Per accedere all'Unione europea i Balcani occidentali devono allineare la loro legislazione a quella comunitaria, compresa la riduzione delle emissioni di gas serra e la decarbonizzazione. Tuttavia, per paesi che dipendono fortemente dai combustibili fossili si tratta di una sfida impegnativa
Ad eccezione del Kosovo, tutti i Paesi dei Balcani occidentali sono ufficialmente candidati a entrare nell’Unione europea. Poiché uno dei requisiti fondamentali è l’adeguamento alla legislazione comunitaria, devono aderire alla Legge europea sul clima del 2021, che richiede una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 in rapporto ai livelli del 1990.
A prima vista, il volume totale delle emissioni di gas serra dei Balcani occidentali fa ben sperare. Ad eccezione della Serbia, che si colloca al 13° posto tra i Paesi europei per emissioni totali, le emissioni dei Balcani occidentali sono nettamente inferiori rispetto a quelle prodotte dalla maggior parte dei membri Ue.
Ma le emissioni totali sono solo una faccia della medaglia. Non sorprende che Paesi più poveri, più piccoli o meno abitati di altri generino meno emissioni. Tuttavia, se consideriamo le emissioni di gas serra in rapporto alle dimensioni delle economie - nel nostro caso la quantità di emissioni per milione di dollari di PIL - i paesi dei Balcani occidentali sono tra i più grandi inquinatori d'Europa. In particolare, la Serbia e la Bosnia Erzegovina producono le maggiori emissioni in relazione al PIL. Pur avendo dimensioni simili a quelle della Lituania, l'economia serba emette una quantità di gas serra tre volte superiore. L'Albania è l'unica eccezione, con un'intensità di emissioni paragonabile a quella di membri Ue dell’Europa orientale.
Economie ad alta intensità di emissioni
L'intensità delle emissioni di un'economia dipende dal tipo di fonti energetiche utilizzate, dall'efficienza energetica e dalla struttura economica di un Paese. Un report dell'OCSE mostra che l’alta intensità di emissioni dei Balcani occidentali è dovuta principalmente alla bassa efficienza energetica e alle fonti di approvvigionamento.
La scarsa efficienza è da attribuire in particolare agli edifici, che in media consumano il 40% dell’energia totale dei Balcani occidentali. L'isolamento è spesso inadeguato e i sistemi di riscaldamento inefficienti: due terzi delle famiglie si affidano ancora a legna e carbone per riscaldare le proprie case durante il periodo invernale. L'intensità energetica della Bosnia Erzegovina e della Serbia - un indicatore che misura la quantità di energia fornita in relazione al PIL - è fino a tre volte superiore a quella della maggior parte dei Paesi dell'Ue. Un altro problema è rappresentato dalle infrastrutture energetiche frammentate e obsolete, che causano grosse perdite di energia, aumentando ulteriormente il bisogno di produzione energetica. Lejla Hukić, project manager presso l'ONG bosniaca Forestry and Environmental Action, sottolinea che questioni tecniche come “il miglioramento delle reti di distribuzione e lo sviluppo dei sistemi di stoccaggio dell’energia", sono sfide chiave per rendere più ecologico l'approvvigionamento energetico del Paese.
Oltre alla scarsa efficienza energetica, è ancora utilizzato il carbone per produrre circa il 70% dell’elettricità dei Balcani occidentali. Fa eccezione l'Albania, che si affida quasi esclusivamente a fonti idroelettriche, fattore che giustifica la minore intensità di emissioni. Il tipo di carbone utilizzato nella regione, oltretutto, è la lignite, particolarmente inquinante e con un basso potere calorifico: il che significa che per produrre la stessa quantità di energia è necessario bruciare più lignite rispetto ad altri tipi di carbone. Tuttavia, la lignite è una fonte di energia a basso costo che rende i Balcani occidentali meno dipendenti dalle importazioni, essendo abbondantemente disponibile nella regione. Il risultato è che le sedici centrali a carbone in funzione sono più inquinanti rispetto alle altre centrali europee. Solo nel 2016, 3.900 morti premature sono state attribuite all’inquinamento che deriva da queste centrali, secondo un report di CEE Bankwatch del 2019 .
Un’Agenda Verde per i Balcani occidentali
Dopo essere stati a lungo privi di un piano concreto per ridurre le emissioni, nel 2020 i governi dei Balcani occidentali hanno firmato l'Agenda Verde per i Balcani occidentali (GAWB), con il sostegno di Bruxelles. L'Agenda Verde rispecchia il Green Deal dell'Ue e condivide l'obiettivo di raggiungere emissioni zero entro il 2050 e di ridurre le emissioni di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Composta da cinque pilastri, l'Agenda richiede l'allineamento con la Legge sul clima dell'Ue e quindi la riduzione delle emissioni di gas serra ad esempio attraverso il passaggio alle energie rinnovabili e lo sviluppo del sistema ferroviario. Il piano d'azione della GAWB stabilisce in concreto le misure da adottare per raggiungere gli obiettivi.
