Viaggiare i Balcani ci porta in viaggio alla scoperta di un piccolo gioiello naturalistico della Bosnia Erzegovina. Martin Brod, villaggio di confine, ricco di storia e storie, cascate e torrenti. Da tre anni è Parco Nazionale, ma non basta per risollevare le sorti di una comunità isolata
Tratto da: Viaggiare i Balcani
Sono due le strade che portano a Martin Brod: una da Drvar, lunga 34 chilometri e una da Bihać, della lunghezza di 40 chilometri. Una di queste strade fu usata dai primi coloni serbi che nel XV secolo popolarono la regione in fuga dagli Ottomani, i quali comunque qualche anno più tardi conquistarono la Bosnia medioevale e fecero di Martin Brod una delle loro postazioni di confine costruendo una torre di guardia i cui resti sono ancora oggi rintracciabili nel centro del villaggio.
Due morti diedero il nome a questo villaggio. Il primo a morire tragicamente a Martin Brod fu il giovane principe Herman, figlio della principessa Katarina Branković e nipote del despota Djuradj Branković. Sua madre decise di fondare – in memoria della sua morte – un monastero che portò il nome di Herman, oggi il monastero Rmanj, e tutta la zona circostante prese il nome di Herman-grad, città di Herman.
Qualche secolo più tardi, così raccontano le leggende locali, una ragazza giovane di nome Marta si innamorò di un soldato e attraversando il fiume Una (che passa per Martin Brod) per andare ad incontrarlo vi annegò. A quel tempo il fiume non era attraversato da ponti, e la gente passava da una riva all'altra guadandolo nei punti in cui il corso d'acqua aveva creato dei bacini che la gente locale chiama Brod. Da quel momento il villaggio venne chiamato Martin Brod, ovvero il Brod di Marta. A Martin Brod il fiume Una si unisce con il suo affluente Unac. Il luogo dell'unione della Una con l’Unac, dicono i locali, è un posto d'amore. Qui vengono le coppie che vogliono avere bambini.
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Chi vive a Martin Brod presto si abitua al rumore delle numerose cascate e quasi non lo nota più. Però appena se ne va il silenzio diventa insopportabile e non riesce più ad addormentarsi senza la ninnananna del fiume. Quasi tutte le case a Martin Brod hanno un torrente che passa dietro l’abitazione o in mezzo al cortile. In passato i suoi cittadini non si lasciavano scappare tutta quest'acqua senza utilizzarla.
Numerosi erano ad esempio i mulini, per macinare il grano portato dagli abitanti dei villaggi nei dintorni. Il fiume e i torrenti prestavano la loro forza anche a fabbri e ... alle casalinghe. Queste ultime infatti raramente lavavano a mano: quando ancora in nessuna parte della Bosnia e dell'Europa esistevano le lavatrici a Martin Brod l'ingegno della gente locale aveva portato a costruire piccole dighe sui torrenti dove i vestiti venivano lavati dalla forza dell'acqua e senza alcun detersivo. Una delle ultime di queste 'lavatrici ecologiche' si può ancora vedere proprio da Milan Reljić, che tra l'altro tiene attivo anche il suo vecchio mulino macinando grano per i propri bisogni e per la curiosità dei turisti in visita.
La vita a Martin Brod però sta diventando sempre più dura. La comunità apparteneva una volta al comune di Drvar, di maggioranza serba. Dopo l'ultima guerra è stato unito con il comune di Bihać, popolato maggiormente da bosgnacchi e croati.
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Uno sviluppo sostenibile del posto sembra non essere la priorità dei politici del Paese. Uno di loro, fino al 2010 ministro per lo sviluppo energetico della Federazione, aveva anche l'idea di costruire a Martin Brod, proprio dietro il monastero sul fiume Unac, una centrale idroelettrica. Sarebbe stata una delle 250 centrali che il ministro con il suo team aveva progettato per i fiumi della Bosnia Erzegovina, un Paese che esporta un surplus di energia elettrica ai Paesi vicini ed a un prezzo più basso di quello che per lo stesso prodotto pagano i cittadini bosniaci.
All'idea del ministro si opposero i cittadini di Martin Brod, del comune vicino di Kulen Vakuf, la chiesa ortodossa e numerose organizzazioni non governative, al primo posto tra queste ultime il Centro per lo sviluppo sostenibile di Martin Brod. Per anni però il ministero sembrava essere sordo alle proteste. Nel 2008, per fortuna, vinse l'idea di trasformare tutta la regione di Martin Brod e di una zona lungo il fiume Una in un Parco nazionale, l'unico nella Federazione.
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La proclamazione del Parco Nazionale è stata perciò accolta con entusiasmo. Però sono passati tre anni e di cambiamenti se ne vedono pochi. Solo dal maggio di quest'anno il Parco ha avuto un direttore e degli uffici. “La proclamazione del Parco nazionale per ora ha evitato che Martin Brod diventi una Vajont balcanica. Il problema è che però per i politici locali è ancora inteso esclusivamente non come sviluppo sostenibile ma come immediata opportunità di guadagni", sostiene Paola Lucchesi, la fondatrice del Centro per lo sviluppo sostenibile di Martin Brod. Come prova di quanto detto, Paola menziona il progetto della costruzione di un 'eco-villaggio' sulle rive del fiume Unac, una costruzione fermata a metà a causa della mancanza di risorse. "Invece che investire nelle strutture già esistenti si preferisce dar vita a dei progetti più grandi che a lungo termine danneggiano l'ambiente e non danno molto stimolo allo sviluppo dell'economia locale. Anzi, sembrano fare del loro meglio per eliminare la concorrenza", chiosa.
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Altro punto dolente è che Martin Brod, un paradiso proprio al confine tra Bosnia e Croazia, non ha nelle proprie vicinanze un punto ufficiale di attraversamento tra i due Paesi. I turisti che visitano i laghi di Plitvice in Croazia (a pochi chilometri da Martin Brod) se vogliono visitare questo paesino devono recarsi prima a Bihać e poi guidare per altri trentacinque chilometri, all'andata e al ritorno. E la ferrovia che una volta collegava Martin Brod con Knin, in Croazia, ancora non è aperta al traffico passeggeri.
L'ultima parola, sono convinti gli abitanti di Martin Brod, la darà però il fiume Una. É uno smeraldo che si lascia ammirare ma non conquistare e le sue acque irrequiete rovineranno quello che non gradisce.
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