Tradito anche da chi lo aveva invocato in nome di un nuovo inizio per una Mostar divisa, Bruce Lee si è eclissato nottetempo: la statua a lui dedicata nel parco cittadino è sparita, portandosi dietro entusiasmi e illusioni di chi sperava che un eroe condiviso potesse ricucire le ferite, senza affrontare il passato
(Originariamente pubblicato da Peščanik , il 4 marzo 2024)
L’incredibile notizia, che si è diffusa rapidamente sui media di tutta la regione, di come qualcuno, da un giorno all’altro, ha semplicemente portato via la statua di Bruce Lee dal principale parco di Mostar – parco peraltro sottoposto a videosorveglianza e situato in pieno centro storico – è emblematica sotto vari aspetti.
Volendo analizzare la dimensione simbolica della vicenda, bisogna partire dal nome del parco, che prima della guerra degli anni ’90 si chiamava “Parkizviđača” [Parco degli scout]. Poi durante il processo della violenta croatizzazione della città – in cui si cercò in tutti i modi di trasformare Mostar nella Zagabria tudjmaniana degli anni ’90 – il parco fu ribattezzato “Zrinjevac”. Allo stesso modo, la piazza centrale della città, situata nelle immediate vicinanze del parco, che prima della guerra era dedicata al 14 febbraio [giorno della liberazione di Mostar dall’occupazione nazista durante la Seconda guerra mondiale], divenne “Piazza degli eroi croati”.
In quel parco, nel 2005, su iniziativa dei due giovani membri di un’organizzazione non governativa e antinazionalista, Nino Raspudić e Veselin Gatalo, fu eretta una statua di Bruce Lee, opera dell’artista zagabrese Ivan Folić. L’inaugurazione della statua fu presentata dai fautori dell’iniziativa, e percepita dall’opinione pubblica, come un tentativo di spingere Mostar a lasciarsi alle spalle il traumatico passato bellico, a concentrarsi sui simboli che uniscono la città, anziché su quelli che la dividono, e a costruire una nuova identità urbana partendo dall’immagine di un eroe dell’infanzia, un uomo giusto che arriva per risolvere tutti i problemi e redimere il mondo.
Per quanto all’epoca questa spiegazione potesse sembrare ingenua, e per quanto l’idea stessa suscitasse stupore, sta di fatto che l’inaugurazione della statua di Bruce Lee segnò il culmine di un periodo post-bellico caratterizzato da una ventata di ottimismo, in cui sembrava ancora possibile lasciarsi alle spalle la guerra e la sua eredità e iniziare a costruire un nuovo mondo fiabesco e un futuro migliore.
Alla fine però, questa fiducia si è rivelata per l’appunto ingenua, non tanto per il monumento di per sé – che, in fin dei conti, nonostante tutte le devastazioni e ricostruzioni, rimozioni e nuove inaugurazioni, è diventato un tutt’uno con il parco e con la città – quanto per le fondamenta, sostanzialmente sbagliate, su cui poggiava. Fondamenta impregnate della convinzione che un trauma possa essere superato nascondendolo sotto il tappeto e che il passato possa essere cancellato senza parlarne, figuriamoci provare ad affrontarlo.
Se da un lato è logico che all’epoca questa fiducia sembrasse sensata non solo ai giovani, ma a tutti i mostarini desiderosi di vivere in pace in una città normale, dall’altro però l’idea sin dall’inizio conteneva il tarlo dell’autoillusione – tutti facevano finta di non ricordare l’esperienza del periodo socialista in cui il silenzio su un passato traumatico e sui simboli divisivi era stato assurto a norma, per poi ritornare come un boomerang, esplodendo nella distruzione bellica e nei crimini degli anni ’90, di cui stiamo ancora pagando le conseguenze.
In altre parole, il fatto che la statua di Bruce Lee per anni sia rimasta nel parco, convivendo con la città, non significa che siano rimasti vivi anche il suo significato e l’idea che l’ha ispirata. Del resto, i due fautori dell’iniziativa da tempo ormai l’hanno tradita: alle ultime elezioni comunali a Mostar Veselin Gatalo si è presentato come candidato nella lista dell’SNSD di Dodik, mentre Nino Raspudić è diventato la principale star dei salotti intellettuali croati di destra e attualmente è deputato del parlamento di Zagabria eletto tra le fila del movimento clericale e nazionalista Most.
Come se non bastasse, proprio in questi giorni, nelle immediate vicinanze del parco, si assiste ad una guerra simbolica tutt’altro che banale, legata alla fine dei lavori di costruzione del Teatro nazionale croato e all’ostinato sforzo della Comunità islamica di costruire (e dirigere) un centro interculturale proprio accanto al nuovo teatro. Questa vicenda ricorda irresistibilmente il caso del monumento ai soldati dell’HVO [esercito croato-bosniaco] davanti alla sede del municipio, accanto al quale fu eretto – per poi essere subito minato - un monumento in memoria dell’Armija BiH, che ancora oggi, così semidistrutto, si erge di fronte al municipio, affiancato dal monumento intatto dell’HVO.
Quindi, nonostante la vita reale e le relazioni interetniche a Mostar sembrino migliori di quanto un fruitore medio dei mezzi di informazione della regione ex jugoslava possa essere portato a concludere, l’idea di una Mostar diversa è stata abbandonata ormai da tempo. Hanno smesso di crederci non solo gli ideatori del monumento a Bruce Lee, ma anche gli stessi mostarini che, dalla fine della guerra, non sono mai stati così distanti tra loro dal punto di vista politico come lo sono oggi. Uno dei principali motivi alla base di questa distanza è il persistente silenzio, se non addirittura l’esaltazione degli anni ’90, come dimostra la recente promozione di un libro di Valentin Ćorić, condannato per crimini di guerra all’Aja.
In parole povere, la scomparsa della statua è la morte simbolica dell’idea che un supereroe dell’infanzia possa arrivare a risolvere i problemi. Se fosse così facile, ci riuscirebbe chiunque.
[Il 9 marzo, la statua è stata poi ritrovata, seriamente danneggiata, ed è stato arrestato un sospettato del furto, ndr].
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