Finora, le ONG criticano il ritardo dei Paesi nell'attuazione della nuova legislazione sul clima in linea con l'Ue. Per raggiungere emissioni zero entro il 2050, l'intensità energetica e quella di emissioni devono necessariamente diminuire. Montenegro, Macedonia del Nord e Albania sembrano dare già segnali positivi, almeno per quanto riguarda l’intensità energetica: ogni unità di produzione economica necessita di meno energia rispetto al passato. Questa tendenza è chiamata “decoupling” e implica che un aumento del PIL non comporti un parallelo aumento delle emissioni. Un Paese può fare decoupling utilizzando meno energia per unità di PIL, oppure produrre meno emissioni utilizzando fonti di energia rinnovabili alternative al carbone o altri combustibili fossili. Come indica il grafico sottostante, le economie di Serbia e Bosnia Erzegovina sono tuttavia ancora molto energivore. E nonostante qualche progresso, anche la maggior parte dei Paesi europei è ancora lontana da un decoupling assoluto. C’è dunque ancora tanto lavoro da fare per raggiungere la completa decarbonizzazione entro il 2050.
La decarbonizzazione per rimanere competitivi
Una misura prevista dal piano d'azione della GAWB entro la fine del 2024 è l'introduzione di un prezzo per le emissioni di gas serra, ovvero l'idea alla base del sistema per lo scambio delle quote di emissione (ETS) dell'Ue . Oggi i Balcani occidentali non fanno parte dell'ETS, il che significa che l’energia da loro prodotta ed esportata verso l'Ue è più conveniente rispetto all'energia e ai beni prodotti nell'Ue nell'ambito dell'ETS. Per questo motivo, a partire dal 2026 Bruxelles applicherà una tassa aggiuntiva sui prodotti provenienti da Paesi terzi ed importati nell'Ue, commisurata ai gas serra generati durante la loro produzione.
Per quantificare le emissioni e quindi il volume dei costi da pagare nell'ambito di questo nuovo meccanismo, le aziende dei Balcani occidentali dovranno iniziare a comunicare informazioni sulle proprie emissioni a partire da ottobre 2023. Secondo stime relative al 2020, le emissioni dei Balcani occidentali avrebbero un costo complessivo di 1,2 miliardi di euro, che con l'aumento dei prezzi della CO2 potrebbe crescere ulteriormente. Pertanto, i Paesi dei Balcani occidentali dovranno decarbonizzare le proprie economie anche per rimanere competitivi con l'Ue.
"Manca la volontà politica”
Molte ONG della regione criticano tuttavia la mancanza di azioni concrete per raggiungere gli impegni presi. Nel giugno 2022, in vista di un incontro tra i leader dell'Ue e dei Balcani occidentali, hanno infatti firmato una lettera aperta del Climate Action Network che sottolinea come le attuali proposte di investimento contribuiscano a "mantenere lo status quo dei combustibili fossili nella regione".
L'abbandono graduale del carbone è una sfida sociale ed economica per i Paesi dei Balcani occidentali, che dipendono fortemente dai combustibili fossili. Per questo “è necessario un maggiore impegno da parte degli stakeholder”, afferma Milka Gvozdenović, responsabile del settore ambientale dell’ONG Giovani Ricercatori della Serbia. A suo avviso, la strada verso l’obiettivo cruciale dell’eliminazione del carbone manca di azioni concrete: "Se guardiamo ai fatti, alle azioni e alle decisioni quotidiane, è chiaro che manca la volontà politica". Sia la Serbia che la Bosnia Erzegovina hanno ancora in programma la costruzione di nuove centrali a carbone. E nonostante la Serbia abbia adottato una legge sul cambiamento climatico nel 2021, Gvozdenović sostiene che "la legge non ha portato cambiamenti reali.
Mancano ancora molti provvedimenti attuativi sul cambiamento climatico. Fino al 2023 ne sono stati adottati solamente tre, ma ne mancano più di quindici, senza i quali la legge sui cambiamenti climatici non può essere attuata correttamente. Il termine per l'adozione di tutti i provvedimenti attuativi è scaduto nel marzo 2022". A suo avviso, il principale ostacolo alla transizione ecologica in Serbia è la mancanza di trasparenza e di partecipazione pubblica. Anche se gli ostacoli alla decarbonizzazione sono diversi tra i Paesi dei Balcani occidentali, un report della Friedrich-Ebert-Stiftung mostra che tutti i Paesi hanno a che fare con la mancanza di uno Stato di diritto e della capacità di attuare le norme.
Ma Lejla Hukić, project manager dell'ONG bosniaca Forestry and Environmental Action, rimane ottimista. Recenti legislazioni come il Framework sulla Strategia Energetica della Bosnia Erzegovina, "riflettono l'impegno condiviso ad incrementare l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e a migliorare l'efficienza energetica", afferma. Hukić ritiene che "generalmente, i governi siano interessati ad attuare l'Agenda Verde nei Balcani occidentali".
Tuttavia, sottolinea che "l'accesso ai finanziamenti e la collaborazione internazionale" sono necessari per il successo della transizione ecologica. L'Agenda Verde è accompagnata da un piano di finanziamento che promette 9 miliardi di euro di investimenti da parte dell'Ue, che a sua volta dovrebbero mobilitare un totale di 20 miliardi di euro di investimenti nella regione. Un finanziamento da 1,8 miliardi di euro è già stato sbloccato. La maggior parte dei progetti approvati riguarda la costruzione di strade e sistemi ferroviari, seguiti da investimenti sull'energia pulita. Tra questi non c'è solo l'energia solare, ma anche diversi progetti idroelettrici in tutta la regione, alcuni dei quali controversi. Nonostante questi investimenti, la transizione verso la completa decarbonizzazione richiederà tempo e maggiori sforzi.
Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0
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