L'ex generale dell'esercito serbo bosniaco Radislav Krstić, che sta scontando 35 anni di carcere per il suo ruolo nel genocidio di Srebrenica, ammette le sue responsabilità in una lettera a supporto della richiesta di scarcerazione anticipata. Reazioni divise in Bosnia Erzegovina e Serbia
Pochi giorni fa, è stata fatta circolare la lettera autografa di Radislav Krstić, ex generale dell’esercito serbo bosniaco, in cui ammette di esser stato uno degli autori del genocidio di Srebrenica e di pensare alle vittime e alle loro famiglie ogni giorno. La lettera viene presentata a supporto di una richiesta di scarcerazione anticipata.
Krstić venne arrestato nel lontano 1998 e fu il primo imputato ad esser condannato in via definitiva per il favoreggiamento del genocidio di Srebrenica . Oltre a ciò, Krstić fu condannato per persecuzione e sterminio (come crimini contro l’umanità e per omicidio come crimine di guerra).
Al momento Krstić, che ora ha 76 anni, sta scontando 35 anni di carcere.
La lettera reca la data del 18 giugno 2024 ed è stata scritta pochi giorni dopo l’adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di una risoluzione che istituisce l’undici luglio come giornata di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica.
L’adozione della risoluzione era stata energicamente avversata dal governo serbo e dal governo della Republika Srpska, che avevano condotto una massiccia campagna contro, forzando l’interpretazione che se tale risoluzione fosse stata adottata, l’intero popolo serbo sarebbe stato accusato di essere colpevole di genocidio. A quel tempo, la diplomazia serba si era alacremente attivata per convincere altri paesi ad astenersi o a votare contro.
La lettera è divenuta di pubblico dominio pochi giorni fa, quando Krstić si è rivolto alla presidente del Meccanismo Residuale per i Tribunali Internazionali, Graciela Gatti Santana per richiedere un rilascio anticipato prima di aver scontato completamente la sua pena.
Krstić, in aggiunta alle lettera, menziona la sua età avanzata e le sue precarie condizioni di salute, tra le motivazioni per il suo rilascio anticipato. Già in passato Krstić aveva presentato tali domande, che però non erano state accolte.
La lettera
La lettera, il cui originale tradisce una calligrafia tremolante, si richiama alla risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU e dice che, sebbene non ne abbia diritto, Krstić stesso avrebbe votato per la risoluzione.
“Non ho il diritto di votarla perché il mio nome è menzionato nella Risoluzione. Il mio nome è menzionato perché ho favorito il genocidio, il mio nome è menzionato perché ho commesso un crimine inimmaginabile e imperdonabile. Non chiedo perdono, non sto cercando giustificazioni, non sto cercando comprensione perché so che non posso riceverla.”
La lettera di Krstić ricorda le vittime: “Penso alle vittime del genocidio ogni momento di ogni giorno, le compiango e prego per le loro anime. So che le madri e le sorelle non crederanno che queste parole siano veritiere; e so anche che le mie parole non possono alleviare il dolore o la sofferenza […] Non mi aspetto nulla di tutto ciò, né ho il diritto di chiederlo”.
Ma il messaggio di Krstić sembra esser anche diretto alla leadership serba in Belgrado e Banja Luka: “Vorrei che tutti capissero che il genocidio non può essere commesso da un popolo, che non vi sono popoli che commettono genocidi, ma che il genocidio a Srebenica è stato commesso da individui e che questi sono gli unici da incolpare e [….] che sfortunatamente io sono uno di loro.”
Krstić si auspica che le generazioni future possano leggere e capire le sue parole affinché ciò che è avvenuto a Srebrenica non si ripeta mai più.
Krstić si rimette alla volontà della Presidente del Meccanismo Residuale e che accetterà qualsiasi decisione la presidente voglia prendere. Ad ogni modo, Krstić chiede che tale lettera sia resa pubblica. Infine, scrive Krstić, se scarcerato e se le vittime lo consentiranno, vorrebbe recarsi al Centro Memoriale di Potočari per inchinarsi alle vittime e chiedere perdono.
Le reazioni
Le reazioni alla lettera riflettono sia lo scetticismo sulle motivazioni di Krstić che la speranza che la lettera sia il frutto di un sentimento genuino.
