Il ponte sulla Drina a Višegrad (foto G. Vale)

Il ponte sulla Drina a Višegrad (foto G. Vale)

Prosegue il nostro viaggio lungo il fiume Drina, fiume che sedusse Ivo Andrić. In questa terza e penultima puntata siamo stati nei luoghi d’infanzia del grande scrittore. E abbiamo visitato anche Andrićgrad, il controverso complesso turistico voluto dal regista Emir Kusturica

07/02/2025 -  Giovanni Vale

(Leggi tutte le puntate del reportage I volti della Drina)

Una serie di gallerie non illuminate inghiotte l’ultimo tratto della strada che da Goražde porta a Višegrad. Il ponte a undici arcate raccontato da Ivo Andrić appare all’ultimo momento, quando ormai all’ombra delle montagne si staglia chiaramente il profilo di questo comune di poco più di 10mila abitanti.

“Anche se nacque a Travnik nel 1892, Ivo Andrić trascorse la sua infanzia a Višegrad dopo la morte del padre”, racconta Enes Škrgo, il curatore della casa-museo del celebre scrittore a Travnik.

“Viveva con gli zii paterni e dopo la scuola aveva l’abitudine di fare il bagno nel fiume. La Drina, come ebbe a dire lo stesso Andrić da adulto, fu ‘la più grande seduttrice' della sua infanzia”, prosegue Škrgo.

L’infanzia di Ivo Andrić

A Višegrad, la Drina, larga e profonda, riceve le acque burrascose del Rzav, che nasce a una settantina di chilometri di distanza, in Serbia. Vicino alla confluenza tra i due fiumi, si trova l’edificio in cui, a fine Ottocento, Andrić frequentò la scuola elementare.

Vi arrivo guidato dalla professoressa Divna Vasić, a lungo insegnante di lingua e letteratura serba all’istituto superiore di Višegrad e oggi in pensione. È lei a farmi notare una targa affissa sulla facciata del piccolo palazzo. Indica il livello d’acqua raggiunto dal Rzav nel 1896, l’anno della “velika poplava”, la grande alluvione che ingrossò la Drina al punto da sommergere completamente il ponte ottomano.

Una volta entrati nell’edificio che fu istituto scolastico al tempo dell’amministrazione austroungarica, ci ritroviamo subito tra i banchi di scuola. Al piano terra è stata infatti ricostruita una classe, come si immagina che fosse al tempo dell’infanzia di Ivo Andrić. Sulla parete una grande mappa segna i confini tra l’Impero asburgico e l’Impero ottomano, mentre dietro alla cattedra troneggia sornione un ritratto dell’imperatore Francesco Giuseppe.

La classe ricostruita frequentata da Ivo Andrić (foto G. Vale)

La classe ricostruita frequentata da Ivo Andrić (foto G. Vale)

Ad Andrić è legato anche un altro edificio in città. Si tratta della casa degli zii, un’abitazione bassa e di colore rosa sulla riva sinistra della Drina.

“Nel 1953 Andrić donò l’immobile al comune di Višegrad, che sorprendentemente decise di venderlo in quello stesso anno”, racconta Enes Škrgo.

L’edificio è ancora oggi di proprietà della famiglia che lo acquistò nei primi anni Cinquanta anche se oggi, in questa casetta a ridosso dell’acqua, non ci abita più nessuno. “La famiglia, di tradizione musulmana, scappò da Višegrad nel 1992”, spiega Škrgo.

Andrićgrad

Quasi di fronte alla casa in cui lo scrittore trascorse la sua infanzia, si estende la penisola su cui è sorta tra il 2011 e il 2014 “Andrićgrad” (anche nota come Kamengrad), il controverso complesso turistico voluto dal regista Emir Kusturica.

Vi si accede da sud, attraverso una grande porta in pietra che dovrebbe ricordare i borghi fortificati della Bosnia medievale. Una volta all’interno, si resta abbagliati dal biancore del marmo degli edifici (un rivestimento, in realtà, che in molti punti sta già cadendo), mentre la via lastricata, quasi uno stradun raguseo, porta alla piazza principale, sorvegliata notte e giorno da una statua di Ivo Andrić (e tante altre).

Andrićgrad (foto G. Vale)

Andrićgrad (foto G. Vale)

È difficile dire cosa sia esattamente Andrićgrad. C’è un caffè parigino con un dehors verde oliva e ampie vetrate, una piazza ottomana progettata come un caravanserraglio, delle mura con i merletti, il cinema multiplex “Dolly Bell” sulla cui facciata campeggia il ritratto di Gavrilo Princip e poi negozi di souvenir, bancomat, qualche bar e naturalmente una nuova chiesa ortodossa.

C’è anche un istituto di ricerca, dedicato a Ivo Andrić, in cui si organizzano mostre e pubblicano studi sulla letteratura serba. Le collaborazioni internazionali ci sono – mi spiegano all’interno – con altri istituti a Banja Luka e Belgrado.

