Un tempo uno dei simboli più famosi della città, ora ridotto in rovina, l'Holiday Inn è stato dichiarato in bancarotta dallo scorso giugno, ma continua a svolgere la propria attività. In modo totalmente illegale
Mentre il sole tramonta oltre Ilidža, la lobby deserta dell'Holiday Inn rimane a luci spente. Nella penombra, i tavolini ricoperti di un sottile strato di polvere, i due camerieri presenti raccontano come è cambiata la loro vita nel corso degli ultimi mesi. "Se non altro - cercano di minimizzare - la situazione ora è leggermente migliorata. Il lavoro procede quasi regolarmente. L'amministrazione ha cominciato a pagarci lo stesso salario che percepivamo prima, circa ottocento marchi" [quattrocento euro, nda]. "Certo, non si può dire che sia tutto trasparente - si affrettano ad aggiungere - e ci dispiace per chi è stato costretto ad andarsene".
Fino all'anno scorso, qui lavoravano più di cento persone. Il loro numero, ora, si è ridotto della metà. La decisione è stata presa, secondo i resoconti dei dipendenti, da Alen Čengić, il proprietario del famoso ristorante sarajevese Park Prinčeva che da qualche mese ha de facto assunto la proprietà dell'albergo, famoso per essere stato la sede della stampa internazionale nel corso della guerra degli anni novanta. I due uomini di mezza età, con i quali sto parlando, hanno continuato a svolgere il proprio lavoro anche sotto le bombe. Sono stati lì dal primo giorno di attività dell'hotel: "Questo posto è tutta la nostra vita, confidano. Fa male vederlo ridotto così."
Una privatizzazione sospetta
Un'opinione condivisa dal giudice del tribunale di Sarajevo, Hakija Zajmović, secondo il quale "l'attuale situazione dell'Holiday Inn costituisce un grave danno per la reputazione dello stesso hotel". Zajmović non si riferisce tanto all'incuria in cui attualmente versano gli spazi dell'Holiday Inn, quanto piuttosto alla storia di come esso sia stato rovinato attraverso un processo di privatizzazione criminale.
La storia degli ultimi vent'anni dell'albergo, nonostante le autorità bosniache abbiano a lungo cercato di presentarla come una tra le privatizzazioni più riuscite nella storia del paese, è infatti soprattutto la storia di un lunghissimo requiem . La struttura, costruita negli anni ottanta per ospitare l'élite jugoslava durante le Olimpiadi invernali del 1984, dopo l'indipendenza viene offerta al capitale straniero. La compra, nel 2003, un cittadino austriaco: Jakob Keuss, proprietario dell'impresa Alpha Baumanagement. Ci riesce attraverso un vero e proprio virtuosismo di finanza creativa : per entrare in possesso dell'immobile, Keuss infatti deve pagare 22 milioni di euro, entro un limite di 105 giorni. Per trovare i soldi, si rivolge alla banca austriaca Hypo Alpe Adria, dove ottiene un finanziamento di 30 milioni di euro, offrendo in garanzia un'ipoteca - sull'Holiday Inn stesso. Keuss conclude il contratto di finanziamento con Hypo il 18 marzo 2004, l'agenzia per le privatizzazioni riceve il suo pagamento per l'Holiday Inn il 25 marzo.
Nei fatti, Keuss riesce ad acquistare l'Holiday Inn grazie a un'ipoteca su un immobile che, formalmente, egli ancora non possiede. Un miracolo contabile compiuto grazie al nulla osta dell'allora presidente dell'Agenzia di privatizzazione del Kanton Sarajevo, Rifet Đogić. Nel contratto di vendita, tra le altre cose, Keuss si impegna a investire 500.000 euro per modernizzare la struttura, cosa che non farà mai. Al contrario, scompare quasi subito. E il management dell'hotel comincia ad accumulare debiti su debiti.
Nel febbraio dello scorso anno, mentre tutto il paese era scosso da un'imponente ondata di proteste, i dipendenti incrociarono spontaneamente le braccia per rivendicare i propri diritti: non ricevevano il proprio salario da cinque mesi, e da tre anni e mezzo l'amministrazione non versava più i loro contributi, inclusi quelli pensionistici e per ottenere diritto al servizio sanitario pubblico. In aprile, il governo della Federacija aveva risolto d'inserire l'Holiday Inn nella lista delle "privatizzazioni dubbie ", che avrebbero dovuto essere riviste. "Da allora, non ne abbiamo più saputo nulla", sostengono i lavoratori.
Il fallimento, le minacce e i buoni affari del sig. Alen Čengić
Sempre in aprile, comincia un'indagine preliminare per cercare di capire se esistono le condizioni di base per aprire la procedura fallimentare nei confronti dell'Holiday Inn. In giugno l'hotel viene dichiarato in bancarotta, viene nominato un curatore fallimentare - Nedim Memić - con il compito di liquidare i debiti dell'amministrazione. I lavoratori sono soddisfatti perché, quantomeno, l'amministrazione fallimentare riprende a pagare i loro stipendi regolarmente. Scopo ultimo è quello di trovare un compratore per la struttura.
