazionale, supervisionato da un "alto rappresentante" internazionale con poteri considerevoli e supportato da una presenza militare significativa. Nonostante quest'attivismo, i risultati derivanti dagli accordi hanno dovuto affrontare critiche crescenti. Molti osservatori ritengono che la fase del post-conflitto avrebbe dovuto essere oramai pienamente implementata e, questo, avrebbe favorito una Bosnia Erzegovina democratica, sostenibile e pluralistica. Questo, sfortunatamente, non è avvenuto e, nonostante molti successi, il Paese rimane in uno stato volatile, dipendente dall'assistenza internazionale, sia finanziaria che politica.
Un altro decennale suggerisce un'ulteriore ragione per la quale probabilmente i bosniaci non saranno d'umore festoso. Nel luglio del 1995 le forze serbo-bosniache sotto il comando militare del generale Ratko Mladic e la leadership politica di Radovan Karadzic, conquistarono l'enclave di Srebrenica, Bosnia orientale - un' "area protetta" delle Nazioni Unite - uccidendo in modo sistematico più di 7000 uomini e ragazzi musulmani. Un video mostrato alcune settimane fa durante il processo contro l'ex presidente serbo Slobodan Milosevic, presso il Tribunale Penale Internazionale dell'Aia per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia, è stato un promemoria visivo dell'enormità di quel crimine - e del fallimento della Serbia di ammetterlo.
La promessa di giustizia fatta da Dayton nei confronti di quelle vittime e di altre della tragedia bosniaca non è ancora stata mantenuta.
A dire il vero pochi osservatori avrebbero immaginato - quando venne creato all'Aja il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia - che l'ex uomo forte della Serbia, Slobodan Milosevic, sarebbe stato processato. Inoltre la Serbia ha recentemente dimostrato un atteggiamento più costruttivo nei confronti del Tribunale, atteggiamento che merita maggior incoraggiamento e che può ricevere un nuovo impuslo con l'ampia diffusione del video sulle esecuzioni, diffuso da svariate emittenti il 1°giugno. Ma tristemente i due individui con maggiori responsabilità in merito alla distruzione della Bosnia Erzegovina, Mladic e Karadzic, sono ancora latitanti.
Se la responsabilità principale per questo drammatico stato di cose è senza dubbio della leadership serbo-bosniaca e dei suoi mentori a Belgrado, né la NATO né la comunità internazionale emergono immacolate dalla loro missione in Bosnia. Quale principale responsabile della sicurezza sul campo, la forza di stabilizzazione a guida NATO, SFOR, aveva l'obbligo si assicurarsi che gli incriminati per crimini di guerra non andassero impuniti. Ora questa responsabilità è passata all'Unione europea, che è subentrata alla NATO lo scorso dicembre.
Non riusciamo a capire completamente da cosa dipenda il fallimento della NATO nell'arrestare Karadzic e Mladic. Ma però sappiamo che questa responsabilità, su chiunque ricada, non sparirà nel nulla e che sarà molto difficile per la comunità internazionale distaccarsi da un forte coinvolgimento nella gestione delle Bosnia sino a quando i principali ricercati dall'Aja sono latitanti. Il fallimento nell'arrestare Mladic e Karadzic è un forte limite alla reputazione della comunità internazionale, quasi allo stesso livello dell'incapacità nell'evitare il genocidio di Srebrenica.
Per questo ci appelliamo a quei governi che hanno interesse nel futuro della Bosnia Erzegovina - inclusi gli Stati Uniti - di assicurarsi che i responsabili per il genocidio di Srebrenica vengano portati davanti alla giustizia. Sappiamo dalle nostre stesse esperienze sul terreno che l'attuale rappresentante internazionale in Bosnia, Lord Ashdown, si troverà su molte questioni le mani legate sino a quando Karadzic e Mladic saranno latitanti. Il loro arresto rimuoverà uno dei principali ostacoli - se non l'ostacolo - alla riforma ed al progresso di questa società disgregata dalla guerra, un ostacolo troppe volte utilizzato come conveniente pretesto per l'inazione.
Crediamo che il 2005 non abbia solo un'importanza simbolica in merito alla relazione rubiale tra crimini di guerra e riconciliazione in Bosnia Erzegovina. Qualsiasi siano le ragioni dietro alla mancanza di volontà della NATO nell'arrestare Karadzic e Mladic alla fine degli anni '90 le variabili in quell'equazione sono ora mutate - sia sul terreno che nelle capitali garanti di Dayton. Ora crediamo che il nesso tra una costruzione dello stato di successo, la giustizia ed un disimpegno responsabile da zone di post-conflitto viene compreso meglio.
Per costruire su questa sempre maggiore consapevolezza stiamo organizzando una conferenza internazionale che si terrà il prossimo 20-21 ottobre 2005 a Ginevra, focalizzato proprio su questo nesso. La conferenza vuole essere un'opportunità per esplorare in modo più approfondito questa relazione, pre-condizione affinché gli attori internazionali ed i bosniaci accordino su un'agenda di riforma per i prossimi dieci anni della Bosnia Erzegovina. Il dibattito sviluppatosi in seno all'Unione Europea sulla carta costituzionale non dovrebbe distogliere dalla necessità dell'individuare una strategia coerente per tutti i Paesi dei Balcani. Al contrario l'Unione Europea ha iniziato a realizzare che ha il dovere di guidare gli sforzi di stabilizzazione ed integrazione nei Balcani. Arrestare Karadzic e Mladic sarebbe un segno tangibile che si intende andare oltre le dichiarazioni di principio.
Jakob Finci è a capo della comunità ebraica di Sarajevo; Bozidar Matic, ex Primo ministro, presiede l'Accademia delle arti e scienze della Bosnia Erzegovina; Wolfgang Petritsch è il predecessore, nel ruolo di Alto Rappresentante , di Paddy Ashdown.
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