L'associazione dei giornalisti della Bosnia Erzegovina chiede che si faccia chiarezza sulle intimidazioni pronunciate dal funzionario Adnan Čakalović, che al telefono ha pesantemente minacciato la giornalista Zinaida Đelilović del portale Žurnal
"Minacce di questo tipo costituiscono un attacco inammissibile al libero esercizio della professione giornalistica e alla libertà dei media e devono essere sanzionate con severità e tempismo".
Il 6 gennaio, alle richieste di informazioni avanzate al telefono da parte della giornalista Zinaida Đelilović del portale Žurnal , il funzionario del ministero dei Diritti umani e dei Rifugiati Adnan Čakalović aveva reagito prima invitandola a lasciar perdere l'inchiesta e poi esplicitamente minacciando la reporter: "Se sei in città, ti troverò. Fidati, sarai mia".
Non è servito neppure avvertirlo che la telefonata veniva registrata e che la giornalista avrebbe chiamato la polizia: "Fai pure, andate a quel paese tu e la polizia", ha risposto Čakalović.
La polizia ha acquisito la registrazione, insieme alle registrazioni di altre telefonate che sono seguite nel corso della stessa giornata.
Ma a distanza di giorni non ci sono state reazioni da parte dei vertici governativi.
Per questo la rete SafeJournalists e l'Associazione bosniaca dei giornalisti chiedono che il ministero dei Diritti umani e dei Rifugiati avvii immediatamente un procedimento disciplinare: "Le minacce ai giornalisti sono un reato tanto più grave quando proviene da funzionari nell'esercizio delle loro funzioni, perché il messaggio pubblico che arriva è che chi attacca i giornalisti può restare impunito".
Attacchi di questo tipo non sono rari in Bosnia Erzegovina, ma si ripetono con una certa frequenza. "E il fatto che non siano perseguiti dimostra di quanta protezione godano i funzionari dello stato e prova l'esistenza di un'impunità mirata", ha dichiarato Borka Rudić, segretario generale dell'Associazione dei giornalisti.