Tutto risolto? Per niente, anzi, proprio a partire da questo momento la storia si fa grottesca. "Il 3 giugno 2014 – spiega il giudice Hakija Zajmović, del Tribunale di Sarajevo (formalmente responsabile del caso) - il procuratore fallimentare Memić denuncia di essere stato aggredito da due persone mascherate, che lo picchiano davanti a casa sua", a Sarajevo. Lo stesso Memić aveva denunciato che nei giorni precedenti "si era presentato all'Holiday Inn il sig. Alen Čengić, sostenendo di avere concluso un accordo con Keuss, e chiedendo che gli venisse riconosciuto il possesso dell'Holiday Inn".
L'accordo "è assolutamente irregolare", si premura di precisare Zajmović ma, nonostante questo, Čengić assume de facto il controllo della struttura, senza che nessuno vi si opponga.
Memić, a seguito delle percosse subite, si dimette dall'incarico. Dopo l'accaduto, si rifiuterà di rilasciare dichiarazioni, temendo nuove aggressioni. Il Tribunale nomina al posto suo Nijaz Dervišić. "Il 22 luglio 2014 - continua Zajmović – Dervišić si è recato in Tribunale per denunciare di avere trovato l'ufficio del direttore occupato da Alen Čengić, che si è presentato come 'il nuovo inquilino' della struttura. Alla domanda di Dervišić, che gli ha chiesto 'cosa significasse questo concretamente', Čengić ha risposto che è lui a detenere il controllo dell'hotel".
Il (secondo) curatore fallimentare, stando ai documenti del Tribunale, lamenta di non poter svolgere le sue funzioni, in quanto non riesce a entrare in possesso della struttura che dovrebbe liquidare. Anche Dervišić rinuncia così al proprio incarico, e il Tribunale nomina un nuovo curatore (il terzo in pochi mesi), Muhamed Mahmutović.
"A oggi - sottolinea il giudice - Mahmutović non si è mai presentato all'Holiday Inn". Raggiunto al telefono, egli ha rifiutato di rilasciare qualsiasi dichiarazione, sostenendo che "la situazione in questo momento è estremamente complicata” e che “essendo una persona seria, mi rifiuto di rilasciare dei commenti che potrebbero pregiudicare il mio lavoro".
Che la situazione sia complicata (e assolutamente priva di ogni base legale, come sottolineato a Osservatorio dal Tribunale di Sarajevo) è, in effetti, fuor di dubbio. Čengić gestisce ormai da mesi l'hotel senza averne alcuna autorizzazione. Ne ha, anzi, cambiato il nome (da 'Holiday Inn' in 'Hotel Holiday'), mandando a casa una metà dei vecchi dipendenti.
Un altro dipendente dell'Holiday Inn, Mehmed Obradović, che è in contatto diretto con l'amministratore ed è membro del comitato dei creditori dell'Hotel, è stato minacciato assieme alla sua famiglia, questa volta da uomini armati, nel dicembre scorso. Secondo il tribunale di Sarajevo, la situazione dovrebbe comunque risolversi "entro il mese di marzo", anche se non ci sono state date informazioni più concrete.
L'assenza della comunità internazionale
Nel frattempo, all'hotel si lavora. E le cose, a quanto pare, non vanno nemmeno troppo male. Čengić ha organizzato un'inaugurazione ufficiale del nuovo Holiday Inn/Hotel Holiday, il 19 settembre scorso. Negli ultimi mesi al suo interno si è svolta una discreta quantità di eventi, tra i quali spicca anche una conferenza regionale sulle alluvioni , organizzata con il contributo di OSCE e UNDP a inizio novembre.
Sembra, quindi, che neppure la comunità internazionale si curi particolarmente di quello che avviene all'interno dell'Holiday Inn, e della provata illiceità dell'amministrazione attuale. Del resto, nessuna agenzia è mai stata chiamata a supervisionare le privatizzazioni in Bosnia Erzegovina, che quindi sono sempre rimaste una questione esclusivamente interna.
Transparency International Bosnia Erzegovina, ad esempio, interrogata sull'argomento ha ammesso "di non essersene mai occupata" e, sollecitata a indagare sulla storia, sostiene di "stare raccogliendo materiale sufficiente per chiarire i dettagli della situazione".
L'OSCE, a tale proposito, nonostante tra le proprie aree di intervento conti anche la rule of law sottolinea che "il tema delle privatizzazioni non rientra nel mandato della nostra organizzazione", come confermato dalla portavoce Željka Šulc.
Stessa risposta, con toni leggermente diversi, anche dall'Unione Europea, che invita "a consultare in proposito le autorità locali". Autorità locali che però, a quanto sembra, da sole non sono tuttora in grado di garantire il rispetto della legge.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!