In Bosnia Erzegovina, nazionalismo ed estremismo religioso continuano a confondersi e a prosperare. Alcuni intellettuali musulmani di Sarajevo proclamano «un rinnovamento della civiltà islamico-ottomana», mentre i matrimoni interconfessionali diventano sempre più rari. Concludiamo con questo commento del sarajevese Oslobodjenje la analisi sui recenti fatti relativi all'antisemitismo
Di Zija Dizdarevic, Oslobodjenje, 18.01.2005
Traduzione dal francese (Ursula Burger Oesch, Le Courrier des Balkans) per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Il Comitato Helsinki per i Diritti Umani della Bosnia ed Erzegovina ha sporto una denuncia contro Fatmir Alispahic per diffusione di odio razzista, nazionalista e religioso nel suo articolo pubblicato sulla rivista Saff 1.
Il consiglio di amministrazione del Congresso degli Intellettuali Bosniaci ha similmente condannato la riabilitazione del genocidio contro gli Ebrei contenuta nel testo di Alispahic. Poco prima, il Consiglio aveva levato la sua voce contro la riaffermazione del fascismo nella regione, attirando l'attenzione sul pericolo rappresentato dal mettere sullo stesso piano i movimenti partigiani e cetnici, come anche dal recente gesto di matrice neo-ustascia di demolizione della statua di Tito a Kumrovec, in Croazia. Eppure, mentre in Croazia la propaganda delle ideologie nazifasciste e dei loro simboli è vietata, in Serbia e Montenegro i partigiani e i cetnici sono ormai messi legalmente sullo stesso piano.
Radicalizzazione nazionalista e religiosa
La base ideologica per la radicalizzazione nazionalista e religiosa presso i Bosniaci, testimoniata da molti esempi recenti, ha diverse dimensioni. L'aggressione, nel corso della quale sono stati distrutti lo Stato bosniaco e la sua società in quanto cornice storica ed esistenziale dei Bosniaci, il genocidio che essi hanno subito - omicidi di massa, espulsioni, come anche la negazione delle loro tradizioni culturali e storiche - così come la sopravvivenza delle ideologie cetniche ed ustascia nelle regioni circostanti, hanno avuto una influenza particolare. L'estremismo etnico presso i Bosniaci è prima di tutto di origine religiosa. Il nazionalismo bosniaco trova i suoi fondamenti nella tesi di una continuità tra l'eresia bogomila del Medio Evo ed il periodo ottomano, che ispira la definizione stessa dell'identità della Bosnia-Erzegovina. In questo modo, si vuole beninteso dire che i Bosniaci hanno un diritto primordiale in Bosnia, ed allo stesso tempo negare questo diritto ai Serbi ed ai Croati di Bosnia, poiché essi si sono, ahimè, rivolti verso Belgrado e Zagabria. I più accaniti difensori di questa tesi in questi ultimi mesi sono stati il rais 'ul'ulema Mustafa efendi Ceric, il mufti di Mostar H.Seid efendi Smajkic e, in quanto rappresentante dell'associazione «Preporod», il professor Munib Maglajlic.
«Rinascita della civiltà ottomana» ?
Negli ultimi giorni, ad essi si è aggiunto Dzemaludin Latic, raggiante nell'apprendere che «la cultura ottomana sta rinascendo in tutto il suo splendore e il suo vigore, come un sole spunta da una giornata nuvolosa, sul continente europeo», e questo nel quadro «della rivoluzione culturale bosniaca» di Latic. Nel suo slancio rivoluzionario Latic si domanda: «Quando si avrà uno Stato potente e ordinato, un nostro proprio sistema musulmano di media, la nostra patria bosgnacca, quando cesseremo di tremare davanti agli stivali e ai tank stranieri» ? In quella stessa occasione, Latic ha proclamato Sarajevo capitale religiosa e culturale di tutti i musulmani dei Balcani e d'Europa. Esistono due motivi principali per spiegare l'euforia di Latic. In primo luogo, gli sforzi per stabilire a Sarajevo una Università Islamica internazionale, come punto focale della «rivoluzione culturale bosniaca» nonché della «rivitalizzazione della civiltà islamica ed ottomana». E inoltre, l'idea che dopo l'adesione della Turchia e dei Balcani all'Unione Europea, un abitante su tre di questa Unione sarà musulmano.
La difesa di una civiltà islamico-ottomana non può che essere percepita dai Serbi e dai Croati come un violento messaggio nazionalista e un tentativo di fare proselitismo. Col ritorno di Latic sulla scena pubblica, assistiamo a una nuova dimostrazione di un panislamismo la cui guida ideologica è il fu Alija Izetbegovic, di santa memoria. Ugualmente, il periodo del dopoguerra ha fatto sorgere tra i Bosniaci un wahhabismo agressivo, in particolare tra i giovani. In più, l'11 settembre e la risposta imperialista degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, travestita da lotta contro il terrorismo, come anche le guerre in Afghanistan, in Iraq, in Cecenia e la tragedia palestinese, sono strumentalizzate per stimolare il radicalismo tra i Musulmani bosniaci.
La Televisione Alfa è stata recentemente sanzionata per aver pubblicato la dichiarazione di un hafiz 2 che predicava il militarismo panislamico combinato con l'antisemitismo. La rivista Dani ha pubblicato un articolo sulla vendita al pubblico, a Sarajevo, di cassette che celebrano l'assassinio di rappresentanti di altre religioni, con un corso pratico in supplemento. Il nazionalismo bosgnacco ha dunque delle fonti locali ed estere. Le moschee sono oggi laboratori politici di una produzione ideologica locale ed estera. Resid Hafizovic, professore alla Facoltà di Scienze Islamiche, dichiara per Dani: «A dir la verità, basta andare alla preghiera nella moschea di Re Fahd per uscirne totalmente terrorizzati». È vero, il nazionalismo in queste regioni non è più una ideologia, è uno stato d'animo. Per esempio, una ragazza, nata a Sarajevo, con un diploma d'università, che lavora in una prestigiosa organizzazione internazionale, portata per le arti, affascinante, espansiva, viene considerata attraente dai giovanotti bosniaci, fino al momento in cui essi apprendono che il suo nome e cognome non sono «dei nostri». Poco importa che sua madre sia bosniaca. E la ragazza potrà domandare, amara, alla madre bosgnacca: «Come hai potuto vivere con quest'uomo?» L'uomo in questione, suo padre, Serbo, è morto combattendo nell'esercito della Bosnia-Erzegovina.
1 Questo termine indica la parte più esterna della moschea, dove è bon ton farsi vedere all'ora della preghiera.
2 Persona che conosce il Corano a memoria.
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