Un'antologia che raccoglie gli scritti inediti di numerosi autori dedicati a Izet Sarajlić, tra i più noti poeti bosniaci. Il volume in due lingue, italiano e bosniaco, è edito da Il Foglio, contiene anche inediti del poeta sarajevese nonché gli splendidi disegni del miglior ritrattista bosniaco Mario Mikulić
(Originariamente pubblicato dal portale Lupiga)
Nell’aprile 2021 in Italia è uscita un’antologia [bilingue italiano-bosniaco] di testi dedicati a Izet Sarajlić (“Izet Sarajlić per Sarajevo, vita e poesia”, Edizioni Il Foglio, Piombino, 2021), il poeta bosniaco più letto di tutti i tempi (come sostiene Silvio Ferrari), un poeta che, anche dopo aver vissuto esperienze deludenti, ritorna al “senso della Vita e della fonte da cui essa trae origine, Amore” (Paolo Maria Rocco, nota introduttiva, in italiano p. 24, traduzione p. 276), perché la poesia è “l’ultimo baluardo di fronte alle atrocità dell’uomo” (p. 26, 278).
Seguendo una struttura del tutto appropriata per questo tipo di libri, l’antologia si apre con la biografia del poeta, accompagnata dalla bibliografia e da un impressionante elenco dei premi ricevuti da Sarajlić e delle traduzioni italiane delle sue opere, mentre alla fine del volume sono state inserite le biografie di tutti gli autori che hanno contribuito alla sua realizzazione. Li cito in ordine alfabetico: Braho Adrović, Erri De Luca, Jovan Divjak, Silvio Ferrari, Predrag Finci, Ottavio Gruber, Mišo Marić, Naida Mujkić, Josip Osti, Ranko Risojević, Vesna Sćepanović, Giacomo Scotti, Emir Sokolović, Božidar Stanišić, Stevan Tontić, Gabriella Valera, Silvio Ziliotto e Pero Zubac.
Le numerose fotografie e lettere personali, nonché gli splendidi disegni del miglior ritrattista bosniaco Mario Mikulić, rendono questo libro un documento importante, oltre che affascinante. Un documento che, ne sono convinto, diventerà un punto di riferimento per quanto riguarda l’opera di Izet Sarajlić. Oltre ad un volume pubblicato dall’editore Art Rabic di Sarajevo, questo è probabilmente il libro più importante dedicato al noto poeta, direi quasi celebre, il cui nome e le opere ancora oggi sono molto conosciute nei “Balcani montuosi”.
L’antologia contiene anche alcune interviste, ognuna delle quali dà un fascino e un valore particolare al libro: la testimonianza della figlia di Sarajlić, Tamara (accompagnata da quella di Nikola, nipote del poeta), che parla del padre come di un uomo che non ha mai odiato, parla anche degli ospiti che si recavano nella loro casa, una vera pleiade di poeti, nonché dell’episodio in cui Izet rimase ferito da una scheggia di granata mentre si trovava nel suo appartamento e l’esplosione fece cadere per terra un libro di Radovan Karadžić con una dedica che recitava: “Ai cari Sarajlić, con affetto”; un’intervista al generale Jovan Divjak che ricorda i giorni trascorsi da Kiko [nomignolo con il quale gli amici si rivolgevano a Izet] nella Sarajevo assediata; una testimonianza di Josip Osti che parla del suo rapporto professionale ma anche di amicizia con Izet; un racconto di Ranko Risojević che ricorda Sarajlić come “un grande poeta dell’amore e della fratellanza tra le genti”, parlando del periodo in cui Izet era redattore presso la casa editrice “Veselin Masleša”, all’epoca molto rinomata.
Per quanto riguarda le riflessioni sulla poetica di Sarajlić, sono rimasto impressionato dal saggio di Naida Mujkić che, già nel titolo, sottolinea una caratteristica importante, direi l’essenza stessa della poesia di Izet: moralità (un aspetto che in questo saggio non viene indagato a fondo, ma è comunque un inizio che fa ben sperare), così come mi ha impressionato anche il testo di Božidar Stanišić che cita un pensiero di Sarajlić su Esenin: “Tutti gli altri poeti possono essere interpretati, Esenin basta leggerlo” (p. 376), un pensiero che, secondo Stanišić, ci offre una possibile chiave di lettura per comprendere, ma anche per relazionarsi con la poesia di Sarajlić. Vi è poi un testo equilibrato, ma complesso di Stevan Tontić, dedicato alla poesia e alla figura di Sarajlić che “amava con devozione e con una passione giovanile, così come respingeva con passione tutto ciò che non gli piaceva” (p. 203, 384).
In tutti i testi inclusi in questa antologia riecheggia qualcosa di amichevole, positivo, una certa vicinanza umana e poetica, comprese due poesie a me particolarmente care: un poema che Giacomo Scotti ha dedicato a suo fratello Izet e una poesia di addio, vicina per sensibilità a quella di Scotti, con cui Pero Zubac si è congedato da Kiko.
Come di solito accade con le persone pubbliche, molti ne hanno sentito parlare, alcuni persino sostengono di “conoscerle bene”, ma in realtà conoscono racconti, aneddoti e, purtroppo, anche pettegolezzi malevoli su quelle persone. Solo pochi hanno sentito parlare delle loro opere e pochissimi le conoscono davvero. Neanch’io conoscevo bene Sarajlić, per cui le testimonianze raccolte in questo libro mi hanno aiutato a costruire un’immagine più completa del poeta. E alcuni aneddoti, come quello raccontato da Mišo Marić, mi hanno davvero rallegrato, sia per le parole su Sarajlić sia per quelle dedicate al grande politico bosniaco Hamdija Pozderac. Ho scoperto anche che Sarajlić sapeva cantare bene e ammirava molti grandi cantanti, e questo aspetto ci fornisce un’ulteriore chiave per comprendere la musicalità della sua poesia.
Mi ha commosso il fatto che tutti gli autori abbiano sottolineato l’umanità di Sarajlić (questo atteggiamento era emerso anche dal dilemma, di chi voleva proporre Sarajlić come candidato al premio Nobel, se proporlo per il Nobel per la pace o per la letteratura), quella sua affabilità che ogni autore incluso in questo libro ha evidenziato a modo suo, e tutti gli autori nei loro testi hanno cercato di ricambiare l’affetto del poeta, ognuno a modo suo. In questo libro domina una parola: amore. Chi conosceva bene Sarajlić sostiene che l’amore contraddistingue la sua poesia, così come ha contraddistinto il suo rapporto con le persone a lui care.
Chi legge tutti questi testi, ritornando alla poetica di Kiko, non potrà che chiedersi, con amarezza, come mai nella città che porta lo stesso nome del poeta non vi è alcuna strada, piazza o parco intitolato a Sarajlić, alcun segno che ricordi in modo adeguato questo poeta onesto, umano, importante, anche molto noto, un poeta di Sarajevo ma, per fortuna, anche di molte altre città. Un governo che non è in grado di riconoscere la grandezza della cultura del proprio paese appartiene al passato prima ancora di perdere il potere. Tale governo conferma che i poeti, anche quando sono noti e famosi, restano pur sempre una minoranza minacciata ed emarginata. Erri De Luca sostiene che la Bosnia “sarà per sempre in debito” con Sarajlić per le sue poesie e che i poeti devono togliere alla morte il diritto ad avere l’ultima parola. Il sottoscritto crede idealisticamente, perché non può fare altrimenti, che sarebbe una vergogna se l’ultima parola dovesse spettare ai cattivi politici anziché ai poeti.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!