L’Associazione delle Madri di Srebrenica e Žepa , chiede a Krstić di svelare la posizione delle rimanenti fosse comuni e di quelle in cui i cadaveri furono successivamente rilocati, oltre a fornire i nomi di coloro che avevano partecipato alle esecuzioni. Krstić dovrebbe inoltre mandare la sua lettera sia al presidente serbo Vučić che a quello della Republika Srpska Dodik. Ad ogni modo, ribadiscono le Madri di Srebrenica, la sua richiesta di visitare il Memorial Center di Potočari è inaccettabile.
Le altre associazioni delle vittime, come l’Associazione delle Donne di Srebrenica, hanno delle posizioni simili. Il Memorial Center di Srebrenica ha accolto con soddisfazione l’ammissione di responsabilità , ma allo stesso tempo si è auspicato che Krstić riveli tutto quello che sa e collabori con il procuratore per i crimini di guerra della Bosnia Erzegovina.
A Belgrado invece non c’è stata alcuna reazione ufficiale. I media vicini o controllati dal governo serbo semplicemente non hanno riportato la notizia, mantenendo un rigoroso silenzio, in passato però avevano ampiamente coperto l’aggressione da parte di altri detenuti di cui Krstić stesso era stato vittima in un carcere inglese.
I (pochi) media non allineati con le posizioni governative, hanno riportato la notizia e il testo integrale della lettera.
Il silenzio dei media ufficiali è facilmente spiegabile con il fatto che la lettera di Krstić contraddice la posizione del governo serbo e gli sforzi di relativizzare i crimini commessi nella ex Jugoslavia, sulla base del fatto che tutte le parti hanno commesso crimini di guerra, quindi tutti sono colpevoli in egual misura.
Per il governo di Belgrado, quello di Srebrenica è un “crimine terribile”, ma non un genocidio, termine che viene invece usato in riferimento agli stermini di serbi, rom ed ebrei nel campo di concentramento di Jasenovac durante la Seconda guerra mondiale.
La società civile e coloro che più da vicino hanno seguito la questione dei crimini di guerra, sono state incoraggiate dalla lettera di Krstić.
Per il Fondo per il Diritto Umanitario , come dice Jovana Kolarić la lettera riconosce “concretamente tutto quello che è avvenuto e che tutti ignorano intenzionalmente”.
L’attivista Nataša Kandić invece si aspettava che la lettera creasse una reazione da parte delle autorità, del pubblico e delle élite intellettuali, ma tale reazione non c’è stata: “È stata una grossa opportunità persa […] Questa lettera ha incontrato il silenzio e il disprezzo e quello che delude di più, è il fatto che, a quanto pare, anche l’opposizione è d’accordo sul mantenere il silenzio”.
Per la direttrice della Youth Initiative for Human Rights, Sofija Todorović , “riconoscere tali colpe è molto importante per il processo di confronto con il passato e per superare i traumi legati alla guerra, soprattutto per quanto riguarda le vittime”, ma purtroppo le dichiarazioni di Krstić non hanno raggiunto i cittadini.
I precedenti
Lo scetticismo espresso da molti, incluse le associazioni delle vittime appare esser ben giustificato: in passato sia Biljana Plavšić, la vice di Karadzić, allora presidente della Republika Srpska, consegnatasi spontaneamente al tribunale dell’Aja nel 2001, si era dichiarata colpevole e pentita nel corso del procedimento e alcune accuse, incluse quelle di genocidio, erano state ritirate.
Grazie a tale pentimento, la Plavšić fu condannata a 11 anni di carcere, una pena relativamente lieve. Qualche anno dopo, nel 2005, mentre era in carcere in Svezia aveva ammesso di aver mentito nella sua dichiarazione di colpevolezza semplicemente per ottenere uno sconto di pena. L’amarezza di molte delle vittime venne senz’altro rafforzata dal voltafaccia della Plavšić.
Ciò nonostante, di pentimenti e assunzioni di responsabilità ve ne sono stati veramente pochi tra i condannati dell’Aja come fanno notare gli esperti in materia: il fatto che Krstić stesso confermi di aver commesso il genocidio è uno smacco per tutti coloro che negano il genocidio a Srebrenica.
Di certo, l’immagine di Krstić che si reca a Potočari e si inchina di fronte alle vittime manderebbe un segnale estremamente forte nella regione, e potrebbe rinvigorire quel discorso di rielaborazione e discussione del passato che è stato sempre osteggiato da coloro che vogliono mantenere accesi gli odi del conflitto e che oggi viene portato avanti da pochi rappresentanti della società civile.
Spetterà ora alla presidente del Meccanismo Residuale per i Tribunali Internazionali vagliare e decidere sulla richiesta di Krstić.
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