“Andrićgrad è quanto di più lontano ci sia dalla filosofia e dalla vita di Ivo Andrić”, taglia corto Enes Škrgo, il custode della casa-museo dello scrittore a Travnik.

“Una Disneyland nella casba”, l’ha definita lo scrittore bosniaco Nenad Veličković in un articolo pubblicato da Deutsche Welle nel 2013.

D’altra parte, però, diversi abitanti di Višegrad, quasi sottovoce, ammettono che “da quando c’è Andrićgrad, c’è almeno un po’ di turismo in città”.

Vicino alla chiesa ortodossa, sulla punta della penisola, un albergo accoglie i turisti che arrivano in battello per vedere, più che il ponte voluto dal gran visir Mehmed Paša Sokolović (patrimonio dell’umanità dal 2007), il parco giochi in cartongesso ideato da Kusturica.

Ritorno al fiume

Sotto le undici arcate e i quasi 180 metri di lunghezza del ponte ottomano, intanto, la Drina scorre fredda e increspata. In pochi fanno il bagno a Višegrad. “L’acqua è troppo fredda. Di solito si va a una quindicina di chilometri più a valle”, mi spiega Aleksandar Kojić, il presidente dell’associazione di pesca sportiva della Republika Srpska (RS).

Quello che invece il fiume offre nei pressi della cittadina è il pesce. “Trota, siluro, carpa, lucioperca… nei pressi della centrale idroelettrica “HE Višegrad” si trova anche il salmone del Danubio”, assicura Aleksandar Kojić, secondo cui “il fiume è ricco di pesci e pulito”.

Il problema della Drina sono invece le discariche illegali situate più a monte, prosegue Kojić. Ogni anno, la diga della centrale idroelettrica di Višegrad (pochi chilometri prima della cittadina) si gonfia di rifiuti provenienti dai territori più a monte e in particolare lungo il Lim, l’affluente che si immette nella Drina nei pressi di Međeđa.

Almeno una volta all’anno, d’inverno, le foto dell’isola di rifiuti sulla Drina fanno il giro del mondo, catturate regolarmente anche dal programma satellitare europeo Copernicus . Pare una tradizione.

Milenko Govedarica, meglio noto come Mića, ne sa qualcosa. Prima di inaugurare la “spiaggia dell’amore” sul fiume Rzav, nei pressi della moschea di Dobrun e a pochi chilometri dal confine con la Serbia, Mića ha passato i lunghi mesi della pandemia nel 2020 a pulirla dai rifiuti.

Libero pensatore, creatore di oggetti in feltro con un passato da organizzatore di concerti techno, Mića è un personaggio come raramente se ne incontrano.

Mića  sulla "spiaggia dell'amore" (foto G. Vale)

Mića sulla "spiaggia dell'amore" (foto G. Vale)

“Il fiume Rzav è lungo 26 km e stava per essere fatto a pezzi da un progetto che prevedeva la costruzione di sette mini centrali idroelettriche. Ci siamo battuti e siamo riusciti a fermare tutto ”, mi racconta mentre sfrecciamo nella sua macchina sulla statale M5, che da Ustipraca (tra Goražde e Višegrad) segue la Drina fino al confine con la Serbia.

“In passato la gente non faceva il bagno sull’Rzav, ma da quando ho aperto la mia spiaggia ne sono spuntate altre due. La gente si sta riavvicinando alla natura”, prosegue Mića con soddisfazione.

Dopo aver tolto i rifiuti da questo tratto del fiume, Mića ha creato dei sentieri con dei sassi colorati e improvvisato un grande bancone in riva al fiume. D’estate parcheggia la sua auto vicino al vecchio tracciato della ferrovia asburgica e con un carretto improvvisato porta le bevande lungo i binari e fino alla spiaggia. “È la moschea ad essere proprietaria di questo spazio e mi hanno permesso di utilizzarlo”, spiega Mića, che aggiunge “io vado d’accordo con tutti”.

Nel momento in cui visitiamo la “spiaggia dell’amore”, l’acqua è fredda e le sedie e i tavolini sono nascosti al riparo in una grotta, in attesa della bella stagione. Solo un gatto frequenta il luogo e segue Mića in ogni suo passo.

“Ho cominciato a dargli da mangiare ed ecco…”, dice lui alzando le spalle. In cima alla montagna che sovrasta la spiaggia s’intravede la fortezza medievale di Dobrun.

Dall’altro lato, la ferrovia costruita dagli Asburgo durante la Prima guerra mondiale scorre fino al confine con la Serbia. Un tempo portava a Sarajevo. Oggi fa parte della Šarganska osmica, la ferrovia turistica che attraversa parte del parco nazionale della Tara in Serbia.

La strada ci porterà in quella direzione, mentre la Drina punta dritta verso nord attraverso canyon sempre più inaccessibili. La ritroveremo poco prima di Bajina Bašta, in Serbia, nell' ultima puntata di questo reportage.


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