BHRT, la Televisione nazionale bosniaca, potrebbe temporaneamente sospendere le proprie trasmissioni a partire dal 30 giugno, a causa delle difficoltà finanziarie e di un servizio pubblico che non è mai riuscito a funzionare correttamente
Le autorità bosniache hanno pochissimo tempo se vogliono salvare BHRT, l'unica rete televisiva nazionale, dallo spegnimento. Manca meno di una settimana: dopo il 30 giugno, infatti, l'emittente smetterà di trasmettere - questa, per lo meno, è la minaccia del Consiglio di amministrazione della rete, quale è stata resa pubblica lo scorso 31 maggio. Se non si troverà un modo per risolvere la mancanza di risorse di BHRT e per dotarla di un sistema di finanziamento stabile, il primo canale della Bosnia Erzegovina sarà oscurato, lasciando così il paese senza una propria televisione nazionale pubblica funzionante.
Si tratta di una misura drastica, annunciata dal direttore Belmin Karamehmedović come extrema ratio, dopo che per mesi il governo non è stato capace di trovare una soluzione al cronico malessere finanziario di BHRT.
Da anni, infatti, la rete deve scontrarsi con gravi difficoltà economiche, frutto da una parte dello scarso interesse dei cittadini bosniaci per il finanziamento della rete e al pagamento del canone; dall'altra di una legge sul sistema pubblico radiotelevisivo che non è mai stata davvero implementata.
Il dissesto finanziario
Attualmente, la principale fonte di finanziamento di BHRT deriva dal canone, all'incirca di quattro euro all'anno, che ogni bosniaco - in teoria - sarebbe tenuto a pagare attraverso la propria bolletta telefonica.
Il problema è che, nel corso degli anni, gli introiti che BHRT ha ottenuto attraverso il canone sono progressivamente calati. Un po' perché sempre meno persone dispongono di un telefono fisso, ma soprattutto perché sempre più cittadini bosniaci si rifiutano di pagare questa tassa: solo il 50% di loro lo fa, secondo Radio Slobodna Evropa.
L'evasione della tassa sulla radio-televisione, nel tempo, è diventato un problema serio per il servizio pubblico, che consta - oltre che di BHRT al livello nazionale - anche di una televisione per la Republika Srpska (RTRS) e per la Federazione di Bosnia Erzegovina (FTV). Nel loro rifiuto, i cittadini della Bosnia Erzegovina sono supportati anche dai partiti politici, soprattutto dalla HDZBiH croata, che sostiene il diritto dei croati bosniaci a evadere il canone fino a quando non disporranno di un canale in lingua croata; e dall'opposizione in Republika Srpska, che ha ripetuto più volte l'appello al boicottaggio di RTRS, vista - non senza ragione - come il megafono del governo di Milorad Dodik.
Introiti pubblicitari
Ogni anno, l'evasione del canone aumenta di circa due milioni di euro a danno di BHRT. A essa, poi, si deve aggiungere anche un altro problema, dovuto alla mancata implementazione delle disposizioni della legge sulla tv pubblica in Bosnia Erzegovina.
La legge, che data dal 2005, prevedeva che le tre emittenti pubbliche facessero capo a un'unica società, che avrebbe dovuto raccogliere le entrate derivante da introiti pubblicitari e tasse per poi suddividerle tra i tre canali nella proporzione di 50% per BHRT e di 25% a testa per RTRS e FTV.
La società, tuttavia, non ha mai visto luce, per l'ostruzione dei politici bosniaci, e RTRS e FTV - che incassano la maggior parte degli introiti pubblicitari e del canone - non hanno di fatto mai versato a BHRT la quota che le spetta.
Il risultato ammonta oggi a svariati milioni di euro di debiti. "Il debito totale che RTRS e FTV hanno maturato nei confronti della nostra rete è di 12,77 milioni di euro", lamentava il CdA di BHRT nel comunicato in cui annunciava la decisione di sospendere le trasmissioni, il 31 maggio scorso. "Se una soluzione per garantire il finanziamento della nostra rete e per i debiti di RTRS e di FTV non sarà trovata entro il 30 giugno, le trasmissioni saranno temporaneamente interrotte", ha dichiarato ai media bosniaci Esad Gotovuša, un membro del Cda di BHRT.
Le richieste
Quello che chiedono a BHRT è di introdurre il pagamento del canone nelle bollette elettriche - come è stato fatto recentemente in Italia. Per il momento, però, la legge sul servizio pubblico in corso d'approvazione al parlamento prevede delle misure più blande: l'estensione dell'obbligo del pagamento del canone attraverso il costo della tv a pagamento e la creazione di fondi pubblici a livello delle due entità che dovrebbero servire a sostenere le tre televisioni pubbliche bosniache.
"Siamo molto grati ai parlamentari che hanno fatto uno sforzo per approvare questa legge", ha dichiarato Karamehmedović, definendo la riforma "una luce in fondo al tunnel". La bozza è stata approvata dalla Camera dei Rappresentanti la scorsa settimana e dovrebbe essere sottoposta a breve anche al voto della Camera dei Popoli.
Per quanto la minaccia di sospendere i programmi rimanga in vigore, Karamehmedović in una recente intervista rilasciata a Klix è sembrato voler smorzare i toni. Se la sospensione verrà confermata, essa potrebbe avvenire soltanto dopo la fine degli europei di calcio, di cui BHRT è riuscita ad assicurarsi i diritti soltanto all'ultimo momento. "Faremo di tutto per assicurare la trasmissione degli Europei e dei telegiornali fino alla fine della competizione, e non bisogna dimenticare che il giorno dopo la finale c'è la commemorazione del genocidio di Srebrenica", ha dichiarato Karamehmedović.
A essere contro la decisione del CdA, inoltre, ci sono gli stessi dipendenti di BHRT. I quali, attraverso il proprio sindacato, hanno definito illegale la decisione di sospendere le trasmissioni: "Nessuno ha il diritto di interrompere la programmazione, all'infuori del sindacato che lo può decidere solamente nel rispetto della legge sul lavoro", si legge nel comunicato approvato dal sindacato dopo l'annuncio del CdA, il quale domanda altresì le dimissioni di quest'ultimo, "per avere preso delle decisioni che sono contrarie alla legge."
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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